“Terapia di gruppo”, intervista a Chiara Becchimanzi: il tour in cui la luce del sorriso e la gioia della risata incontrano la psicologia.

Chiara Becchimanzi, uno dei volti più solari del panorama comico italiano, ha iniziato fin da piccola col teatro: già dai 16 anni con le sue performance seguiva la scuola del teatro dialettale di Eduardo De Filippo. La sua passione, poi, è maturata ed è andata oltre il semplice periodo adolescenziale trovando risoluzione nel conseguimento della laurea triennale e nella specialistica in “Saperi e tecniche dello spettacolo” all’Università La Sapienza di Roma. Ha frequentato poi l’Accademia internazionale di teatro, sempre a Roma. Infine ha fondato “Valdrada” nel 2010, la sua compagnia teatrale attiva ancora oggi. Si è avvicinata al mondo della televisione grazie a Daniele Fabbri e all’ambiente della stand up comedy romana, fino ad essere inserita all’interno della squadra di Comedy Central e Zelig C-Lab.

<<Ho partecipato anche alle tournèe internazionali della compagnia “Onda d’urto” e poi nel 2016 ho iniziato a scrivere monologhi comici debuttando nello stesso anno con “Principesse e sfumature” uno spettacolo che univa insieme stand up comedy e teatro. Qual era il tema? Beh, era un po’ come il mio diario di psicoterapia>>.

Quanto fa bene aprirsi all’ascolto di noi stessi? E quanto rassicura, invece, sapere che nei nostri drammi e nelle nostre idiosincrasie non siamo soli? La terapia di gruppo, in psicologia, è una forma di terapia che si realizza quando un gruppo di persone travolte da problematiche simili, si riuniscono in presenza di uno psicoterapeuta per condividere e mettere insieme le esperienze di ognuno, cercando di restituirsi un ritorno alla normalità tramite l’interazione.

<<Terapia di gruppo deriva dalla mia passione per la psicologia, disciplina che mi piaceva non solo in ambito accademico ma che mi accompagna quotidianamente tra familiari e care amiche che sono psicoterapeute>>.

Non a caso, infatti, il primo monologo comico dell’artista è scaturito proprio dalla sua personale esperienza da paziente dopo aver vissuto l’abbandono della propria psicoterapeuta. Recuperando gli insegnamenti di un grande autore italiano del novecento, in un’ottica sveviana dell’attività della scrittura come terapia del proprio essere alla ricerca di autoconsapevolezza, ci troveremo facilmente d’accordo con Chiara Becchimanzi quando afferma di aver voluto scrivere per continuare da sola la propria terapia come solo lei sapeva fare: con la comicità.

Afferma: <<Scrivendo mi sono resa conto che ogni spettacolo è una forma di terapia non solo per me ma anche per il pubblico, soprattutto quando ci si ritrova ad affrontare insieme tematiche inclusive e universali. Nel caso di Terapia di Gruppo, infatti, cercavo un po’ l’evoluzione del mio primo spettacolo>>.

Poi è subentrato improvvisamente il Covid e la pandemia per cui le attività teatrali – e non solo – hanno subito una battuta d’arresto: il virus si è portato via il tempo, si è portato via vite, abitudini e modi di essere, facendo  sì che anche il pubblico, per certi versi, cambiasse. Chiara ci ha spiegato che, una volta tornata sul palco, la difficoltà di interagire con un pubblico diverso sicuramente non sarebbe stata da poco, ma anche qui la mente dell’artista – di un’artista comica, in particolare- ha navigato davvero in un mare di possibilità, fino a trovare il format perfetto per questa nuova sfida.

<<Oltre ad attingere al mio repertorio classico per ottenere, inizialmente, il clima giusto e disteso che voglio creare durante i miei spettacoli, ho pensato ad un nuovo modo di rapportarmi al pubblico: questa volta parlo proprio con gli spettatori e le spettatrici cercando di capire come si sentono, quale sia il loro stato d’animo e quali sono gli argomenti su cui vogliono ironizzare: da lì improvviso. La bellezza sta nel fatto che lo spettacolo cambia di sera in sera>>.

L’improvvisazione, se gestita con maestria, è un’arte vera e propria. L’artista, il comico, l’attore, il giornalista si ritrova a non avere niente di preconfezionato, di prefigurato, nessun appiglio di riferimento: e quando di fronte a te hai un consistente numero di persone che si aspetta la tua performance migliore, la situazione si complica non poco. Lì nasce il genio, l’intuito, il talento.

<<Durante l’improvvisazione può succedere di tutto, può capitare che qualcuno rimanga contrariato per qualche battuta, può capitare che uno spettatore voglia parlare con te su un determinato argomento. Poi il caso fa sì che ti si presenti un bambino in prima fila che non ti dimenticherai mai più… io salgo sul palco non tanto per scatenare forzatamente una risata, ma perché voglio regalare nuovamente all’evento teatrale la sua autenticità>>.

Autenticità e intime emozioni sono gli ingredienti giusti per la buona riuscita di uno spettacolo, in una condivisione empatica che mette tutti in gioco: sia l’artista che il pubblico. Non si pensi che, in questo caso, la parte attiva non sia coinvolta in questo meno di quanto lo siano gli uditori: la terapia di gruppo la fa lo psicoterapeuta, la terapia di gruppo è anche –forse soprattutto- del comico.

<<È il pubblico a guidarmi creando con me un’interazione profonda che unisce le diversità di tutti. A fine spettacolo si respira aria nuova, ci si sente diversi. Io mi espongo molto, non mi limito solo per lo scopo di far ridere: accetto il rischio. Esprimo il mio punto di vista, anche opinabile, mi espongo totalmente e spesso il pubblico lo apprezza. Anche se non è d’accordo il clima è sempre quello dell’accoglienza e dello scambio>>.

Ma come ci si sente dopo una terapia di gruppo? Con quale stato d’animo si ritorna a casa tra le proprie cose e la propria vita? Il messaggio, in fondo, è intensamente pluralistico in questo caso: cambia di persona in persona, di contesto in contesto e, limitatamente alla vita di ognuno, si adatta alla perfezione come un pezzo mancante che riesce a dare un senso anche alle piccole cose che prima forse non ci spiegavamo. Un senso integrato alla nostra fragilità, ai nostri problemi, ai nostri blocchi emotivi.

<<Il messaggio è che non c’è solo messaggio: ho ricevuto dei feedback meravigliosi dopo gli spettacoli nelle mie piattaforme social. Ho ricevuto un “mi sono sentita meno sola sapendo che tutti abbiamo le nostre fragilità”e poi un “ho riso per cose per cui non avrei mai creduto di poter ridere”, addirittura una ragazza mi ha scritto che grazie al mio spettacolo è riuscita a superare un suo blocco intimo/sessuale… più terapia di così? Si tratta di un omaggio alla complessità, alla pluralità: all’importanza del sapersi ascoltare e a prenderci un momento per noi. Ma, soprattutto, serve a me che rinasco sempre da queste esperienze>>.

di Ginevra Lupo

Le prossime date del tour:

3 aprile: Zelig (Milano)

5 aprile: Off Topic (Torino)

13 aprile: Reggio Emilia

19 aprile: Aprilia

Dal 20 al 27 maggio: Sicilia tra Catania, Siracusa, Ragusa

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