Dalla presa dell’ambasciata americana alle sanzioni odierne, l’Iran di ieri e di oggi.

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Dalla presa dell’ambasciata americana alle sanzioni odierne, l’Iran di ieri e di oggi.

Novembre 1979, un anno dalla  partenza dello Scia Reza Pahlavi e il ritorno trionfale dell’Ayatollah Khomeini la situazione a Teheran è molto calda, esecuzioni sommarie e continue manifestazioni contro l’odiato nemico americano si susseguono in tutta la città saldamente in mano alle guardie della rivoluzione. Presi in ostaggio i diplomatici americani, unico caso nella storia moderna fino a quel momento, un evento di brutale efficacia mediatica durato 444 giorni.

Uno spartiacque nella politica americana nel medio oriente ma anche un momento difficile dello stesso Iran che vogliamo analizzare con la testimonianza di Esmail Mohades, rappresentante del movimento degli Studenti Iraniani in Italia, che proprio in quei giorni lasciva il paese per giungere in Italia.

EA – Quattro novembre 1979, l’ambasciata americana viene assaltata dal movimento degli studenti, perche?

Esmail Mohades: Perché il nuovo regim,e uscito da poco ad una grandiosa rivoluzione, decide uno scontro frontale con la superpotenza, che oltretutto, gli ha dato una grossa mano a salire il potere? Se continuiamo a calcare mainstream, suscitiamo sì meno perplessità, ma non inquadriamo il problema per quello che è, Il nocciolo del problema va cercato nella natura dello stesso regime teocratico insediato nel paese più laico del Medio Oriente. Quindi il problema fondamentale del regime iraniano sono gli iraniani e le forze democratiche e progressiste presenti in Iran di allora, sebbene piccole e inesperte. Queste avevano contrastato lo sciah e la politica americana in Iran e per questo possedevano un potenziale consenso popolare. Quindi il regime prende il toro per le sue corna: colpisco l’America come posso, presa dell’ambasciata, conquisto l’arma dell’anti America, molto in auge allora, in fine ho un importante nemico, l’alibi per decimare ogni voce dissidente interna. Il regime ha avuto successo in questo.

EA: Quali furono le reazioni all’interno de movimento?

Esmail Mohades: In quel periodo la massa degli iraniani quadrava tutto con stupore. Nel senso che dopo pochi mesi dalla caduta dello sciah tutto andava verso una direzione mai immaginate. Un gruppo zelante, con il consenso di Khomeini, con la presa dell’ambasciata ha superato i suoi concorrenti interni e fatto fuori i nemici. Molti degli studenti che hanno preso l’ambasciata negli anni ’80 hanno insanguinato il paese e fatto cose atroci nelle carceri, poi durante la presidenza di Rafsanjani, 1989-97, sono stati estromessi dal potere, per ritornarci poi in veste dei riformisti.

Qual’era la situazione in quei giorni a Theran?

Esmail Mohades: In quei giorni la maggioranza della popolazione si metteva fuori, grazie anche alla repressione che andava sempre più verso confini atroci. Il regime si preparava verso una chiusura totale degli spazi democratici, che poi è avvenuto nell’estate dell’81.

EA: Dopo il tentativo di liberazione andato male quale fu la reazione del movimento?

Esmail Mohades: Ha gonfiato l’immaginazione di chi pensava di stare umiliando la superpotenza e messo in evidenza la totale incapacità dell’Amministrazione di Carter. La liberazione degli ostaggi dopo 444 giorni, con risultato di tirar giù il povero Carter, è avvenuta quando si annusava che Reagan non avrebbe continuato la linea politica di Carter. Il Paese ha pagato caro in termini politici, economici e di immagine, ma gli autori avevano ormai ottenuto il loro risultato.

EA: Oggi Trump riprende la strada selle sanzioni, potrà mai esserci un nuovo 4 novembre 1979?

Esmail Mohades: L’Iran di oggi è spompato del tutto. Le sue principali armi usate per la sopravvivenza, repressione interna e terrorismo esterno, sono del tutto spuntate. Basta osservare le notizie della rivolta in Iran e gli arresti dei terroristi iraniani, in Belgio, Francia, Austria e Danimarca, ammesso che queste notizie arrivino. Stiamo assistendo la fine di un regime inglorioso, che solo l’Europa. L’Italia, a stento, pensa di salvare.  

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