Ombre sul Campo: Le Giacchette Nere senza Fischietto - Roma
Quell'Ultima Parata

Ombre sul Campo: Le Giacchette Nere senza Fischietto

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Calcio, storia e potere in una pièce che svela il volto nascosto del pallone allo Spazio Diamante di Roma

Roma, 18 febbraio 2025

Articolo e foto di Grazia Menna

Allo Spazio Diamante di Roma, Fabrizio Bancale ha portato in scena la pièce Quell’ultima Parata, lavoro già andato in scena nel 2015 al Ridotto del Mercadante. E’ la storia di Mario Seghesio, detto Gheghe, giovane talento calcistico scomparso prematuramente. La sua opera teatrale intreccia con maestria la passione per il calcio alle vicende storiche dell’Italia durante il ventennio fascista, ampliando lo sguardo agli eventi mondiali dell’epoca.

Scritto e diretto dallo stesso Bancale, lo spettacolo offre una profonda riflessione su dedizione, sacrificio e disillusione nel mondo del pallone, dipingendo al contempo un vivido affresco della società italiana di quegli anni. A dare vita alla narrazione, il talento del giovanissimo Giuseppe Franchina, al suo debutto teatrale nei panni di Seghesio, dall’infanzia all’età adulta. Accanto a lui, Urbano Lione, che interpreta sia la figura paterna quanto il leggendario Calì, e Gaia Riposati, nei ruoli della madre e dell’amata di Mario.

La drammaturgia di Bancale si sviluppa attorno alla storia della squadra calcistica Andrea Doria e del suo campione, Mario Seghesio. Ambientata in un periodo cruciale per il calcio italiano, la pièce riporta il pubblico al 1910, anno del debutto ufficiale della Nazionale italiana. Il 13 gennaio di quell’anno, la FIGC annunciò la formazione della prima squadra nazionale composta esclusivamente da giocatori italiani. Il 15 maggio, all’Arena Civica di Milano, l’Italia esordì con una vittoria schiacciante sulla Francia per 6-2.

Fu un’epoca in cui il calcio iniziava a radicarsi nel tessuto sociale, con la nascita delle prime squadre ufficiali e l’organizzazione dei campionati nazionali. Lo spettacolo cattura l’essenza di questo momento storico, mostrando come le dinamiche politiche e sociali dell’Italia post-unitaria si riflettessero nel calcio, simbolo di identità e coesione nazionale. Attraverso la crescita di Mario, il pubblico ripercorre la storia d’Italia, incontrando personaggi come Ridolini e rivivendo eventi drammatici: le migliaia di giovani vite spezzate dalla guerra – che causò la sospensione del campionato –, l’assassinio di Matteotti e l’opprimente regime fascista, incarnato dalle “giacchette nere” senza fischietto.

Lo spettacolo si avvale di pochi ma evocativi elementi scenici: una pagina del giornale “Il Caffaro”, una macchina da scrivere degli anni ’20, abiti d’epoca che riportano alla moda del primo Novecento. Il padre veste un gessato nero, la madre scarpe con cinturino alla caviglia, Mario pantaloni alla zuava. Questi dettagli rafforzano l’immersione nella narrazione e aggiungono autenticità alla rappresentazione.

Ciò che rende questa pièce ancor più coinvolgente è l’interpretazione degli attori. Franchina conquista il pubblico con la sua espressività gestuale e verbale, amplificando il potere evocativo della parola. Lione è un convincente padre e tifoso del figlio, mentre Riposati, nel doppio ruolo di madre severa e poi affranta dalla perdita di Mario – che morì dopo un incontro della sua squadra nella quale militava come portiere titolare, a causa del colpo violentissimo ricevuto per una pallonata in pieno patto – offre una performance intensa, arricchita dal canto in dialetto ligure Ma se ghe pensu, struggente omaggio alla nostalgia degli emigrati genovesi in Argentina.

La scenografia gioca con le proiezioni di immagini d’epoca, di titoli di giornali, di spezzoni di vecchie glorie dell’intrattenimento cinematografico e lo schermo è il corpo della madre di Mario; l’abito bianco di questa donna, sul quale passano gli eventi cardine del tempo, il corpo di una donna che è costretta a subire gli eventi. Diverso l’abbigliamento dell’amore di Mario, sempre interpretato dalla Riposati che sfoggia un basco rosso, rosso il colore dell’irruenza e difatti ella sarà colei che abbandonerà Mario per una lotta contro il potere del regime fascista, ella è la donna d’azione.

Nelle pieghe del racconto si cela la dolorosa storia del ventennio fascista, che portò alla morte di migliaia di giovani e alla sospensione del campionato. Bancale suggerisce anche una riflessione sull’evoluzione consumistica del calcio: nel dopoguerra, quando gli italiani cercavano una normalità attraverso questo sport, il calcio divenne progressivamente un business nelle mani delle famiglie industriali. La scenografia, con due sagome raffiguranti calciatori del biliardino, suggerisce il rischio che i giocatori si sarebbero trasformati in semplici pedine del profitto, privati di appartenenza e identità.

Attraverso una narrazione che risulta assai avvincente, soprattutto quando collegata agli avvenimenti storici che stravolsero il mondo – dalla guerra al delitto Matteotti, passando per la figura di Lev Trotsky –, e personaggi ben delineati, Quell’ultima Parata esplora temi come la ricerca del successo, le sfide personali e le speranze collettive. La pièce offre così una prospettiva unica su come le radici storiche del calcio italiano abbiano influenzato la società e la cultura del paese, regalando al pubblico un’esperienza intensa e profondamente coinvolgente.

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