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CULTURA - page 83

La cultura italiana in tutte le sue forme dalla letteratura al cinema, dalla scultura al teatro

Il Volo in Tour a Roma

Il trio Il Volo si esibito ieri sera al Palazzo dello Sport per la tappa nella capitale del loro tour “live in concert”.

Il gruppo musicale, composto da Ignazio Boschetto, Gianluca Ginoble e Piero Barone ha eseguito brani molto noti di gran successo e che hanno fatto la storia della musica nazionale ed internazionale,  come My Way, Caruso o Se telefonando solo per citarne alcuni.

Immancabile la cover della loro riproposizione Il mondo di Jimmy Fontana e i brani racchiusi nel loro ultimo disco uscito nel 2021, omaggio al grande Ennio Morricone, dal titolo Il Volo Sings Morricone.

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Alex Britti “sul Divano”


In una Sala Sinopoli completamente gremita il ‘Tour sul Divano 2022‘ di Alex Britti ha fatto tappa ieri sera a Roma, all’Auditorium Parco della Musica.

Uno spettacolo, questo del nuovo tour, da one man show, dove Britti si esibisce in un’atmosfera estremamente familiare e di contatto con un i suoi fan, comodamente seduto su un divano in pelle circondato dalle luci soffuse di lampade e bajour come fossimo nel salotto di casa nostra.

Protagonista assoluto insieme alle sue chitarre, Alex ha coinvolto con grande successo il pubblico presente che ha anche intonato molti suoi brani più celebri.

Immancabile l’esecuzione di brani quali ‘Solo una volta (o tutta la vita)’,  ‘Immaturi’ e ‘L’Isola che non c’è’ del cantautore Edoardo Bennato, quest’ultimo accompagnato con la chitarra che fu regalata dal papà all’artista all’età di 10 anni, come ci racconta proprio lui, ripercorrendo rapidamente i suoi primi passi in ambito musicale.

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Noemi in concerto a Roma – Auditorium Parco della Musica 19/12/2022

Noemi in concerto a Roma

Dopo il Live tour di questa estate, Noemi è ritornata in concerto nei teatri con 5 date con inizio ufficiale a Napoli il 5 dicembre per poi passare a Torino, Bologna, Firenze e concludere il 19 dicembre a Roma.


ll concerto di Roma presso l’Auditorim Parco della Musica è stato aperto dai Flowing Chords un gruppo corale composto da circa 35 elementi diretti dal M° Margherita Fiore. L’orchestra vocale ripropone in chiave moderna brani del cantautorato italiano e brani internazionali del Pop, Soul e R&B.


Tanto il pubblico presente nella sala Sinopoli, Noemi ha voluto ripercorrere i dieci anni della carriera proponendo i suo brani più famosi in una veste nuova rivisitati con arrangiamenti inediti.

L’artista accompagnata da sei musicisti e con lei al pianoforte, ha saputo creare sonorità suggestive e la sua voce calda e a volte graffiante dai mille colori, ha dato vita ad uno spettacolo bello ed emozionante.

Non tralascia il contatto con il suo pubblico, sceglie di iniziare il concerto non dal palco ma entrando dal fondo della sala attraversando il corridoio con il pubblico in platea al suo fianco.

Significativo e toccante un momento di riflessione dedicato alle donne:

Lo sappiamo noi donne, l’ultimo secolo abbiamo fatto tantissimi passi in avanti, per i nostri diritti per la nostra libertà, continuiamo però ancora a combattere. Perché dico continuiamo ancora a combattere, beh pensa alle donne in Iran (qui parte l’applauso ndr)! Quando sei su un palco hai il tuo pubblico, la tua musica, ma non ci si può girare dall’altra parte, fare finta di niente. Io da questo palco, nel mio piccolo do il mio contributo, senza fare politica anche perchè quando si parla di diritti stiamo parlando di argomenti fondamentali. Siamo tutti uguali, dobbiamo avere tutti gli stessi diritti, dobbiamo poter andare allo stadio liberi senza nessuno che ci accompagna (altri applausi ndr)”.

Poi dedica la canzone a tutte le donne che combattono in Iran e nel mondo e inizia il brano “La borsa di una donna”, perché… “Nella borsa di una donna c’è posto per la vita di ognuno di noi”.

Il concerto si conclude accompagnato dagli applausi del pubblico con il brano “Ti amo non lo so dire”, lei che è straordinaria e non si risparmia riceve alla fine l’abbraccio del pubblico.

SET LIST

  1.  Ti amo non lo so dire
  2.  Per tutta la vita
  3.  Bagnati dal sole
  4.  Guardare giù
  5.  L’amore si odia
  6.  Briciole
  7.  Poi inventi il modo
  8.  Ora
  9.  Idealista
  10.  Borsa di una donna
  11. In un giorno qualunque
  12. Se tu fossi qui
  13. Chiaro di luna/got you/L’amore si odia
  14. Glicine
  15. Senza lacrime/autunno/limite
  16. Sono solo parole
  17. Vuoto a perdere
  18. Makumba
  19. Hula Hoop
  20. Ti amo non lo so dire

I Diaframma live all’Orion il 7 gennaio

E finalmente eccoci qui ad annunciare dopo tanto tempo quello che sarà il prossimo evento del Black Out Rock Club.

Cominciamo con il dirvi che sarà un evento e che non ci sarà nessuna riapertura…. per ora 🙂 questo per rispondere alle tante richieste ricevute.

Un evento, un live, una serata fortemente voluta dal Black Out e dall’Orion che ospiterà noi e voi in quello che si preannuncia un evento Rock da non perdere!

Vista l’eccezionalità della serata ci sarà un super gruppo ad accogliervi i Diaframma con la presentazione loro nuovo album “ORA!”

BIO E LINK

Dopo oltre tre anni dall’uscita di “L’abisso“, i Diaframma tornano con la presentazione del nuovissimo Lp, la loro nuova fatica si chiama ORA.

Ventunesimo album discografico del gruppo musicale italiano, pubblicato il 29 aprile 2022 da Diaframma Records/SelF.

I Diaframma sono un gruppo musicale italiano formatosi a Firenze tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta.

Ancora in attività dopo numerosi cambi di formazione e un temporaneo scioglimento, l’unico componente della formazione originale rimasto è il cantante, chitarrista e autore Federico Fiumani.

ORARI
Ingresso Live ore 21:00 Euro 10.00
Ingresso Serata ore 24 Euro 5.00
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Ufficio Stampa Black Out
Biglietti in prevendita su DICE

Intervista al rapper Polemica

Abbiamo chiesto al giovanissimo rapper romano Polemica, a soli diciassette anni già vincitore nella sua categoria del Lazio Sound Festival, di parlarci un po’ di lui e della sua musica. Questo è quello che ci ha raccontato.

CL: Quali musicisti o rapper italiani e/o stranieri consideri come tuoi modelli di riferimento e perché?

P: Devo essere sincero, ascolto molta poca musica straniera, sono un fan assoluto del rap italiano. Fabri Fibra rappresenta per me la migliore espressione dell’hip-hop in Italia ed è sicuramente d’ispirazione, discorso simile vale per rappers come nayt e mezzosangue. Tra i miei modelli non mancano poi i grandi del cantautorato come Guccini, Graziani o Dalla.

CL: La tua musica è un misto di rap veloce e ritmato contemporaneo accompagnato da sonorità melodiche di stampo piuttosto classico, come in ‘Ammazzerò’ ad esempio. È una commistione di generi piuttosto suggestiva. Da cosa ti è venuta l’ispirazione?

P: Cerco sempre di lasciarmi trasportare da quello che sento, l’estetica musicale di ogni mio brano nasce a partire dal concetto che voglio esprimere, in Ammazzerò questo coincide con la scelta di affiancare a un testo fitto, pregno di concetti, una sonorità eterea che rende al meglio l’atmosfera annoiata. Non ho mai pensato di limitarmi a un solo genere, anzi, mi piace molto sperimentare, anche se il rap rimarrà sempre un punto fermo della mia musica.

CL: Il tuo pubblico è prevalentemente un pubblico di giovani. Che tipo di rapporto hai con loro e che tipo di messaggi cerchi di veicolare attraverso la tua musica?

P: La mia speranza è che la musica arrivi a tutti, a prescindere dall’età, ciò che voglio intendere è che in primis è importante il messaggio che trasmetto che è rivolto a tutti, poi sicuramente ci sarà una fascia di pubblico più propensa ad ascoltarmi, ma non voglio limitare in alcun modo il mio target. Nella mia musica rifletto il mio pensiero della società odierna, in cui troppo spesso ci si concentra sui mezzi e poco sul fine, credo ci sia bisogno di ascoltarsi, non di scegliere chi ascoltare, e voglio fare della musica il veicolo mediatico attraverso cui dire quello che penso.

CL: Hai recentemente vinto un premio importante al Lazio Sound Fest ancora giovanissimo, dove ti vedi fra 5 anni? Progetti per il futuro?

Tra 5 anni mi vedo a scrivere, non smetterò mai di farlo, è come un bisogno naturale, non mi va di fare pronostici azzardati, penso che sia giusto non aspettarsi mai niente dal futuro, anche per godersi meglio tutto ciò che verrà. A breve uscirà un nuovo singolo, questo lo posso dire con certezza e inoltre sto pensando anche a un progetto un po’ più grande…

Simply Red – Blue Eyed Soul Tour 2022 – 14/12/2022

Simply Red in concerto a Roma – 14/12/2022

I Simply Red sono arrivati a Roma, il loro Blue Eyed Soul Tour 2022 è iniziato a novembre a Parigi  . Un tour in giro per l’Europa che si concluderà nell’agosto prossimo in Spagna. La band britannica con questa nuova serie di concerti recupera in parte le date annullate nel 2021 a causa del covid che non ha risparmiato quasi tutti i componenti del gruppo.

Il concerto del 14 dicembre al Palasport dell’Eur di Roma è andato sold out grazie alla presenza di un pubblico di quarantenni ed oltre, affezionato al gruppo britannico che è stato protagonista tra la metà degli anni 80 e 90 della scena internazionale della musica pop e soul.

Mick Hucknall, il frontman del gruppo, si è presentato al pubblico di Roma sfoggiando un discreto italiano (il cantante è vissuto in Italia per un certo periodo ndr), la sua voce suadente già dal primo brano ha subito creato un’atmosfera di ascolto in dolce relax. Una partenza un po a rallentatore con il pubblico che ascoltava in religioso silenzio per poi salire di ritmo ed intensità anche di luci, poi quando inizia il brano “Come to my aid” tutti in piedi, braccia al cielo in scatenato movimento.

I Simply Red nella scaletta del concerto hanno inserito ovviamente i migliori brani che hanno decretato il loro enorme successo negli anni 80 e 90 non tralasciando però i brani di recente produzione.

Il concerto si è chiuso con due brani “mitici” come Money Too Tight (to mention) e If you dont know me by now.

Set List

  1. You’ve goti t
  2. So not over you
  3. Say you love me
  4. You make me feel brand new
  5. For your babies
  6. Holding back the years
  7. Thrill me
  8. A new flame
  9. Your mirror
  10. It’s only love doing its thing
  11. Come to my aid
  12. Ain’t that a lot of love
  13. Stars
  14. Sunrise
  15. Something got me started
  16. Fairground
  17. Better with you
  18. Money too tight (to mention)
  19. If you dont know me by now

I Little Pieces of Marmelade Live all’ORION

I Little Pieces of Marmelade, Daniele e Francesco, sono una band di 24 e 25 anni di Filottrano.
Suonano insieme da 10 anni e grazie alla loro forte intesa riescono a fare in due tutto ciò che farebbe una band di almeno quattro persone: il cantante è batterista e il chitarrista è anche il bassista.

Little Pieces of Marmelade sono capaci di attraversare e rinnovare l’hard rock seventies, il grunge, il post-punk ma anche di incendiare la più televisiva e pop delle esperienze: quel palco di X Factor che li ha visti, sotto alla guida del loro ‘mentore’ Manuel Agnelli, arrivare in finale.

Ieri sera all’ORION hanno aperto il concerto di Manuel Agnelli, a seguire sono stati parte integrante del concerto stesso.

Il concerto di Manuel Agnelli

Ama Il Prossimo Tuo Come Te Stesso, Manuel Agnelli Live all’ORION

ORION gremito per assistere al concerto di Manuel Agnelli, in Tour per presentare il suo primo album da solista, “Ama il prossimo tuo come te stesso“.

Accompagnato sul palco dai Little Pieces of Marmelade (Daniele Ciuffreda, batteria e Francesco Antinori, chitarra), gruppo di cui è stato coach nell’edizione di X Factor 2020 portandoli in finale, da Beatrice Antolini (tastiere e percussioni) polistrumentista, cantautrice e produttrice discografica italiana e da Giacomo Rossetti (basso), hanno intrattenuto i fan per più di due ore.

Il concerto è un giusto mix tra i brani dell’ultimo album, scritto durante la pandemia, dove Manuel ha espresso la propria libertà e urlandola a tutta forza, fregandosene delle classifiche e i brani che hanno fatto la storia degli Afterhours e come canta nel brano Signorina mani avanti: “se non provi niente prova me, se non cerchi niente trova me”!

Il Tour continua con le prossime date previste al Vox di Nonantola (MO) il 16/12, al Mamamia di Senigallia (AN) il 17/12 per chiudere alle Officine Grandi Riparazioni di Torino il 22/12.

La scaletta della serata:

  • Severodonetsk
  • Signorina mani avanti
  • Veleno (Afterhours song)
  • Non si esce vivi dagli anni ’80 (Afterhours song)
  • Bungee Jumping (Afterhours song)
  • Milano Con La Peste
  • Lo sposo sulla torta
  • Quello che non c’è (Afterhours song)
  • Ballata per la mia piccola iena (Afterhours song)
  • La profondità degli abissi
  • Proci
  • Padania (Afterhours song)
  • Guerra e Pop Corn
  • Male di miele (Afterhours song)
  • Ama il prossimo tuo come te stesso
  • Tra mille anni mille anni fa
  • Non è per sempre (Afterhours song)
  • Bye bye Bombay (Afterhours song)
  • Voglio una pelle splendida (Afterhours song)
  • 1.9.9.6. (Afterhours song)
  • Dea (Afterhours song)
  • Lasciami leccare l’adrenalina (Afterhours song)
  • Ci sono molti modi (Afterhours song)

A tu per tu con Alessandro Bergonzoni

Alessandro Bergonzoni, di recente a Roma all’Auditorium con suo spettacolo di successo “Trascendi e sali”, e la performance artistica “Tutela dei beni: corpi del (c)reato ad arte – Il valore di un’opera, in persona”, ci parla di sè stesso e del suo lavoro artistico in questa intervista per European Affairs.

CL: Sono ormai alcuni anni che porti in giro il tuo spettacolo “Trascendi e Sali” in giro per l’Italia, ed è uno spettacolo che cambia in continuazione. Puoi dirci come è nato?

 AB: Duecento repliche in quattro anni, Covid compreso, per la precisione.  Tendenzialmente io non ho mai un tema o un argomento. Molti dicono: “Mi dedico a questo… Il tema sono le donne, la politica, la denuncia…”, io ho cercato sempre di lavorare, anche dagli inizi, su una massa, su una quantità, su una mole di lavoro in cui io compongo lo spettacolo precedente al nuovo quindi questo spettacolo, Trascendi e Sali è nato proprio dall’idea del comporre vari pensieri, varie idee che io avevo già elaborato. Poi, al momento di fare le prove, le idee le ho portate in teatro ed abbiamo cominciato a sviscerare e lavorarci su con il regista Riccardo Rodolfi per arrivare ad una stesura. Un testo di partenza che nasce stando magari un mese in un luogo per prepararlo non c’è, non esiste mai, si tratta sempre di incastri che vanno a montare e si sviluppano come una valanga nata da una piccola pallata di neve. Questo spettacolo era nato da un’idea di partenza che comunque c’era, e che era quella di trascendere. Trascendere, nel senso di non accettare più di trasecolare o trasalire davanti alle notizie del mondo, o davanti alla vita, ma di trascendere, di fare un salto in altro, di fare un salto quantico, per poter cambiare dimensione. Stanco, molto, stanco vivo non stanco morto, di una condizione di accettazione di media e di accettazione di stampa, di accettazione di social, avevo la necessità di invadere anche un altro continente interiore dell’agente, dello spettatore. L’ossessione, perché proprio di questo tratta, è proprio quella del lancio continuo, del non lasciare stare mai chi ascolta, non lasciare stare mai le orecchie, non lasciare stare mai la pelle, non lasciare stare mai lo sguardo, gli occhi, proprio perché deve essere una maratona, molti dicono sulla parola, ma non mi piace, è una maratona sul pensiero, una maratona sull’immaginato, una maratona sulle visioni.

CL: Allora proprio su questo tema, possiamo dire che lo spettacolo si sia adattato ai tempi e alle situazioni oppure i suoi mutamenti sono una sorta di crescita naturale?

Brava è importantissimo fare questa distinzione e la voglio fare. Stranamente, ad esempio, io parlai di vaccini di medicina e di cura, quando, in tempi non sospetti cominciai a fare lo spettacolo. Quattro, cinque anni fa il Covid non c’era, e io, quando ho cominciato a studiare il testo, a pensarlo, avevo comunque dentro una frase del genere: “Hanno scoperto il vaccino che fa per me quello che devo fare io”, inteso però nel senso che anch’io devo fare la mia parte, quindi la scienza non può prevaricare il mio mestiere, il mio lavoro, il lavoro di fare gli altri lavori, gli altri mestieri, di essere non soltanto io ma di entrare nelle altre biografie, e questo ha cominciato ad essere visto subito con gli occhiali del Covid, con gli occhiali della pandemia. Io parlavo già di differenze nei diritti, di mancanza di diritti, e la gente ci ha visto immediatamente e dichiaratamente il tema delle prigioni, il tema soprattutto dei migranti, che era già nato in nuce, proprio perché c’erano già le mie prime partecipazioni ad incontri, a manifestazioni, a cortei anche di denuncia su questo.  Io avevo già questi argomenti che per me erano forti e dominanti, ma non sono il tema degli spettacoli perché nessuno può uscire da un mio spettacolo dicendo: “ah è uno spettacolo sull’uguaglianza, è uno spettacolo sulla difesa delle donne”, perché non è così. E poi c’è il tema comicità, quando si trascende per me la comicità è fondamentale per salire, per andare in alto, per innalzarsi.

CL: Che ruolo riveste la comicità quindi all’interno dei tuoi lavori?

AB: Io quando parlo di risata non parlo di umorismo, di spirito – al massimo di spiritualità – o di teatro brillante, perchè quello non mi è mai interessato. A me interessa la risata grossa, non crassa ma grossa, è una risata anche molto contagiosa, ossessiva, continua, quasi da togliere il respiro, che lo spettatore non possa dirsi: “adesso mi rilasso un attimo” ecco, perché altrimenti quello sarebbe intrattenimento, a me in teatro l’intrattenimento non è mai interessato. Se fai arte, se scrivi, se fai lo scrittore, si arriva tutti ad un punto in cui la realtà accetta e deve sopportare e supportare altre dimensioni, perché altrimenti fai informazione, fai giornalismo, ripeto, fai intrattenimento, che è tutto un lavoro che a me interessa molto meno. A me più che la comunicazione interessa la conoscenza oppure l’andare al di là perché altrimenti, farei un altro mestiere, farei l’enigmista se volessi giocare con le parole e basta, farei quello che lavora sulla semantica. Certamente, io sono composto da queste molecole, ma sono molecole che fanno muovere un corpo, non sono le molecole in quanto tali che mi interessano. E quindi: frequenza, luce, onda, vibrazione… sono temi quasi musicali – come mi ha detto qualcuno dopo aver visto lo spettacolo e io l’ho apprezzato molto – un jazz continuo, e una sinfonia proprio orchestrale che raggiunge se uno si lascia andare la seconda o la terza volta che lo vede. È capitato a persone che l’hanno visto anche tre volte di poter dire: “Io alla fine sono entrato dentro un movimento acustico, a un movimento di sonata, senza dover per forza ridere sempre o capire tutto quello che dicevi, e mi sono lasciato trasportare in questa specie di opera”.

CL: Sei sempre stato un artista ed un autore molto libero e indipendente, che sperimenta varie modalità e varie forme espressive e che non scende a compromessi. Quanto è importante per te tutto questo?

AB: Questo mio saltellare mi ha sempre dato proprio un’idea di autonomia e di libertà che mi aiuta: il non lavorare con gli abbonati in teatro, il non prendere sovvenzioni dallo Stato, queste sono sempre scelte di libertà che noi abbiamo fatto per poter dire: “Guadagniamo molto meno, facciamo forse meno date, però non ci troviamo un pubblico che viene a vedere chissà chi perché ha preso l’abbonamento dalla A alla Zeta e non sa neanche chi sono”. Mi piace che la gente scelga, che la gente in teatro venga per un determinato spettacolo. Adesso il teatro mi sta un po’ stretto, non te lo nego, nel senso che l’arte spinge, il sociale spinge ed è una forma che io cerco di rendere con un connubio abbastanza ravvicinata e abbastanza contemporanea. È un po’ il cruccio di Riccardo, che seguendo il tutto, vede che la mole di lavoro oltre quella teatrale è aumentata in maniera smisurata, fino quasi al non controllo.

CL: In che modo hanno un’influenza i social adesso ad esempio?

Sono tantissime le cose che circolano ora, e pur non avendo Instagram o Facebook, io appaio però molto su YouTube. Le persone filmano, condividono filmati, video delle lezioni, degli incontri, e allora si è mosso e si sta muovendo uno stranissimo pubblico di tredicenni e quindicenni che vedono dei miei pezzi su YouTube ma non hanno mai visto uno spettacolo in teatro, non sanno neanche che io faccio teatro, vedono queste cose e le acquisiscono con i video, con i social, mentre io invece no non le vivo e non le abito, e quello è un pubblico di ritorno stranissimo. Non essendo sui social, non ho i follower o quelle robe lì, ma la gente si rimanda queste cose, le moltiplica, le quintuplica, le decuplica, e poi trovo della roba con quattrocento, cinquecentomila contatti, di persone che hanno preso frasi, pezzi di spettacolo, incontri nelle piazze, e si forma un pubblico che non è il mio pubblico teatrale, ma un pubblico assolutamente bilaterale. Si tratta un pubblico completamente nuovo, che vede nel mio linguaggio un linguaggio che non riconosce, perché oggi un dodicenne, un quindicenne che viene a teatro a vedermi – perché alcuni osano, e con i licei abbiamo tante volte delle professoresse che portano le classi a teatro –  entra in un mondo in cui quando le prof gli dicono: “Questo è un attore, uno scrittore nato nel cinquantotto” loro rispondono: “Ma questa è roba futuribile, cioè non mi sembra… mi sembra più proiettata in avanti che in indietro perché non è il teatro classico”. Loro vedono questo slancio in avanti perché gli manca una fetta di vocaboli, pensieri e correlazioni, che nella comicità televisiva non trovano.  

CL: Ti è mai capitato di lavorare anche nel cinema?

Finora ho fatto pochissime incursioni cinematografiche: due, una in un cameo nel Pinocchio di Benigni, uno dei suoi film meno fortunati, e poi un’altra nel Don Chisciotte di Mimmo Paladino, insieme a Servillo e Dalla, esperienza stupenda,veramente di grande piacevolezza con cui siamo andati al festival Nuovi Orizzonti a Venezia, ma le cose che mi sono state chieste per il cinema erano sempre parti un po’ o di caratterista o caricaturali, di un logorroico, di un personaggio che avesse queste caratteristiche mie così da sfruttare il mio taglio.

Non è assolutamente facile in questo momento poter parlare di cinema col mio linguaggio, perché il cinema ha bisogno di tempi diversi, ha bisogno anche di una riconoscibilità dell’attore. Mi dicevano: “Se tu fai della televisione, delle serie o della fiction, noi possiamo permetterci di investire sulla tua figura, ma così tu sei conosciuto da una fetta di persone che non è interessata”. Poi sai io non faccio neanche le pubblicità intese nel senso del volto che vedi per la tal telefonia, il volto per il tal prodotto, e spesso il cinema, soprattutto quello italiano, invece ti chiede proprio una riconoscibilità. Poche sono state le proposte cinematografiche di partecipazione puramente attoriale che ho ricevuto e non ho accettato, per via di copioni che non mi soddisfacevano. Non avevo voglia di fare l’attore puro, l’interprete di un personaggio, che è anche un mio limite, grosso limite, perché l’attore, come mi hanno  spiegato alla scuola che non mi diplomò, l’attore deve fare tutto, sennò fai il Gaber fai il Fo, che hanno fatto per tutta la vita sé stessi. Infatti io non mi sento un attore, e anche per questo motivo quando parlo di teatro ci sto stretto, perché il mio ambito d’opera come artista è diciamo quadridimensionale, e se io dovessi fare teatro e basta forse smetterei di fare questo lavoro.

CL: Quindi come artista quale potrebbe essere la tua modalità di espressione ideale in questo momento?

La mia modalità ideale è: attraverso l’arte, poter portare l’arte in teatro, e far sì che una performance, un’installazione, un modo di essere sul palco, sia anche un modo di essere artistico, che non ci sia solo la lingua, ma ci sia anche la figura, il segno, il tratto, la demarcazione proprio di un qualche cosa che ricordi anche un’opera, e che sia, non ti dico musicale, ma mi piacerebbe fare un qualche cosa che stesse stretto stretto nel teatro e largo largo nell’arte. Attenzione, mi piacerebbe andare in questa direzione, perché anche le mostre che ho fatto, non tantissime ma ne ho fatte, mi hanno sempre un po’ limitato. Appoggi il quadro, appoggi l’opera, la gente viene, la guarda, la osserva e se ne va. Mi prendi in un momento di grande trapasso un momento di progress proprio, in cui ho bisogno di trovare uno status che ancora non mi delimiti per l’ennesima volta nella maniera più assoluta. Certo la scrittura, anche la scrittura vista, non solo la scrittura del libro, di un giornale, o del teatro ma la scrittura vista, la scrittura appesa, la scrittura segnata, la scrittura per strada, il site specific, l’opera urbana, mi stanno dando un grosso impulso. Vediamo, aspettiamo.

CL: Allora grazie infinite per questa bellissima chiacchierata e in bocca al lupo per il tuo lavoro artistico presente e futuro!

 

La Maschera live all’Alcazar

La Maschera, gruppo folk indie partenopeo, si è esibita domenica 11 dicembre all’Alcazar di Roma.

La formazione composta da Roberto Colella, voce, chitarre e tastiere, Vincenzo Capasso, tromba, Alessandro Morlando, chitarre, Antonio “Gomez” Caddeo, basso e Marco Salvatore, batteria, hanno letteralmente infiammato il pubblico presente, un soldout derivante da un passaparola dei fan ma anche da persone curiose dell’atmosfera festosa del live.

Ringraziamo l’ufficio stampa di Chiara Giorgi.

Le fotografie sono di Giulio Paravani.

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Giulio Paravani
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