Il magazine della tua Città

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CULTURA - page 125

La cultura italiana in tutte le sue forme dalla letteratura al cinema, dalla scultura al teatro

Il Rock di IRENE GRANDI a Roma

Roma, 22 Luglio 2020

Live report, pregalleria e galleria fotografica di Domenico Cippitelli

L’artista fiorentina si è presentata a Roma, dopo il successo di Sanremo e l’apparizione al concerto del primo maggio, durante il lockdown nella sua Firenze.

Accompagnata dalla sua band formata da Saverio Lanza alle chitarre e cori, Piero Spitilli al basso e Fabrizio Morganti alla batteria, ha ripercorso i classici dei suoi 25 anni di carriera.

Il primo bis è dedicato al maestro Ennio Morricone, con la ballata parte 2 del film Sacco e Vanzetti.

La scaletta del concerto:

  • Fuori
  • Cometa di Halley
  • Devi volerti bene
  • Eccezionale
  • Alle porte del sogno
  • Lontano da me
  • La tua ragazza sempre
  • In vacanza da una vita 
  • Un vento senza nome
  • Sono come tu mi vuoi 
  • Se mi vuoi
  • Finalmente io
  • Un bagno in mare
  • Prima di partire per un lungo viaggio
  • Bruci la città
  • Omaggio ad Ennio Morricone con la ballata di Sacco e Vanzetti
  • Bum Bum
  • Lasciala andare

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Ostia antica festival tra mito e sogno

CULTURA by

Musica classica, canto, spettacolo, commedia, e un ultimo saluto a uno dei più grandi compositori dell’epoca contemporanea. Su questi pilastri si costruisce l’Ostia Antica Festival, che a partire da martedì 14 luglio darà inizio alla sua quinta edizione. Intitolata Il Mito E Il Sogno, essa si presenta come una lunga retrospettiva di pensieri e visioni sul passato, il presente e il futuro, a cui prendere parte come boccata d’aria in un’Europa ancora tormentata dal Coronavirus. Oltre ad altri lutti, per i quali il Festival si è debitamente adoperato.

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Musica Nuda Live alla Cavea

Roma, 10 Luglio 2020

Live report, pregalleria e galleria fotografica di Domenico Cippitelli

Il duo Petra Magoni e Ferruccio Spinelli, si è esibito presso la Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, un connubio che dura da più di quindici anni, quando nel 2003, Petra ha chiesto a Ferruccio di accompagnarlo in un Tour voce e contrabbasso. Da quel momento è nata una magica alchimia che ha proposto un repertorio caratterizzato da brani da loro amati.

L’esibizione è passata da classici della musica Pop/Rock come Roxanne dei Police alle arie liriche come il “Nessun dorma” di Giacomo Puccini, ai classici della canzone italiana.
Ospite del duo la cantante Chiara Civello.

Pubblico insaziabile che ha richiamato il duo ad effettuare più bis.

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Max Gazzè – Auditorium Parco della Musica

Domenica 4 Luglio Max Gazzè si è esibito con la sua storica band, nel primo appuntamento dei concerti all’Auditorium.

La Fondazione Musica per Roma riaccende la musica con “Auditorium Reloaded”, una delle prime stagioni di concerti e spettacoli in Italia a riprendere nel pieno rispetto delle attuali disposizioni vigenti anticovid.

Un forte segnale di ripartenza voluto da Fondazione Musica per Roma dopo tre mesi di lockdown. La cavea progettata da Renzo Piano ospiterà 1000 spettatori.

Di seguito la scaletta:

  • Mille Volte Ancora
  • Vento d’Estate
  • Maledettissimi Impegni
  • Gli Anni Senza un Dio
  • Quel che fa Paura
  • Il Solito Sesso
  • Teresa
  • Raduni
  • Timido Ubriaco
  • L’Uomo più Furbo
  • Non era Previsto
  • Mentre <dormi
  • Cara Valentina
  • Favola di Adamo ed Eva
  • Progetto dell’Anima
  • La Leggenda di Crisalda
  • L’Amore non Esiste
  • Ti Sembra Normale
  • Sotto Casa

BIS

  • Preferisco Così
  • Posso
  • La Vita Com’è
  • Una Musica Può Fare

Ha aperto il Concerto Brando Madonia.

Pink floyd legend a Roma

CULTURA by

Chi dice Pink Floyd dice storia della musica, e ancor più della performance. Uno dei gruppi più influenti, creativi e potenti gruppi rock della storia, che ha sperimentato con decine di generi e raccontato la storia del rock. Nessuna sorpresa che, tra i loro fan, vi sia anche chi è stato ispirato dal loro talento e si esibisce regolarmente in tributo alla loro musica immortale. 

I Pink Floyd Legend, secondo le parole di TicketOne, sono “gli eredi più credibili del leggendario “Pink Floyd Sound” – un gruppo di tributo formatosi nel 2005, e i cui spettacoli curati e spettacolari rappresentano un seguito efficace e rispettoso dell’eredità immortale del gruppo a cui devono il nome. Si sono esibiti persino assieme alla stesso Roger Waters nel 2015, per l’anniversario dello Sbarco di Anzio. Ricevono l’approvazione del giornalista Andrea Scanzi, uno dei principali esperti sulla band, che nel 2016 è stato ospite d’onore della loro celebrazione per il quarantesimo anniversario di ANIMALS. 

Utilizzano strumenti ufficiali dell’epoca, incluse le chitarre elettriche più famose come Gibson Les Paul e Fender Black Strat. Ma la caratteristica più emozionante delle loro performance sono gli effetti video e visivi, che riempiono completamente il palco a partire dal grande schermo circolare mai spento alle loro spalle. 

Adesso si preparano al più grande evento “a tema Floydiano” della loro carriera, che si terrà il 27 agosto, alle ore 21. La cavea Parco della Musica di Roma accoglierà lo spettacolo del Pink Floyd Legend Day. La performance era originariamente fissata per il 18 luglio. La data rappresenta l’anniversario di cinquant’anni dell’album Atom Heart Mother, rilasciato nel 1970. L’esibizione, con tanto di coro e orchestra, è stata tuttavia rimandata a causa dell’emergenza Covid-19. Si è preferito rimandare ad agosto, con uno spettacolo non meno immenso. 

Sono aperte le prevendite su TicketOne e Booking Events

Pink floyd legend a Roma

CULTURA by

Chi dice Pink Floyd dice storia della musica, e ancor più della performance. Uno dei gruppi più influenti, creativi e potenti gruppi rock della storia, che ha sperimentato con decine di generi e raccontato la storia del rock. Nessuna sorpresa che, tra i loro fan, vi sia anche chi è stato ispirato dal loro talento e si esibisce regolarmente in tributo alla loro musica immortale. 

I Pink Floyd Legend, secondo le parole di TicketOne, sono “gli eredi più credibili del leggendario “Pink Floyd Sound” – un gruppo di tributo formatosi nel 2005, e i cui spettacoli curati e spettacolari rappresentano un seguito efficace e rispettoso dell’eredità immortale del gruppo a cui devono il nome. Si sono esibiti persino assieme alla stesso Roger Waters nel 2015, per l’anniversario dello Sbarco di Anzio. Ricevono l’approvazione del giornalista Andrea Scanzi, uno dei principali esperti sulla band, che nel 2016 è stato ospite d’onore della loro celebrazione per il quarantesimo anniversario di ANIMALS. 

Utilizzano strumenti ufficiali dell’epoca, incluse le chitarre elettriche più famose come Gibson Les Paul e Fender Black Strat. Ma la caratteristica più emozionante delle loro performance sono gli effetti video e visivi, che riempiono completamente il palco a partire dal grande schermo circolare mai spento alle loro spalle. 

Adesso si preparano al più grande evento “a tema Floydiano” della loro carriera, che si terrà il 27 agosto, alle ore 21. La cavea Parco della Musica di Roma accoglierà lo spettacolo del Pink Floyd Legend Day. La performance era originariamente fissata per il 18 luglio. La data rappresenta l’anniversario di cinquant’anni dell’album Atom Heart Mother, rilasciato nel 1970. L’esibizione, con tanto di coro e orchestra, è stata tuttavia rimandata a causa dell’emergenza Covid-19. Si è preferito rimandare ad agosto, con uno spettacolo non meno immenso. 

Sono aperte le prevendite su TicketOne e Booking Events

di Flaminia Zacchilli

Al McKay’s Earth, Wind e Fire Experience – Rock in Roma


Roma – Ippodromo delle Capannelle – 03.07.2019

Live report, pregalleria e galleria fotografica di Claudio Enea

Fra pochissimi giorni sarà passato un anno esatto dal concerto degli Earth, Wind e Fire o meglio la versione Experience guidata da Al McKay unico rappresentante e chitarrista della famosissima e numerosissima band di cui fu componente dal ’73 all’80.

Non abbiamo avuto modo di pubblicare l’articolo nei giorni appena successivi allo spettacolo, tenutosi per il Roma in Rock e lo facciamo ora, visto tra l’altro, che purtroppo il COVID-19 ha costretto l’organizzazione della manifestazione ad annullare l’edizione del 2020 dando appuntamento ai tantissimi estimatori, direttamente all’estate del 2021. A tale proposito apriamo un’altro filone legato proprio alla manifestazione del 2019 con una serie di concerti mai pubblicati, vi consigliamo quindi di rimanere sintonizzati su queste frequenze. 

Earth, Wind e Fire, una band che ha fatto la storia della disco tra gli anni ’70 e gli anni ’80. Più di 40 anni di carriera che arriva fino al 2016, anno della scomparsa del suo fondatore Maurice White. Il ventennio ’70-’80 quello di maggior successo, ma non solo, nella loro lunga attività hanno venduto circa 90 milioni di dischi, ricevuto 20 nomination ai Grammy Awards di cui 6 vinti, ottenuto 12 nomination agli American Music Awards vincendoli 4 volte. Nel 1995 hanno ricevuto una stella sulla Hollywood Walk of Fame di Los Angeles e nel 2000 sono stati inseriti nella Rock and Roll Hall of Fame.

Successi famosissimi, conosciuti sicuramente da tutti anche dai più giovani e riproposti dalla Experience, come September, Boogie Wonderland, Let’s Grove, Fantasy o After the Love Has Gone, hanno rallegrato la serata dei “purtroppo” pochi intervenuti.

Bravissimi tutti, ovviamente dalle voci alla sezione percussiva, per non parlare di quella fiati, fondamentali per il sound funky-soul della band, peccato, probabilmente il nome altisonante per i più datati, era meno conosciuto tra i giovani di quanto si poteva e si doveva attendere.

Band – Al McKay’s Allstars:
Al McKay – leader and guitar
Tim Owens – vocals
DeVere Duckett – vocals
Claude Woods – vocals
Freddie Flewelen – bass guitar
Ben Dowling – keyboards
David Iwataki – keyboards
Anthony Beverly – drums
David Leach – percussion
Ed Wynne – saxophone
Luis Gonzales – trumpet
Omar Peralta – trumpet
Shaunte Palmer – trombone

(Pregalleria)



App immuni e il mondo di Orwell

CULTURA by

Il Decreto Legge approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 30 aprile ha disposto l’utilizzo dell’App “Immuni” che verrà utilizzata per tracciare i contagi da Covid-19 e sarà disponibile per il download su Ios e Android. Questa applicazione utilizzerà la tecnologia Bluetooth e sarà sviluppata dalla software house Bending Spoons che annovera tra i suoi finanziatori – che sono da ricercarsi nel gotha globalista – la holding H14 di proprietà dei figli di Berlusconi, Renzo Rosso della Diesel che al Corriere della Sera ha fatto un dichiarazione sconcertante: «è tempo di rinunciare alla privacy e di farci tracciare da una App». 

Altre società che contribuiscono al finanziamento sono: la società Jackala in cui sono presenti Equity Club, la holding dei Marzotto e altri soci. Il fatturato di Jackala è di 250 milioni di euro e il suo fondatore è Matteo de Brabant, divenuto noto, nel 2016, per aver organizzato a casa sua una cena elettorale per Beppe Sala, candidato sindaco del Pd. 

Peccato che la sua Jakala Events avesse fatto “qualche lavoretto” per Expo 2015 del commissario Sala…L’ultimo nome poi è quello di Luca Foresti che guida la rete di poliambulatori “Centro medico Sant’Agostino” a Milano ed è vicino a Matteo Renzi, tanto da partecipare nel 2013 alla storica Leopolda che consacrò lo stesso Renzi premier.

Il premier Conte tuttavia ha assicurato che questo sistema informatico non sarà obbligatorio e garantirà l’anonimato e la privacy dei cittadini, non ci sarà la geolocalizzazione e i dati conservati – una sorta di diario clinico con informazioni su sesso, età, malattie pregresse e sullo stato di salute più in generale – verranno cancellati entro il 31 dicembre 2020.

Le assicurazioni del Governo in ogni modo ad alcuni commentatori giornalistici, uomini politici e persone comunihanno fatto sorgere dei dubbi e delle perplessità che questa App non sia altro che uno strumento di controllo sociale che, con la scusa della gestione della fase 2 dell’emergenza Coronavirus, hanno fatto affermare a taluni che ciò rappresenta una deriva “orwelliana” della politica italiana. 

Tuttavia già Google e Facebook e le loro applicazioni utilizzano sistemi di tracciamento e soprattutto il social di Mark Zuckerberg adotta una linea politicamente corretta e contraria ad ogni forma di dissenso dalla policy stabilita dall’imprenditore statunitense di religione ebraica.

Inoltre App simili esistono in altri paesi esteri come Israele, Corea del Sud e Singapore.

Non moltissimi conoscono però l’opera principale di George Orwell (1903-1950) che è sicuramente 1984 pubblicata nel 1949 a Londra, presentata per i lettori italiani a cura di Mondadori e ristampata molte volte sempre dalla casa editrice milanese.

Ci troviamo nella Londra del 1984. Il mondo è diviso in tresuperstati (Oceania, Eurasia ed Estasia) simili e in guerra tra loro. In Oceania la società è governata dal Socing, Il Socialismo Inglese, dal Grande Fratello che tutto vede e tuttosa. I suoi occhi sono le telecamere che spiano di continuo nelle case, il suo braccio la psicopolizia che interviene al minimo sospetto. Tutto è permesso, non c’è legge scritta. Tranne pensare, secondo il Socing. Tranne amare, se non per riprodursi. Tranne divertirsi se non con i programmi TV di propaganda. Dal loro rifugio, in un desolante scenario da Medio Evo postnucleare, «l’ultimo uomo in Europa» (questo è il titolo che avrebbe preferito l’Autore britannico nato nel Bengala) Winston Smith e la sua compagna Julia lottano disperatamente per conservare un granello di umanità.

Oggi che il day after è già arrivato e il 1984 è ampiamente passato, si può leggere o rileggere il romanzo per scoprire che cosa Orwell ha previsto di questi nostri anni. 

L’annullamento delle differenze ideologiche tra le superpotenze, la tecnologia alienante come mezzo di controllo sociale, la persecuzione degli oppositori politici in tutto il mondo da parte di stati totalitari di ogni orientamento politico ereligioso, la strumentalizzazione e la manipolazione dei mass-media o che altro?

Molto più che saggio è certamente da raccogliere il suo grido d’allarme contro l’indifferenza che tollera forze annichilenti, qualunque esse siano e in qualunque tempo esse si manifestino. La maggior intuizione orwelliana e la sua grandiosa fantasia di profeta visionario è quella che non dovrebbe oscurarne il carattere di monito per ogni futuro perché la libertà e la dignità individuale.

Per tornare a chi elargisce i soldi alla Bending Spoons e cioè figli di Berlusconi e imprenditori legati al Pd o a Matteo Renzi… Voi davvero mettereste i vostri dati personali in mano loro?

IL GIARDINO DEL TEMPO CHE PASSA

dal libro: “Un grande giardino” di Gilles Clément e Vincent Gravé (ed. Rizzoli)
progetto nato all’interno de La città lontana di triangolo scaleno
di e con
Tamara Bartolini e Michele Baronio
assistente compagnia e fotografia Margherita Masè
produzione Bartolini/Baronio | 369gradi

8 marzo ore 16.00 TEATRO | DOMENICHE D’INCANTO – ingresso 5 euro

«Ci sono luoghi che sembrano resistere meglio a una distruzione lenta e apparentemente inevitabile. […] In questi luoghi l’esperienza
della bellezza, del mistero vivente dell’essere è ancora accessibile ai comuni mortali» Gilles Clément

Il giardino del tempo che passa parte dalle suggestioni che il libro “Un grande giardino” ci ha regalato: ripassiamo il calendario, i mesi e le stagioni, per scoprirci giardinieri di questo nostro pianeta. Ci svegliamo e impariamo a salutare ciò che abbiamo intorno, a seminare, a far tesoro di tutto -di una persona smarrita, come di una pianta spontanea che resiste nonostante i gas della città-, regaliamo fiori, e ci innamoriamo anche, sempre curiosi di ogni diversità, ovviamente: perché ci sono alberi individualisti, alberi molto socievoli, erbe selvatiche sempre in lotta con altre piante ed erbe spontanee che non vedono l’ora di abbracciarti.

È la costruzione di un piccolo giocattolo letterario, fatto di parole sussurrate al microfono, musica e suoni lavorati con la loop station e immagini create live con la lavagna luminosa che si ispireranno alle illustrazioni del libro stesso. È un piccolo omaggio, uno sguardo immaginifico su un angolo del Giardino Planetario di cui scrive Clément e dandogli voce, ci inoltreremo con cura da giardinieri nel giardino che ha le origini più lontane, scandendone il tempo, ascoltandone le stagioni mese dopo mese, e scoprendo la vitalità di tutte le creature che lo abitano.
Per guida il libro illustrato per bambini di ogni età firmato da Gilles Clément e Vincent Gravé (ed.Rizzoli): un albo poetico e visionario.

Consigliato dai 4 anni in su.
Per informazioni e prenotazioni: info@spaziorossellini.it
Tel 3452978091
Spazio Rossellini via della vasca navale 58 – Roma

SHAKESPEAROLOGY UN’INTERVISTA IMPOSSIBILE A WILLIAM SHAKESPEARE

concept e regia Sotterraneo
in scena Woody Neri
scrittura Daniele Villa
luci Marco Santambrogio
costumi Laura Dondoli
sound design Mattia Tuliozi

produzione Sotterraneo
sostegno Regione Toscana, Mibact

residenze artistiche Centrale Fies_art work space, CapoTrave/Kilowatt, Tram – Attodue, Associazione Teatrale Pistoiese

***Sotterraneo fa parte del progetto Fies Factory, del network europeo Apap – Performing Europe 2020 ed è residente presso l’Associazione Teatrale Pistoiese***

trailer video 
https://vimeo.com/352223049

Dice Jerome Salinger: “quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono”. È da un po’ di tempo che volevamo usare il teatro come quella famosa telefonata, per incontrare Sir William Shakespeare in carne-e-ossa e fare due chiacchiere con lui sulla sua biografia, su cosa è stato fatto delle sue opere, su più di 400 anni della sua storia post-mortem dentro e fuori dalla scena – come se accompagnassimo Van Gogh al Van Gogh Museum o Dante in mezzo ai turisti che visitano la sua abitazione fiorentina.

Partiamo dall’immaginario collettivo per parlare con Shakespeare. Certo, non sarà il vero, autentico, originario William Shakespeare, ma se riusciamo a incontrare anche uno solo dei possibili Shakespeare, forse l’esperimento potrà dirsi riuscito.

Shakespearology è un one-man-show, una biografia, un catalogo di materiali shakespeariani più o meno pop, un pezzo teatrale ibrido che dà voce al Bardo in persona e cerca di rovesciare i ruoli abituali: dopo secoli passati a interrogare la sua vita e le sue opere, finalmente è lui che dice la sua, interrogando il pubblico del nostro tempo.

Spazio Rossellini 6 marzo ore 21.00
Biglietto intero euro 12 – ridotto euro 10

Biglietto studenti euro 8

Per informazioni e prenotazioni: info@spaziorossellini.it

Tel 3452978091
via della vasca navale 58 – Roma

RECENSIONI

Repubblica.it
di Valentina De Simone

visto a Kilowatt Festival 2019, Partecipare è normale, XVII edizione, Sansepolcro

Prima nazionale al Teatro della Misericordia di Sansepolcro, Shakespearology di Sotterraneo è un’incursione dissacrante ed esilarante nella figura di William Shakespeare e della sua arte, un one man show affidato al carisma e all’intensità interpretativa di Woody Neri. Sul palcoscenico vuoto, ad eccezione di uno sgabello nero decorato con una stella bianca, Neri in gorgiera e l’aplomb da rocker si fa avanti come un fantasma sbucato da un sogno e dialoga con le voci registrate di Sara Bonaventura, Daniele Villa e Claudio Cirri che lo incalzano di domande per riportarlo indietro agli episodi salienti della sua esistenza. Il matrimonio in giovane età, la paternità, il trasferimento a Londra, il crescente successo, lo Shakespeare di Neri canzona il pubblico con la sua narrazione compiaciuta e istrionica, inframmezzata da performance live alla chitarra acustica di grandi classici quali Desolation Row di Bob Dylan o Are You Lonesome Tonight? di Elvis Presley. L’eredità del Bardo ci conduce poi al cinema, con un’esilarante messa in scena in playback della morte di Mercuzio, replicando la sequenza di Romeo+Juliet di Baz Luhrmann. Neri intrepreta, al contempo, Leonardo Di Caprio e John Leguizamo, concedendoci, più tardi, una spassosa carrellata delle più celebri morti che Shakespeare ha destinato ai suoi personaggi. Dall’Inghilterra elisabettiana ai giorni nostri, con l’incertezza di un’arte, quella teatrale, in precariato continuo per la necessaria ricerca di finanziamenti. Shakespearology di Sotterraneo condisce l’orizzonte del divertissement con un affondo nei meccanismi stessi e nella pratica del fare teatro, messa in mostra, mentre è in azione, nei suoi dispositivi drammaturgici e di scrittura dei personaggi, nella relazione fra gli attori, nel coinvolgimento del pubblico. Un azzardo, il teatro, ieri come oggi, a cui però chiediamo ancora di farci scoprire l’ignoto.

TeatroeCritica.net
Sotterraneo. Il teatro senza Shakespeare è impossibile

di Alessandro Iachino

Ha debuttato a Sansepolcro, nell’ambito della XVII edizione di Kilowatt Festival, Shakespearology, nuova creazione di Sotterraneo

«Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira». È Holden Caulfield, lo studente ribelle e brillante, a sintetizzare in poche righe l’ineffabile esperienza di alcune, rare letture, quella relazione intima e necessaria, ancorché irreale, che soltanto pochi racconti sono in grado di stringere tra il lettore e lo scrittore. Posta in esergo a Shakespearology e pronunciata dalla voce off di Claudio Cirri, la citazione da Il giovane Holden sembra quasi istituire un cortocircuito di senso tra il Bardo – protagonista assoluto della nuova creazione di Sotterraneo – e J. D. Salinger; entrambi giganti della letteratura, entrambi parzialmente celati a qualsiasi sguardo panottico da zone d’ombra e reticenze, dal tempo e da un esilio autoimposto, i due sono forse accomunati anche da quelle narrazioni, spesso mitiche più che veridiche, che altri hanno tratteggiato a partire dalle loro, altrettanto misteriose, esistenze. Una volontà di disvelamento costituisce così l’istanza sottesa a questa produzione, presentata in prima nazionale al Teatro alla Misericordia di Sansepolcro durante la seconda giornata di Kilowatt Festival, diretto da Luca Ricci e Lucia Franchi: un tentativo, condotto secondo le consuete modalità dissacranti e avantpop di Sotterraneo, di raccontare William Shakespeare e al contempo quella galassia di stratificazioni che, a partire dalla sua opera, le arti tutte hanno contribuito a edificare. Di una shakespearologia, non a caso, si tratta: una risultante performativa di un approccio scientifico al proprio oggetto di indagine, un discorso che dal padre del teatro moderno prende le mosse, e che a esso sembra circolarmente – e doverosamente – tornare. È forse possibile immaginare il teatro senza William Shakespeare? Se la risposta negativa a questo interrogativo retorico sembra scontata, Sotterraneo sembra qui condurla alla sua più radicale conseguenza: lungi dall’essere soltanto necessario, l’autore dell’Amleto – ma anche delle bistrattate Allegre comari di Windsor – è qui eletto a condizione sufficiente dello spettacolo. Accantonati il sovraccarico di idee e il ritmo vorticoso di Overload, con Shakespearology il collettivo fiorentino mette in atto un processo sottrattivo, che riduce gli elementi scenografici – uno sgabello nero, decorato con una stella bianca – così come la varietà di soluzioni testuali, qui ricondotte a un dialogo tra le voci registrate degli stessi Sara Bonaventura, Daniele Villa, Claudio Cirri, e l’unico attore in scena. Evocato come un fantasma dal sogno – comune a ogni donna e ogni uomo di teatro – di potere condividere con lui chiacchiere e confessioni, William Shakespeare appare sul palcoscenico vuoto con attitudine da rocker, l’outfit aggressivo di una star della musica, e una filologica gorgiera che ne incornicia il volto e l’iconica capigliatura. Oggi, forse, il Bardo racconterebbe così le proprie storie, come un cantautore maledetto o l’avventore bislacco di un bar; oggi Woody Neri, quasi irriconoscibile, dona corpo ed energia al più grande drammaturgo di tutti i tempi, virando ora verso le tonalità della stand up comedy, ora concedendosi squarci lirici e commossi. Per meno di un’ora di durata – d’altro canto, come ci ricorda lo stesso Shakespeare quasi citando il tema cardine di Overload, la soglia di attenzione dello spettatore si è progressivamente e vertiginosamente accorciata – il drammaturgo, incalzato dalle domande, attraversa gli episodi salienti della propria vita: il matrimonio in giovane età, l’esperienza della paternità, il trasferimento a Londra, il crescente successo, la nascita della compagnia dei Lord Chamberlain’s Men e poi dei King’s Men. E tuttavia lo Shakespeare vulcanico di Woody Neri dileggia gli spettatori, affabula con compiacimento, mistifica e corregge le poche verità acclarate sul suo conto: inventa, come è naturale che sia, avventurosi episodi che sappiano conquistare la platea, ruba ad Anthony Burgess l’idea di un incontro fortuito con Miguel De Cervantes, inframmezza al racconto l’esecuzione alla chitarra acustica di classici quali Are You Lonesome Tonight? di Elvis Presley o Desolation Row di Bob Dylan. È in queste frequenti aperture rizomatiche che Shakespearology tradisce ogni quieta aspettativa sul suo fulcro concettuale, e rivela di essere una surreale mise en abyme, un divertissement che illumina, più ancora che la biografia del genio di Stratford-upon-Avon, la sua sterminata eredità transdisciplinare. Il cinema, in questo senso, appare esserne la manifestazione più evidente, in grado di condurre verso inaspettati esiti kitsch anche la straziante morte di Mercuzio: replicata in uno spassoso playback, la sequenza di Romeo+Juliet di Baz Luhrmann ambientata sulla spiaggia di Verona Beach è occasione per Woody Neri di interpretare, con trascinante istrionismo, Leonardo di Caprio e John Leguizamo, per poi incarnare un’esilarante antologia delle più celebri morti che Shakespeare stilò per i suoi personaggi. Ma Sotterraneo agisce il mash-up citazionista, a sua volta, come mero dispositivo atto a squadernare l’essenza stessa del “fare teatro”: ciò che Shakespearology compie, seppur nascondendosi sotto il mantello del più puro entertainment, è mostrare i meccanismi della costruzione drammaturgica, della scrittura del personaggio, della direzione degli attori, della creazione di una relazione con lo spettatore. A essere interrogato, più ancora che il fantasma di William, è lo statuto stesso di un’arte che da sempre sembra situarsi in pericoloso equilibrio tra la professione e la passione: oggi, così come nell’Inghilterra elisabettiana, sono la ricerca dei finanziamenti e il destino sempre incerto di uno spettacolo ad animare incubi e paure, a insinuarci il dubbio che in fondo il teatro non sia nient’altro che un azzardo. Eppure è al teatro che chiediamo, una volta ancora, di farci scoprire il rumore del mare: anche quando è a chilometri di distanza, anche quando non l’abbiamo mai ascoltato prima.

Reportcult.it
di Andrea Capecchi

Sotterraneo porta in scena una “chiacchierata impossibile” con Shakespeare

Pistoia – Cosa succederebbe se William Shakespeare tornasse per un’ora su un palcoscenico per raccontare al pubblico la propria vita?

Teatro Sotterraneo ha portato in scena al Funaro, in anteprima assoluta, “Shakespearology”, uno spettacolo “pop” che unisce autobiografia, indagine storica e letteraria, citazioni musicali e teatrali, dove la vita e le opere del Bardo – ma anche le profonde influenze che il suo teatro ha esecitato nei successivi quattro secoli – scorrono in una sorta di “chiacchierata impossibile” con “il più grande drammaturgo di tutti i tempi”. Un one-man-show scritto da Daniele Villa dove William Shakespeare – interpretato dal bravissimo Woody Neri – entra in scena con chitarra e occhiali scuri, intona un pezzo rock, inizia a dialogare con le voci fuori campo che lo invitano a raccontare la propria vita, cercando di chiarire insieme a lui alcuni dubbi sulla sua biografia, di scoprire particolari nuovi, di soddisfare le curiosità del pubblico, che finalmente, dopo più di quattrocento anni, può godere di questo privilegio esclusivo e assoluto, di vedere dal vivo Shakespeare e, seppur per poco tempo, conoscere la sua vita attraverso le sue stesse parole. È un dialogo serrato, a cui si accompagnano parentesi e divagazioni, ricco di “punzecchiature” e di osservazioni ora sarcastiche, ora piene di sincera ammirazione, che le voci sovrapposte degli attori fuori scena rivolgono al protagonista, in uno scambio rapido di battute un po’ nello stile della Gialappa’s. Shakespeare non si tira indientro: nei cinquantadue minuti dello show – un minuto per ogni anno di vita – il racconto della sua carriera teatrale, dalle origini provinciali all’arrivo a Londra, dai primi successi alla fondazione della compagnia dei Lord Chamberlain’s Men, dalla costruzione del Globe Theatre all’incontro con re Giacomo I, si intreccia con citazioni e riferimenti alle sue opere più famose, da “Romeo e Giulietta” a “La tempesta”, da “Amleto” a “Otello”, da “Macbeth” a “Re Lear”. Tragedia e commedia, in entrambe le quali Shakespeare fu grande maestro, si riflettono nel tono del racconto e nel carattere stesso del protagonista, talvolta ironico, scherzoso e confidenziale, talvolta invece serio, riflessivo, malinconico. Ne emerge il ritratto di un personaggio complesso, del quale ancora restano molte cose da capire e da scoprire, ma che forse, dopo quattrocento anni, non si conosceranno mai. Sulla sua vita sono fiorite tante leggende, tante “tesi del complotto”, tante ironie che lo stesso Shakespeare, sentendole riferire, non può fare a meno di spazzarle via con una risata. Eppure la sua figura di drammaturgo e poeta è ancora centrale nella cultura occidentale e le sue opere hanno influenzato artisti, musicisti, registi e scrittori dell’età contemporanea: da Melville a Burgess, da Luhrmann a Pasolini, da Modugno a Bob Dylan, in tanti hanno visto nel Bardo un punto di riferimento e una fonte d’ispirazione. Pur essendo riemerso dalla tomba dopo così tanti anni, lo Shakespeare di Sotterraneo è estremamente aggiornato sulla musica, sul cinema, sulla letteratura che hanno utilizzato le sue opere: un po’ meno, forse, sugli sviluppi del teatro “sperimentale” o “d’innovazione”, a proposito del quale avvia un gustosissimo colloquio con gli attori e i tecnici in sala. Il pubblico segue con attenzione, il ritmo è veloce e tiene gli spettatori incollati all’azione, stimolando allo stesso tempo una crescente curiosità verso Shakespeare e il suo teatro: viene davvero voglia di conoscere, di leggere, di prendere in mano una sua opera e recitarla. Anche questo è un merito dello spettacolo, in grado di rivolgersi a un pubblico di tutte le età, mescolando diversi linguaggi artistici senza risultare mai pedante, ripetitivo o eccessivamente didattico. Ma il tempo è ormai scaduto, è giunto il momento di morire di nuovo: “una cosa che mi riesce molto bene – afferma Shakespeare – nelle mie tragedie ho descritto decine di morti diverse!”. E mentre il Bardo si accascia sulla sedia, pronuncia le sue ultime parole, tratte dal finale de “La tempesta”: “noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita”.

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Claudio Enea
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