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CULTURA - page 129

La cultura italiana in tutte le sue forme dalla letteratura al cinema, dalla scultura al teatro

Lago di Resia, illusione d’inverno della Val Venosta

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La stagione del freddo è tutt’altro che morta, si rivela nelle possibilità alternative e nei privilegi inaspettati. La neve nasconde eppur valorizza i luoghi mentre il ghiaccio diventa un ponte per raggiungere l’impensabile, come una passeggiata al lago di Resia. In inverno il percorso non si limita al suo perimetro ma si addentra verso il centro del bacino dove è possibile toccare con mano le pietre di un campanile romanico. Sembra quasi un’illusione eppure questa costruzione si erge solitaria dalle acque lasciando la sua origine sommersa alla fantasia.

La storia del campanile 

Un’immagine da cartolina quella del lago di Resia, il più singolare d’Italia per il suo campanile. Questa costruzione risale al XIV secolo ed apparteneva alla chiesa di Santa Caterina. Oggi viene considerata un prezioso relitto solitario in quanto è l’unica parte della struttura rimasta, tutelata dalle belle arti.

Una visione quasi surreale interrotta dal triste racconto degli abitanti di Curon, il comune dove si trova il lago. Nel 1950 iniziarono proprio in questa zona i lavori per la costruzione di una diga per la produzione di energia elettrica. Il progetto prevedeva l’unione di tre bacini naturali, il lago di Resia, di Curon e di San Valentino alla Muta. L’opera venne fortemente contestata dagli abitanti locali in quanto prevedeva lo spostamento dell’intero paese di Curon. I residenti non vollero rassegnarsi tanto da recarsi a colloquio con Papa Pio XII per tentare di sensibilizzare e bloccare il progetto. Organizzarono anche una protesta davanti alla sede della Montecatini, l’azienda che presentò la domanda per una concessione di sfruttamento per la realizzazione dell’opera. Nonostante l’impegno, a nulla servirono le opposizioni a fronte dell’arrivismo produttivo: l’avvio dei lavori comportò inesorabilmente la sommersione del piccolo centro di Curon che venne trasferito più a monte. Case e coltivazioni vennero spazzate via, 150 famiglie contadine persero la proprietà e molte di loro furono costrette ad emigrare cercando fortuna altrove. Annegarono i ricordi delle consuetudini ma non la memoria dell’antico abitato grazie al suo campanile superstite, oggi simbolo della Val Venosta.

Una passeggiata al lago di Resia

Il lago di Resia è il più grande dell’Alto Adige (6,7 km di lunghezza e 1 di larghezza), si trova a pochi chilometri dal passo di Resia, nell’incantevole cornice della Vallelunga nel comprensorio della Val Venosta, ai confini con l’Austria e la Svizzera. Una meta idilliaca che offre ai suoi visitatori panorami meravigliosi tutto l’anno. Durante la primavera e l’estate ammalia con il verde delle sue maestose montagne, amata da escursionisti e dai kitesurfers. In autunno si accende con le tonalità sgargianti dei suoi boschi ma è solo nel periodo invernale che si può vivere l’esperienza più suggestiva, raggiungere il campanile camminando sul ghiaccio.

Una passeggiata al lago di Resia è un’occasione per rilassarsi ed alternare l’adrenalina degli sport invernali, ma anche per scoprire un capitolo di storia poco conosciuto di questo angolo ai confini d’Italia. Un racconto impietoso di arrivismo economico che solo oggi ritrova un risvolto positivo nella meraviglia del suo paesaggio e nel fascino della sua leggenda: si narra che verso il calar del sole durante le fredde giornate d’inverno sia possibile udire le campane del vecchio campanile, eppure le testimonianze scritte rivelano che l’ultimo rintocco fu poco prima dell’inondazione, nel lontano 1950.

Immagine copertina: il campanile che apparteneva alla chiesa di Santa Caterina, lago di Resia, Val Venosta.

Photo credits: Elena Bittante

Il Tempio del Cielo, armonia sulla terra. L’architettura della tradizione cinese simbolo di Beijing

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Il simbolo di Pechino ricalca la perfezione idealizzata dell’architettura Ming, una geometria senza asperità equilibrio del suo credo, il Confucianesimo. Il Tempio del Cielo e della Preghiera per un Buon Raccolto rimanda al concetto cinese di “Tiānyuán Dìfāng’” secondo il quale il cielo è rotondo e la terra è quadrata, ed è così che questo patrimonio della cultura si erge coerente con la sua struttura circolare da una terrazza di marmo quadrata a tre livelli.

Entrata sud, Tempio del Cielo

Per capire i dogmi del credo, qualsiasi essi siano, alle volte basta camminare sulla terra prestando un po’ di attenzione, l’uomo è capace di semplificarli alla perfezione. Non si notano imprecisioni al cospetto del Tempio del Cielo nel cuore di Pechino, limpido nella struttura e negli intenti di significato eppure la linearità e regolarità che lo contraddistinguono sono riferimenti indiretti rispetto alla visione diretta dell’osservatore. Una parte per il tutto, sineddoche nell’arte e nell’architettura cinese che si rispecchia anche nei suoi usi e costumi, un approccio curioso per noi occidentali, appassionati ricercatori di espliciti concetti anche nelle sfumature e sottigliezze.

Questo luogo di armonica bellezza racchiude tanti significati, risulta difficile conciliare questa grande concezione estetica con la devastazione culturale che portò l’avvento del comunismo dopo il 1949. Oggi il Tempio del Cielo resta un’icona sopravvissuta nella perfezione dello stile Ming in una delle aree più caotiche e impersonali della città, faro della tradizione che riporta alla luce l’epoca imperiale.

Parco del Tempio del Cielo, luogo di ritrovo per i pechinesi

Questa meta imperdibile di Beijing si trova nell’omonimo parco nel distretto di Dongcheng sud, un’oasi di pace di 267 ettari dove vivono indisturbati 4.000 splendidi antichi cipressi. Un luogo idilliaco distante dal ronzio del traffico, meta di pellegrinaggio per turisti e consueto ritrovo per cittadini. Il caratteristico tetto del tempio a tripla gronda ad ombrello di colore viola- blu spunta tra la flora locale e le alte mura che lo circondano. Si svela poco alla volta caricando di aspettativa i visitatori, curiosi di ammirarlo da vicino. Varcato uno dei quattro cancelli della sua cinta muraria ci si rende immediatamente conto che non si tratta di uno stereotipato luogo della fede ma di un’eredità lasciata dalla devozione dell’imperatore, un maestoso palcoscenico un tempo dedicato ai suoi riti solenni. Il “Figlio del Cielo”, si recava a pregare per chiedere il perdono e per invocare il favore degli dei per un buon raccolto.

Nelle giornate di sole l’edificio a struttura circolare svetta verso il cielo velato di smog metropolitano, eppure la foschia di questa città, tra le più inquinate al mondo, non svilisce i suoi 38 metri di magnificenza. Con un diametro di 30 metri si rivela ai visitatori come una struttura semplice ma al contempo ingegnosa: il soffitto non presenta chiodi né cemento ed è sorretto da pilastri in legno d’abete dell’Oregon. Al centro della struttura si trova l’altare dove pregava l’imperatore e sul soffitto un enorme drago dipinto, un simbolo a suo omaggio. Il tempio venne costruito nel 1420 durante l’epoca Ming ma nel 1889 un fulmine lo ridusse in cenere. Venne ricostruito l’anno successivo e oggi lo possiamo ammirare in tutto il suo splendore con gli stessi canoni architettonici della struttura originaria.

Dettaglio soffitto del tempio
Portale sud 

Il tempio del Cielo è l’edificio di maggior rilievo del parco, occupa la posizione centrale ed è protetto dagli alti muraglioni che lo circondano. Lungo il loro perimetro troviamo gli accessi principali in corrispondenza dei quattro punti cardinali. Solo passeggiando ci si rende conto che nulla nell’architettura di questo luogo è lasciato al caso, ovunque si può intravedere l’intervento razionale ed armonizzante dell’uomo. La prevalenza della ragione si descrive perfettamente in questa meta imperdibile ma è una costante nell’architettura cinese della tradizione, ripropone la linearità e la regolarità che si rifanno ai principi del Confucianesimo: ordine e simmetria come imposizione dell’intelletto umano sulla natura.

Consigli per la visita

Il momento migliore della giornata per visitare il tempio è la mattina presto e il periodo più indicato dell’anno per evitare le lunghe file va da novembre sino ad aprile. Durante la bella stagione è consigliato il pranzo al sacco, un picnic al parco è una pausa ideale e una gradevole esperienza.

Non dimenticate il vostro passaporto, è richiesto per acquistare il biglietto e visitare le principali mete turistiche di Pechino. Il costo del biglietto è 15-35RMB in alta stagione e 10-28RMB in bassa stagione.

Gli orari di apertura sono: 8 – 17 dal 1 aprile al 31 ottobre, 8 – 16 dal 1 novembre al 31 marzo.

Come arrivare: metropolitana linea 5 fermata Tiantan Dongmen station (Exit A1 or A2).

Immagine copertina: Il Tempio del Cielo e della Preghiera per un Buon Raccolto, Beijing, Cina. 

Photo credits: Elena Bittante

Questo Natale aggiungi un posto a Tavola

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Si è chiuso Giovedì 20 Dicembre al teatro Brancaccio di Roma il sipario numero 100 del Musicall “Aggiungi un posto a tavola” di Garinei e Giovannini portato alla ribalta da Johnny Dorelli il cui testimone è stato preso da uno straordinario Gianluca Guidi che da dieci anni ormai interpreta il moderno sacerdote di montagna, Don Silvestro, a cui una dolcissima, ma un po’ indisciplinata, Clementina fa inesorabilmente la corte.

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La Grande Muraglia Cinese, limes del possibile

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Una delle Sette Nuove Meraviglie del Mondo Antico e dell’UNESCO, Patrimonio dell’Umanità. La Grande Muraglia Cinese appare come un ricamo che intarsia le montagne, trasforma le pendenze più aspre in dolci sinuosità rendendo il limite accessibile. L’occhio perde la via seguendola sino all’orizzonte per poi lasciare spazio alla surreale consapevolezza: quest’opera militare difensiva si estende per oltre 8.000 chilometri, più di 21.000 chilometri se considerati tutti i tratti misurati di fortificazioni collaterali. Uno dei monumenti più emblematici costruiti dall’uomo in tutto il mondo, capace di sorpassare la linea dell’orizzonte e della nostra immaginazione.

Località Badaling, a 70 chilometri da Beijing

La Grande Muraglia è la classica meta di un viaggio in Cina. A tratti turistica e affollata, in altri dismessa e difficilmente accessibile ma sempre presente negli intenti di chi desidera ammirarla, solo per una foto ricordo o per un trekking lungo qualche tratto. Visitarla è come conoscere un grande drago che serpeggia da millenni nella parte settentrionale del paese: attraversa sinuoso mondi diversi, quelli di una nazione con una natura eterogenea unica al mondo. Si snoda su e giù per le montagne seguendo anche la morfologia più estrema, attraversa deserti e praterie  dalla costa Est fino agli altopiani dell’Ovest percorrendo un totale di 21196,18 km.

La Grande Muraglia, in cinese 长城 (Chángchéng /channg-chnng/ “Lunga muraglia”), è simbolo di grandezza della storia antica della Cina e oggi come allora si rivela un’opera identitaria del paese nonché una delle meraviglie del mondo, dal 1987 inclusa nella lista dei Patrimoni dell’Umanità UNESCO.

Il muro “originario” risale a 2.300 anni fa nel periodo della dinastia Qin (221-207 a.C.), nel tempo subì numerosi cambiamenti e ristrutturazioni a discapito di innumerevoli vite umane: una macabra leggenda narra che gli scheletri degli operai morti vennero inglobati nella sua costruzione. La storia della Muraglia narra un lungo racconto, un susseguirsi di capitoli in bilico tra mito e realtà, ma sin dal principio affiora la certezza del suo scopo, la difesa del territorio dalle incursioni esterne, soprattutto mongole. Nel XII secolo le orde di Gengis Khan erano divenute una minaccia permanente. L’opera architettonica mantenne la sua funzione difensiva per i secoli a venire ma l’aspetto attuale risale alla dinastia Ming (1368- 1644), durante la quale venne attuata una monumentale opera di restauro dell’intero complesso. L’intera struttura venne rinforzata con pietre, mattoni e una merlatura alta 1.8 metri con scappatoie e feritoie e parapetti alti 1.2 metri.

Nonostante la grandiosità del progetto, questa struttura concepita come impenetrabile non si rivelò mai un’efficiente barriera difensiva contro gli invasori, come testimonia la conquista di Beijing nel 1215 da parte dell’esercito di Gengis Khan. Tuttavia, diversamente dal mancato scopo militare, si dimostrò un’eccellente via di percorrenza per il trasporto di materiale e di persone attraverso gli impervi territori montuosi, inoltre si rivelò molto efficace per le comunicazioni grazie al suo sistema di torri di segnalazione che permetteva di trasmettere rapidamente le notizie dei movimenti nemici sino alla capitale. Per rendere possibile questa operazione venivano utilizzati i segnali di fumo bruciando sterco di lupo, un chiaro indizio della fauna locale che ancora oggi vive indisturbata negli sterminati territori che la Muraglia attraversa.

A partire dalla metà del XVII secolo, il venir meno della temuta minaccia mongola fu paradossalmente l’incipit del rovinoso declino di questa opera monumentale. L’apice dell’abbandono avvenne nel ‘900 in quanto la tutela di questo patrimonio non rientrava nelle priorità di una stato votato al comunismo, che destrutturò la bellezza di questa ed altre meraviglie del paese rendendo la vita culturale cinese un arido deserto. Una perdita di valore che scalfì indelebilmente la grandezza della Muraglia assottigliandola nelle dimensioni e sfregiandola nell’identità: Mao Zedong incoraggiò i cinesi che abitavano nelle vicinanze ad utilizzarla come fonte di materiale gratuito per la costruzione di infrastrutture e di brutture edilizie in stile post sovietico.

Solo nel 1984 il successore di Mao, Deng Xiaoping, portò la sua tutela sotto la competenza dello stato. Il progetto di restauro cercò di ridarle dignità ristrutturando alcune sezioni. Tra i tanti luoghi oggi visitabili, un esempio è il suggestivo scenario che si può ammirare a Badaling, a pochi chilometri dalla Capitale. Qui si apre un percorso turistico molto gettonato con un paesaggio da cartolina che ha perso l’autenticità della storia ma che ha ricostruito la dignità della Grande Muraglia e soprattutto gli intenti di chi ama la millenaria identità di questo paese e desidera condividerla con il resto del mondo, un limes del possibile.

Immagine copertina: Grande Muraglia Cinese, Badaling, Cina.

Photo credits: Elena Bittante

Eventi: Roma Videoclip, Musica e Cinema un binomio perfetto.

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Si è conclusa nella splendida cornice della Sala Fellini di Cinecittà l’ultima edizione dell’evento Roma Videoclip, ideato, prodotto ed organizzato da Francesca Piggianelli, che ormai da sedici anni premia grandi personaggi della musica e del cinema, oltre a case discografiche, manager, compositori e che soprattutto da spazio anche a giovani artisti che, non poche volte, dopo essere saliti su questo palco hanno cominciato una carriera di indiscutibile successo.

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Week end a Rona, Youth Orchestra del Teatro dell’opera e tanto altro

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Nel week-end l’arte si anima: le giovani promesse della Youth Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma oltre alle visite guidate, i laboratori e le nuove avventure delle Mystery Rooms

Sabato 15 dicembre apertura serale dei Musei Capitolini con le esibizioni di un Quartetto d’archi e un Quintetto d’ottoni. Domenica 16 attività gratuite al Bilotti, Napoleonico, Barracco e al Museo della Repubblica Romana

Roma, 12 dicembre 2018 – Si avvicina un nuovo fine settimana con gli appuntamenti della manifestazione Nel week-end l’arte si anima. Saranno ancora i Musei Capitolini ad aprire il programma settimanale dell’evento promosso da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con l’apertura serale straordinaria di sabato 15 dicembre dalle 20 alle 24 (ultimo ingresso alle ore 23). Questa settimana, oltre ad apprezzare le bellezze del museo e delle mostre temporanee La Roma dei Re. Il racconto dell’Archeologia e I Papi dei Concili dell’era moderna. Arte, Storia, Religiosità e Cultura, i visitatori avranno l’opportunità di essere accompagnati, al costo simbolico di un euro o gratuitamente con la MIC Card, dalle musiche dello spettacolo YOUTH in Arte realizzato dalla Youth Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma.

La Youth Orchestra è la realtà giovanile istituita dal Dipartimento Didattica e Formazione del Teatro dell’Opera di Roma a seguito di una rigorosa selezione tenutasi nel febbraio 2016. Con ottanta allievi iscritti, essa vanta un organico di molti giovani musicisti provenienti da ogni parte d’Italia e ha all’attivo un ragguardevole repertorio sinfonico e operistico. A esibirsi in occasione dell’apertura di sabato 15 sarà un Quartetto d’archi composto da Florian Lekaj (violino I), Elisabetta Cananzi (violino II), Valentina Calicchia (viola), Gaia Di Domenico (violoncello) che eseguirà il Quartetto in sol maggiore Op. 77 n. 1 di Franz Joseph Haydn (Ore 20.30 Esedra del Marco Aurelio, ore 21.30 Palazzo Nuovo, ore 22.30 Sala Pietro da Cortona), e un Quintetto di ottoni composto da Gabriele Gregori (corno), Alessandro Fresu e Nicolò Pulcini (trombe), Vincenzo Pace (trombone), Manuel Papetti (tuba) che proporrà le musiche di Bach, Voxman, Brown e Joplin (Ore 21 Sala Pietro da Cortona, ore 22 Esedra di Marco Aurelio, ore 23 Palazzo Nuovo).

Terminata la serata di festa ai Capitolini, il programma di eventi continuerà domenica 16 dicembre con il consueto appuntamento con il concerto gratuito. Questa volta sarà il Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina a ospitare alle ore 11.30 l’esibizione domenicale curata dalla Roma Tre Orchestra. Il trio composto da Damiano Babbini al violino, Costanza Pepini alla viola e Andrea Nocerino al violoncello eseguirà brani di Alfred Schnittke, Zoltan Kodaly e Ludwig van Beethoven.

Dalla mattina musicale si passerà poi al pomeriggio di domenica in compagnia, questa volta, delle attività didattiche e visite a ingresso gratuito in alcuni musei del Sistema. Si comincerà alle 15.30, ancora al Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina, con il laboratorio per bambini dai 6 agli 11 anni dal titolo Piccoli/grandi fratelli d’Italia. Attraverso questa attività si cercherà di stimolare la curiosità per un’epopea eroica e densa di ideali, rinvigorendo il senso di rispetto per la nazione, l’orgoglio per le proprie radici e la comprensione e il rispetto delle tante diversità regionali e culturali che compongono l’Italia. Ciascun bambino sceglierà il suo personaggio preferito da una immaginaria Galleria di Ritratti della Nazione e sarà invitato a colorarlo. I bambini scopriranno da dove provengono i personaggi prescelti e, riunitisi in gruppi secondo gli stati di provenienza, aggiungeranno i loro tasselli al puzzle generale dell’Italia, secondo un ordine progressivo di anni (1861, 1866, 1870…).

Nel cuore di Villa Borghese, invece, prenderà vita alle ore 16.00 la visita guidata alla mostra antologica Balla a Villa Borghese in programma al Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese fino al 17 febbraio 2019. La visita sarà un’occasione per conoscere l’opera del Balla pre-futurista, la sua mirabile tecnica, il lirismo con cui visse e rappresentò Villa Borghese. Alle mirabili opere pittoriche e grafiche in mostra si accompagnerà la visione delle fotografie della Villa di Mario Ceppi, occasione di confronto tra ieri e oggi e tra pittura e fotografia. Completerà la visita la visione del docu-film su Balla di Jack Clemente.

Altre proposte a disposizione dei visitatori questo fine settimana saranno le nuove avventure con le Mystery Rooms. Dopo il successo dei primi appuntamenti domenica 16 andranno di nuovo in scena le storie dense di mistero ambientate nei musei Napoleonico e Giovanni Barracco. Si comincerà proprio in quest’ultimo spazio con l’avventura dal titolo Le mani sul museo. Concerto avventura per salvare il Museo Barracco in programma alle ore 10.30 e alle 14.00. Un concerto che si trasformerà magicamente in un’avventura, alla ricerca della risoluzione di un fitto mistero che avvolge il Museo e ne minaccia l’esistenza. Un custode scomparso, un funzionario pazzo ma, soprattutto, la perdita dell’unico fondamentale documento in grado di evitare la distruzione del Museo da parte di un’agguerrita multinazionale daranno il via a una vera e propria caccia al tesoro tra le sale del museo in cui i partecipanti andranno alla ricerca degli indizi utili al ritrovamento dell’importante documento.

Al Museo Napoleonico invece andrà in scena, alle ore 15 e alle ore 16.30, la mystery dal titolo Album Bonaparte. Indagine nel passato, presente e…futuro di una famiglia. Sarà un’esperienza rivolta a un pubblico curioso, appassionato di storia e di mistero, in cui i partecipanti potranno esercitare la propria immaginazione muovendosi da un indizio all’altro alla scoperta dei segreti nascosti della famiglia Bonaparte. Dentro le vetrine, nelle librerie, ben nascosto dietro la magniloquenza dei ritratti ufficiali si nasconde, infatti, un universo di tracce, oggetti, disegni, doni, che parla della famiglia e delle relazioni misteriose che intercorsero tra i suoi membri. Si comincerà con una sorta di seduta spiritica collettiva che rievocherà la vita contenuta negli oggetti per poi muoversi tra le stanze entrando in relazione con la collezione del museo e tentare di ricomporre l’album di famiglia.

Nel week-end l’arte si anima è una manifestazione promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è realizzata in collaborazione con le principali istituzioni cittadine come Fondazione Musica per Roma, Teatro di Roma, Teatro dell’Opera, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, l’Università Roma Tre e con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura.

Prossimi appuntamenti: sabato 22 dicembre nuova apertura serale dei Musei Capitolini con gli eventi a cura del Fondazione Musica per Roma.

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