Con un nome d’arte affascinante e una carica heavy travolgente, Sesto Rigo esordisce da solista dopo 30 anni di carriera musicale tra le rock band. La dedica è ad una “Regina” eterea, che senti ma non vedi: la musica.
<<Mi piace usare Sesto Rigo come nome d’arte, mantenendo fede alla mia volontà di tener separata la mia vita privata dal contesto musicale. Sesto si configura come una parola ambivalente perché presa da sola potrebbe sembrare un nome proprio di persona: se unita a “rigo” però richiama ad un “di più”>>, ci confida l’artista.
A quel “di più” che sarebbe un ipotetico sesto rigo del pentagramma, quel principio grafico costituente della musica che ci permette di mettere per iscritto le note, cristallizzando una melodia che parte da dentro.
Non ci sono regole che la musica rispetti nell’eleggere i suoi aedi, questi ultimi sentono echeggiare un richiamo e basta rispondendo ad un’esigenza che, a volte, trascende anche il loro essere, che li richiama costantemente anche quando si allontanano da lei.
<<Ho iniziato con i “Per aspera ad astra”, a 18 anni e già all’epoca componevo i miei primi pezzi: era il 1993 ed ero il tastierista della band. Eravamo tanti musicisti ma senza un cantante. Per gioco uno di noi con la chitarra si mise a suonare “Brava Giulia”, il famoso brano di Vasco Rossi e io presi il microfono in mano: alla fine della mia performance improvvisata, ero stato eletto voce del gruppo senza rendermene conto>>.
E “bravo Sesto”, che si è preso la vita che voleva e che ha trovato un filo conduttore così giovane: un sottofondo, l’accompagnamento migliore. Una carriera da musicista può avere mille sfumature, alti e bassi, a volte compromessi, certe altre, rinunce. Far combaciare vita privata e vocazione per la musica non è sempre facile perché la prima ci riporta ad un mondo di scadenze e doveri tra gli studi e il mondo del lavoro, ci regala doni sbalorditivi come l’amore, i figli… la seconda invece prende le distanze per darci la possibilità di comunicare con noi stessi e mettere a nudo le nostre emozioni.
<<La mia esistenza è stata un continuo andirivieni tra il mondo della musica e la vita privata: ho deciso di laurearmi ma poi dopo la laurea sono tornato a suonare con gli “Aranciata Meccanica”, un nome volutamente ironico. Poi con il lavoro, i figli… mi sono fermato per qualche anno. Infine ho ripreso a Mantova, la città in cui lavoravo: ho creato un gruppo con cui suonavamo nei locali solo i miei pezzi. Vista la buona risposta del pubblico abbiamo avuto l’idea di fare un concerto il 18 febbraio del 2006, con tanto di locandine. Abbiamo cantato per almeno 170 persone, è stato un successo personale toccante>>.
Un ricordo vivido, tangibile e concreto come il patto silente ma più ufficiale che mai che Sesto Rigo ha stipulato con la musica: un patto di libertà. Il suo “lasciapassare”, come lui la definisce, tra due mondi che spesso sono in un rapporto conflittuale: un al di qua della vita con tutte le sue emozioni compresse e un al di là della vita con la musica che riesce a liberarle e a farle esplodere senza portare con sé il minimo senso di inadeguatezza.
<<Quel concerto decisi di chiamarlo “Lasciapassare”, per dare risalto all’idea che io ho della musica: una sorta di badge tra me e la vita. Quando ci si sente vivi? Quando è accettato o accettabile esprimere liberamente le proprie emozioni con un sistema di regole non scritte e solo nostre che nel mio caso trovano ascolto nella musica: piangere su un palco è bello, emozionante. Piangere per le contingenze legate alla vita, un po’ meno tanto che, stare lontano dalla musica, è sempre stato un peso emotivo per me>>.
Una vita musicale dinamica, eclettica, con numerosi progetti a riempire continuamente il suo cassetto di esperienze: Sesto Rigo è tornato sempre dalla musica e lei lo ha accolto a braccia aperte, come fa l’amore. Nel 2017, con la band “Girone 10” è tornato con pezzi d’autore e ancor oggi è la voce dei Maybe, un gruppo cover di canzoni degli anni ’70/’80. Idem per i The Smoking Bones, un gruppo punk-rock.
<<Il mio passaggio a solista non sta mettendo da parte la mia esperienza nelle band. Tutto è in continuità: con il progetto Sesto Rigo sto andando avanti sperimentando un rock più leggero ma non è escluso nulla: non abbandono le band ritrovandomi spesso a collaborare con alcuni membri separatamente per nuovi progetti comuni e allo stesso tempo non impongo loro nulla>>.
Ci siamo chiesti come, in quasi trent’anni di carriera, un artista riesca a trovare sempre nuova ispirazione mettendosi in gioco. Sembra che alcune persone abbiano un’eccedenza dell’anima che le spinga sempre avanti, sempre al di là, sempre con qualcosa da esprimere e da proporre.
<<Mi piace paragonare la mia attività a quella dei pittori. Hanno sempre con sé una tavolozza piena di colori che poi armonizzano per creare un’opera d’arte. Ecco, per me quei colori sono le emozioni che sono rimaste intrappolate nei ricordi del mio passato, che hanno bisogno -e diritto!- di uscire fuori, trovando piena espressione e compimento>>.
E infine arriviamo a Regina, il brano uscito il 18 marzo: la “Regina” che ispira chi la sente, la musica nel suo senso più ampio, in tutte le sue forme invitanti ma a volte anche sfuggenti.
<<La donna, Regina, per me è un po’ una musa ispiratrice, anche se nel caso specifico il collegamento allegorico non risulta, forse, così immediato. Se dovessi dare un nome alle emozioni con cui ho cercato di “dipingere” Regina, quei nomi sarebbero sicuramente paura, desiderio e amore: mescolati hanno dato vita al brano>>.
Una sfida, una lotta concettuale che nel video della canzone si realizza in una partita a scacchi di cui non è stato premeditato in alcuna maniera l’esito. Lui che “si confonde credendo di essere un re in un altro tempo” perde, lei invece vince. Un gioco di distanze, di qualcosa che si vorrebbe vivere senza alcuna garanzia di un esito scontato.
<<Alla fine lei, con tutta probabilità, non voleva neanche vincere: ecco perché nella scena finale getta via con un unico gesto tutte le pedine. Lui fa un errore –quasi stupido – ed è scacco matto: la delusione di lei è palpabile>>.
Ma se c’è una sfida, e chi ha vinto rifiuta la vittoria, che senso ha avuto il conflitto? Alla nostra domanda: ma allora, dunque, le sfide sono inutili? Sesto Rigo ha risposto con la saggezza di chi ha provato sulla propria pelle cosa vuol dire equipaggiarsi per delle battaglie che in fin dei conti sono sempre di dubbia utilità quando si tratta di un conflitto con l’esterno, ma non lo sono altrettanto nei confronti di noi stessi, quando il conflitto è interno ed è proprio quello che rende difficoltoso il rapporto con la “vita di fuori”:
<<Forse non l’ho pensato mentre scrivevo Regina, ma a così a caldo, a pensarci bene, tutte le sfide sono un po’ inutili, no? Le battaglie che crediamo di combattere all’esterno non sono, infondo, sempre battaglie contro noi stessi?>>.
di Ginevra Lupo
Link alla canzone e invito all’ascolto: https://www.youtube.com/watch?v=tM9WoqeAyB0