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CULTURA - page 127

La cultura italiana in tutte le sue forme dalla letteratura al cinema, dalla scultura al teatro

“The Grand Balls of the 19th Century”: la magia della danza si racconta nella storia, anche in inglese

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Il fascino incantato dei balli d’altre epoche si vive o si racconta. Dopo cinque ristampe di “Gran Balli dell’800”, arriva la versione tradotta “The Grand Balls of the 19th Century”, un libro da leggere tutto d’un fiato, anche in inglese. Un valzer di parole che ci accompagna nella cultura d’altri tempi: la danza come archetipo di socializzazione, un linguaggio universale che univa la borghesia e l’aristocrazia in una rosa di coreografie e di intese. Capitolo dopo capitolo scopriremo che la storia è stata scritta anche nei saloni da ballo.

Non solo un racconto per entusiasti estimatori o appassionati ballerini, “Gran Balli dell’800” (ediz. Armando Curcio Editore, 2009) racconta uno spaccato della società del XVIII – XIX secolo che può interessare un vasto pubblico. Un meticoloso lavoro di ricerca svolto dal Presidente della Compagnia di Danza StoricaNino Graziano Luca,un’analisi di importanti documenti e manuali storici che ha portato al recupero e alla valorizzazione di cimeli della letteratura europea. Testimonianze che dalla danza riconducono a preziosi dettagli della società, un menabò del ballo che abbraccia un periodo storico dal tardo ‘700 sino al ‘900. Il libro riassume 30 anni di appassionata e approfondita ricerca. Presentato alla Camera dei Deputati e all’Ambasciata d’Austria, è ora disponibile anche la versione in lingua inglese per condividerlo senza confini, una scelta coerente al suo contenuto: la danza è un linguaggio universale.

Nino Graziano Luca, dopo cinque ristampe in italiano il libro “Gran Balli dell’800” arriva anche la versione in inglese “The Grand Balls of the 19th Century”. Da dove nasce questa idea e cosa racconta?

“L’idea di una versione in lingua inglese è nata da un incontro con il professore Alkis Raftis, presidente del consiglio internazionale della danza Unesco. Da grande estimatore del lavoro che ho svolto in questi anni, mi ha spronato a scrivere una versione in inglese perché condivisibile e sempre attuale. “The Grand Balls of the 19th Century” descrive un arco temporale dal tardo ‘700 all’inizio del ‘900 e dei relativi cambiamenti sociali, i quali hanno consentito che il ballo diventasse il “luogo” centrale della vita sociale ottocentesca. Nel libro racconto quali erano le danze richieste per poter partecipare ad un ballo, quali erano le danze che non potevano mancare in un carnet de bal ma anche dell’etichetta, della toiletta e quali erano le nozioni comportamentali e relazionali che dovevano essere osservate e stabilite tra i partecipanti. Il libro è pieno di aneddoti storici ma anche di curiosità sfiziose. Non mancano alcuni spunti tratti dai più celebri romanzi ottocenteschi che animano il racconto oltre alla “didattica” del suo contenuto. Mi piace dire che questo lavoro nasce come un saggio ma è scritto con i toni del romanzo. Il mio desiderio è quello di coinvolgere tutti i lettori attraverso un parlato semplice e proiettarli in un contesto attraente e affascinante, quello della danza sociale e della danza storica. Questa scelta ripropone la stessa “chiave di lettura” di tutte le iniziative che ho organizzato e descritto in questi anni, finalizzate alla promozione della danza storica e della danza sociale.

Aneddoti e curiosità sembrano il modo più interessante per descrivere la storia della danza, anche quella del costume e della società?

“Il libro è ricco di aneddoti molto divertenti che introducono un’attenta analisi legata a come nel sociale ci sia stata l’affermazione della borghesia e la condivisione degli spazi di divertimento tra borghesia e aristocrazia. Questo aspetto emerge chiaramente in un passaggio descritto nel libro che cita “Il modo più acconcio di stare in iscelta società”, scritto nel 1839 da Luigi Bortolotti. Da questo estratto evidenzio come per la prima volta in un manuale, oltre a trovare delle indicazioni su come si danzava, c’erano anche dei suggerimenti su come comportarsi in un ballo.

Ovviamente questo libro era destinato ai borghesi, un vademecum delle “buone maniere” che l’aristocrazia acquisiva nelle proprie dimore grazie agli impeccabili insegnamenti dei precettori. La scelta di citare questo manuale e una serie di altri libri è indispensabile per testimoniare la coesione sociale nei balli. Nel lavoro svolto cerco di descrivere tutti gli avvenimenti che hanno contraddistinto questo mondo di intrattenimento evidenziando come il ballo sia stato anche il luogo d’espressione delle mode dal tardo ‘700 all’inizio del ‘900. La danza era un vero e proprio linguaggio condiviso. Oggi sono i magazine e i social che influenzano il costume, all’epoca era il ballo a consentire la coesione sociale e la condivisione delle mode, a differenza del teatro e della sala dei concerti che mantenevano le differenze sociali. Il documento più antico di vera coesione sociale che ho trovato nella mia lunga ricerca risale al 1805: un ballo a Bologna in cui la coesione nasceva dall’obolo che veniva pagato, il medesimo per gli aristocratici, per i borghesi e per gli ecclesiastici in quanto il ricavato sarebbe stato devoluto in beneficenza. Sono questi gli aneddoti speciali che ricreano il contesto attraverso la realtà dei fatti, un’informazione che non rinuncia alle emozioni e alle sensazioni. Ne è la prova tangibile la citazione che apre il libro: “Un ballo, quale magica parola per i giovani di venti anni, un paradiso in terra ove tutto pare etereo…”. Parole sognanti per introdurre il ballo come poesia ma soprattutto come centro della vita sociale per eccellenza.”

Le fotografie di “ The Grand Balls of the 19th Century” sono tutte attinenti ad eventi e gran balli storici organizzati dalla Compagnia Nazionale di Danza Storica. La scelta delle immagini è a cura di Nino Graziano Luca e di Armando Curci Editore. Le illustrazioni appartengono alla pinacoteca personale di Armando Curci Editore.

The Grand Balls of the 19th Century”, è disponibile nella piattaforma libri dell’Unesco.

Hundertwasser House, l’edilizia popolare come opera d’arte

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La città dell’eleganza innata, dei walzer sognanti e della storia imperiale si racconta anche nella trasgressione architettonica del ‘900: la Hundertwasser House spicca tra i delicati toni pastello di Vienna inebriandola con i suoi colori vibranti. Il rigore asburgico cambia linguaggio e si racconta con ironia.

Un sognatore razionale Friedensreich Hundertwasser, pioniere dell’architettura sostenibile che sin da tempi non sospetti realizzò numerosi edifici ispirati alla natura e alle sue forme con progetti virtuosi per l’ambiente. La sua tecnica spaziò nelle più sfrenate fantasie creative, in costante bilico tra fisica e metafisica teorizzando concetti a tratti surreali come “I diritti delle finestre”, convinto sostenitore che gli edifici non fossero costruiti da pareti murarie ma proprio dalle finestre, per l’artista, occhi attraverso i quali guardare il mondo nell’intimità della propria casa. Architetto visionario ed esponente dell’architettura organica, descrisse la sua ricerca con linee irregolari e forme ispirate alla natura più che alla ragione. La Hundertwasser House ne è l’esempio perfetto nonché la sua opera architettonica più famosa che stacca dalla trama urbana viennese catalizzando migliaia di visitatori curiosi.

Un edificio d’avanguardia stilistica ma anche un progetto virtuoso e morale. La Hundertwasser House nasce infatti come social housing, un complesso residenziale creato nel 1985 per i meno abbienti. Ospita 50 appartamenti, 16 terrazze private e 3 comuni, alcuni negozi, un ristorante, un parco giochi per bambini e una palestra. Vere e proprie case popolari con vezzo creativo e struttura innovativa. L’architetto desiderava rompere con lo stile dell’edilizia moderna, da lui ritenuta istituzionale, fredda e spesso banale, ideò così un’alternativa unica e originale che potesse rispondere anche ai canoni della sostenibilità ambientale, sensibilità molto meno diffusa a quel tempo. L’edificio venne infatti costruito con materiali ecologici di origine naturale: spesse murature in argilla per la coibentazione, legno per gli infissi, ceramica per i pavimenti, vernici e colle di origine naturale e piante ed alberi come elementi architettonici. La vegetazione è un elemento imprescindibile per Hundertwasser e nella House viennese ammanta il tetto, le terrazze e i loggiati. Le strutture sono state progettate con fogli anti–radice per la protezione dei solai e pannelli isolanti, presentano inoltre strati di pomice e ghiaia per drenare l’acqua e apposite griglie di acciaio inossidabile per contenere le radici. La Hundertwasser House ospita dei veri e propri giardini pensili, microcosmi naturali nella dimensione urbana che si sostentano grazie ad un sistema di irrigazione che veicola l’acqua piovana raccolta da una cisterna.

Questo atipico complesso residenziale unico nel suo genere si presenta come un elemento di rottura nell’edilizia di Weissgerber, composto quartiere nel centro della capitale austriaca. Spicca tra gli edifici dalle linee brutaliste e nostalgici condomini in stile ottocentesco, un paese dei balocchi nel rigore viennese. Le sue forme singolari e i suoi colori vividi appaiono come un miraggio urbano, simile ad un set cinematografico più che ad un complesso di case popolari, capace di catturare anche l’attenzione dei passanti più distratti ed attrarre orde di turisti che aspettano il loro turno per scattare una foto ricordo con sfondo multicolor, spesso ignorando l’entità del progetto. Gli appartamenti si distinguono per le diverse tonalità, una caratteristica che i veneziani possono riconoscere facilmente associando la Hundertwasser House alle case variopinte dell’isola di Burano, il concetto è il medesimo ma sviluppato in altezza. Un rincorrersi di finestre irregolari e un menabò di ceramiche di recupero volutamente diverse nelle forme, un puzzle scomposto che si rivela nell’armonia totalizzante di un incastro perfetto. Hundertwasser concepì questo progetto secondo una tecnica conosciuta come “transautomatismo”, la capacità dell’artista di attingere al suo subconscio e trasferire le sue emozioni su tela facendo dei movimenti automatici. Una sfida vinta quella dell’eclettico architetto che ha saputo tradurre in tecnica strutturale lo slancio emozionale, una progettazione che coniuga l’istinto alla razionalità ispirandosi alla natura. La Vienna sognante non vive solo nelle storie dei reali ma anche ai piani bassi della società dove ribolle una creatività capace di trasformare delle case popolari in un’opera d’arte.

Nota di viaggio

Dopo il complesso residenziale non perdete una visita al Museo Hundertwasser dove ammirare i dipinti, i disegni e i progetti architettonici di Freidrich Hundertwasser.

Immagine copertina: Hundertwasser House, Weissgerber, Vienna.

Photo credits: Elena Bittante

Subsonica 8 Tour

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Palalottomatica di Roma – 21.02.2019

Un esplosione di luci e suoni, sorprende, ma magari per gli affezionatissimi, anche no, il pubblico del Palalottomatica. Bellissima scenografia che vede i cinque componenti muoversi su altrettante piattaforme semovibili sovrastate da pannelli led che proiettano le immagini del gruppo ben visibili anche dal terzo anello del palasport. Coinvolgenti come sempre, come il genere tra pop e rock elettronico che contraddistingue la band e la pone tra le attuali più prolifere e longeve del panorama musicale Italiano.

“Non ci sono tanti gruppi che vi fanno ballare come noi in Italia”, esordisce Samuel Romano ed è proprio vero vedendo i fans sugli spalti percorsi da una irrefrenabile voglia di muoversi a tempo di musica ed impossibilitati a rimanere immobili al loro posto. Non deludono i Subsonica, e con la presentazione della loro ultima fatica 8 da cui prende il nome anche il tour, raggiungono facilmente il loro intento dichiarato ovvero quello di far ballare i presenti con i nuovissimi pezzi ma anche con i vecchi tratti dal loro repertorio come Up patriots to arm di Battiato e Nuova ossessione oppure Il Cielo Su Torino e Strade. Insomma 2 ore e mezza di ottima musica che rinfranca l’animo e ci fa pensare che in fondo anche da noi esiste ancora la possibilità di ascoltare dell’ottimo rock.

Live report e foto di Claudio Enea

Il Gran Ballo di Carnevale tra le Epoche, alla Pinacoteca del Tesoriere un viaggio nel tempo e nelle emozioni

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La Compagnia Nazionale di Danza Storica racconta il passato narrando una favola, un susseguirsi ipnotico di volteggi tra nuvole di cipria e abiti principeschi delle sue dame. Il Gran Ballo di Carnevale tra le Epoche organizzato magistralmente da Nino Graziano Luca, ha aperto il sipario sabato 16 febbraio tra i saloni della Pinacoteca del Tesoriere nel cuore di Roma. Un atelier danzante tra i capolavori del Guercino, una grande festa con abiti del ‘700 ma non solo. Il ballo come una girandola nella storia del costume, dall’eleganza composta delle principesse rinascimentali accompagnate da prodi paladini, sino al fascino ardito delle protagoniste del charleston vegliate da lord con bombetta di un nostalgico ‘900. Un viaggio tra le epoche in punta di piedi, a ritmo di musica e all’insegna dell’eleganza innata della danza.

Un carillon appassionato che ha alternato le armonie dei valzer classici come il “Carnival Waltz” di apertura, al motivetto ironico di “The Waltzing Cat” dalle note simili a miagolii: la danza storica è un omaggio all’allegria e il segreto è quello di lasciarsi andare. Lo conferma l’Organizzatore dell’evento, Presidente Direttore artistico della Compagnia Nazionale di Danza Storica Nino Graziano Luca che sottolinea le potenzialità della danza come espressione personale e collante sociale: “Roger Garaudy diceva: “Danzare la vita”. Se superi la fase iniziale dell’imbarazzo, la danza ti consente di essere veramente te stesso. Diventa una parte fondamentale della vita se credi che questa sia fatta di naturalezza. Una sorta di magia che coinvolge tutti, anche chi non è un ballerino provetto può trasmettere gioia. L’idea di ballo deve essere condivisa a vari livelli, danzare ti consente di metterti a contatto con il bello e con l’armonia che ci circonda.” La danza storica dunque non solo fa sognare con abiti da fiaba e viaggiare tra le epoche ma è un’opportunità per far emergere le proprie consapevolezze ed entrare in empatia con gli altri partecipanti, un equilibrio che si riassume nell’armonia dei suoi passi.

Il Gran Ballo di Carnevale nasce come un excursus storico tra le epoche, quale migliore occasione per stimolare l’estro dei suoi partecipanti nell’accurata scelta dell’abito ma soprattutto raccontare in un’unica grande festa gli intenti della Compagnia che da tanti anni si ripropone di seguire un attento lavoro filologico. Come spiega il maestro Nino Graziano Luca: “Per me la danza storica riconduce a tutto ciò che è rintracciabile nei manuali dalla metà del ‘400 in poi. Un lavoro di ricerca che seguo da ormai 30 anni, un percorso documentato nei manuali scritti dai grandi maestri di ballo a partire dal primo Rinascimento. Il primo manuale che è stato rintracciato è il “De arte saltandi et choreas ducendi” di Domenico da Piacenza databile tra il 1445 – 1447. Questo manoscritto è considerato il primo manuale di “danza sociale”. Il mio desiderio è quello di riproporre le danze che sono rintracciabili nei testi, quindi dal ‘400 sino all’inizio del ‘900. La scelta segue un percorso che si attiene agli scritti ma non intende declassare le tantissime danze occitane del periodo antecedente che non sono rintracciabili nei manuali.”

Un ballo come una macchina del tempo, azionata da un repertorio che spazia nei secoli. La Compagnia, dopo un’assidua preparazione dei suoi partecipanti nelle sue scuole presenti in tutta Italia (con sede principale a Roma), ogni mese è solita organizzare degli appuntamenti danzanti ambientati nelle varie epoche senza mai tralasciare una giusta causa, coerente in tutto e per tutto alla definizione di “danza sociale”. Alcune serate rendono protagonisti anche quei ballerini che nella loro vita devono affrontare un quotidiano difficile. Che siano balli ispirati alle favole principesche di Sissi oppure ai saloni con vista sulla Neva della regale San Pietroburgo, la condivisione resta il comune denominatore negli intenti della Compagnia. Come sottolinea Nino Graziano Luca: “Alcuni balli prevedono di coinvolgere anche chi non ha mai ballato, farlo è estremamente semplice, la cosa importante è avere voglia di mettersi in gioco.” Continua il maestro: “Esiste un repertorio storico e filologico ballabile da chiunque, d’altronde la danza sociale aveva questo come obiettivo principale, mirare a creare socializzazione. Oggi io parlo di “socializzazione culturale”, all’epoca era una normale pratica: attraverso la danza riuscivi ad avere contatti”. Alle sue parole appare esaustivo il detto che si bisbigliava nei saloni dell’800: “Tre balli fanno una sposa”. Nell’epoca del 2.0 potrebbe sembrare una forma di conoscenza esuberante, eppure il ballo ripropone una socializzazione più reale della dimensione virtuale alla quale siamo spesso soggiogati.

Il Gran Ballo di Carnevale tra le Epoche, una serata magica all’insegna della cultura che ha coinvolto davvero tutti, anche due splendide stelle nascenti del panorama cinematografico italiano, Miriam Galanti e Katia Greco. Miriam, incantevole in un abito settecentesco blu e oro, ha dichiarato: “Partecipare al Gran Ballo di Carnevale tra le Epoche è una splendida opportunità, una favola ad occhi aperti. Mi sembra di tornare bambina, voglio lasciarmi trasportare dalla magia di questa location e dai suoi partecipanti, tutti con abiti bellissimi e curati sino ai minimi dettagli. Sono davvero felice di condividere la passione di tante persone che vivono questo mondo con orgoglio e desiderano condividerlo.” Anche Katia è stata attratta dal fascino settecentesco e per la serata ha scelto un bellissimo abito rosa e verde menta: “Voglio farmi travolgere dall’energia della serata e dai suoi protagonisti. Facendo l’attrice mi è capitato di studiare qualche coreografia ma è la mia prima volta in un ballo di danza storica. Un’esperienza davvero unica”.

Il Gran Ballo di Carnevale tra le Epoche è stato un appuntamento con la cultura e la bellezza, un viaggio nel tempo e un gioco entusiasmante che indovina le rievocazioni di un passato che ci appartiene. La danza storica racconta con leggerezza un’intensa ricerca filologica che avvalora quella personale. Chiunque può ballare e lasciarsi andare.

Prossimi appuntamenti

23 febbraio 2019: DANZAINFIERA celebra i trent’anni di attività di Nino Graziano Luca e le Danze Storiche. Presentazione in anteprima della traduzione in inglese del libro di Nino Graziano Luca sui Gran Balli dell’800  “The Grand Balls of the 19th Century”, il quale sarà venduto nella piattaforma libri dell’Unesco. 

Fortezza da Basso, Firenze.

2 marzo 2019: Gran Ballo in Maschera, Distretto militare di Catania.

4 maggio 2019: Gran Ballo dll’800 sul Lago di Como,Teatro Sociale, Como. 

Immagini

“Gran Ballo di Carnevale tra le Epoche”, Compagnia Nazionale di Danza Storica, diretta da Nino Graziano Luca.

Sabato 16 febbraio, Pinacoteca del Tesoriere, Roma.

De André canta De André “Storia di un impiegato”

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Applausi ed un affetto immediato e totale accolgono Cristiano De André non appena questi appare sul palcoscenico della Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. <<Dovrò trasferirmi a Roma>> dice visibilmente colpito, riferendosi apertamente al calore che il pubblico capitolino da sempre gli riserva.

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Claudio Enea
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