Herbarie

Herbarie: magia e mistero di antiche arti

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Al Teatro Trastevere, un viaggio sensoriale nel medioevo tra magia, natura e suggestioni ancestrali

Roma 12 febbraio 2025

Articolo e Foto di Grazia Menna

Herbarie è una pièce che intreccia il sapere delle erbe, il potere e l’universo femminile, trasportando il pubblico in un viaggio tra storia, magia e repressione..

L’opera è tratta dal testo omonimo di Silvia Pietrovanni e vede l’adattamento teatrale di Isabella Moroni , mentre la regia è affidata ad Ivan Cozzi . In scena troviamo Silvia Mazzotta (Lucia), Elena Stabile (Caterina) e Brunella Petrini (Mercuria).

Saggi, sante, streghe, ciarlatane e guaritrici: sono molteplici i nomi che, nei secoli e ancora oggi, sono stati attribuiti alle dominae herbarum, erboriste popolari dalle radici sacre. Herbarie esplora la figura storica di queste sapienti medievali, venerate dal popolo ma temute dal potere, tanto da essere condannate al rogo in quanto custodi di un sapere pericoloso. Un rito crudele che segnava la volontà di cancellare la conoscenza femminile. Questo spettacolo ridà voce a una memoria dimenticata.

Sul palco emerge la storia di Lucia, giovane herbaria che, avendo appreso l’arte della lettura e della scrittura, padroneggia anche la medicina naturale. Il suo racconto, ora nelle vesti di herbaria, ora nelle vesti di suora – e si scoprirà solo alla fine il perché – attraversa le generazioni della sua famiglia: la nonna Mercuria, detentrice di un sapere ancestrale, lo tramanda alla figlia Caterina, che a sua volta lo affida a Lucia. Le tre donne, erboriste e levatrici, incarnano il legame con la terra e la cura del corpo, divenendo figure fondamentali nella loro comunità. Esse sono anche le accabadore, coloro che concedono la buona morte con consapevolezza e pietà.

A minacciare il loro equilibrio e a sovvertire il corso degli eventi è l’arrivo di un inquisitore, figura emblematica che si staglia come eco del presente dominato dalla Chiesa, testimone dell’eterna lotta tra l’ortodossia religiosa che ai assurge a “conoscenza universale”, la medicina accademica, tradizionalmente maschile, e quella popolare, femminile, basata sull’ascolto e sull’esperienza diretta del corpo. Mercuria finirà vittima di questa oppressione, ma il suo sapere non si spegnerà: continuerà a vivere, tramandato di generazione in generazione, fino a oggi, attraverso la figlia e la nipote che, paradossalmente, troverà rifugio dalla persecuzione ecclesiastica e da morte certa, proprio tra le mura di un convento.

Tre donne, tre destini intrecciati, tre anime connesse ai riti del femminile, alla natura e alla guarigione. Fin dagli albori dell’umanità, questi elementi hanno rappresentato la loro libertà espressiva. La narrazione teatrale si snoda tra dedizione e ribellione, tra creatività e politica, svelando come le donne siano state a lungo escluse dai saperi ufficiali. Attraverso un racconto che fonde verità storica e dimensione emotiva, Herbarie svela tanto la vitalità quanto l’ombra di questo legame tra donna, medicina e potere. Ogni interprete incarna una diversa forma di conoscenza: quella arcaica e simbolica legata agli archetipi, quella concreta dell’uso pratico delle erbe e quella proiettata verso il futuro.

Chissà se l’erbaria Lucia nelle vesti della suora Lucia e con una penna d’oca nella mano sinistra, intesa a significare la sua capacità nello scrivere – non usuale per i tempi – sia mancina per natura o lo sia per scelta drammaturgica, perché si dice da sempre: la mano mancina, la mano del diavolo! e qui la ” presunta strega” che si fa suora apre una riflessione profonda sulla commistione tra riti ancestrali e religione.

L’interpretazione delle tre protagoniste è stata coinvolgente soprattutto nel finale quando, nei passaggi recitativi è venuto fuori l’ardore e la vigoria recitativa nel calarsi nei ruoli di streghe, anzi meglio: di herbarie. A supporto dell’azione recitativa, una scenografia che rimanda alle tipiche abitazioni del periodo, con la presenza di oggetti legati alla pratica di pozioni miracolose, con un mortaio di ampia grandezza, a simboleggiare proprio l’antica tradizione del pestare le erbe. Le musiche, ideate e scritte per questa pièce sono di Tito Rinesi.

Ridefinire il ruolo della donna e il valore delle sue competenze, riscoprire la profondità della medicina antica e il legame con i ritmi naturali, gettare luce sulla sapienza femminile sepolta dalla storia: queste sono le anime pulsanti di Herbarie.

Si ringrazia Teatro Trastevere e l’Ufficio Stampa della compagnia nella persona di Andrea Cavazzini, per aver reso possibile questo racconto per immagini.

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