EVENTI - Page 28

Presentazioni di libri, fiere e incontri, la cultura attraverso i libri

Michela Murgia e Azar Nafisi

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Quello che non si può più fare nella aule si fa nel privato, viaggio nell’immaginario di Nabokov.

Michela Murgia dialoga con Azar Nafisi.

Azar Nafisi: «Nello scrivere “Le cose che non ho detto” volevo vedere se sarei stata in grado di scrivere senza menzionare la Repubblica Islamica, uno dei poteri occulti del regime è portare le persone a pensarsi come prede, funziona come il panopticon, l’arte e la letteratura, sottratti al controllo, diventano spazi franchi. Ogni regime ha un obiettivo: assumere il controllo delle parole e delle narrazioni.

L’Italia per me è la Repubblica dell’immaginazione, l’Italia mi ha accolta, mi ha fatto sentire a casa. L’Italia parla al mio cuore. Io ho sentito e provato questa libertà attraverso la letteratura, a tre anni e mezzo papà mi raccontava delle storie e lo faceva in modo democratico. Quindi sì, pur stando nella mia stanzetta in Iran, il mondo veniva a me. La letteratura per me è stata un modo per percepire e vedere due delle caratteristiche umane del mondo:

Curiosità, perché è noioso pontificare su se stessi. La letteratura e l’arte devono essere fatti da altri, Nabokov disse che la curiosità insubordinazione nella sua forma più pura, originaria.

Empatia, non possiamo essere ovunque nel mondo, ma possiamo leggere di quello che accade. Il grande scrittore è colui che esprime la sua vita anche nel personaggio cattivo.

Noi sappiamo come nella Repubblica Islamica le carceri si sono riempite di artisti, dobbiamo chiederci, che potere hanno? L’unico potere è l’arte, le parole. Cos’è che ha spaventato tanto l’ayatollah? Perchè ha paura della penna? 

È qui che risiede il potere sovversivo dell’arte.

Donna, vita, libertà!

Quando il 16 settembre scorso è stata uccisa Amini abbiamo iniziato ad osservare l’Iran con occhi diversi, forse ancora più pregiudizievoli, come una pentola da cui è saltato un coperchio, naturalmente con i nostri filtri, ma man mano che il tempo passava la complessità ha iniziato a far capolino, nostro malgrado. Nel libro “Le cose che non ho detto” Nafisi parla dell’Iran, affermando che i bersagli del regime religioso non erano solo politici, ma qualunque cosa o persona promuovesse la diversità e l’individualità delle voci, ovvero le donne, la cultura e le minoranza.» 

«Ma perchè le donne sono un innesco di ribellione così efficace?» chiede Michela Murgia

«La mentalità iraniana e radicale non tollera le differenze, chi si esprime in modo diverso. In ogni Paese, le donne rappresentano la metà della popolazione, in Iran la religione le ha rese invisibili, parlando della minoranza e della cultura, questi non sono stati i primi obiettivi, i primi sono state proprio le donne. 

Il 9 marzo 1979 l’ayatollah ha obbligato le donne a indossare il velo, in migliaia si sono riversate in massa nelle strade dicendo che la libertà apparteneva al mondo nella sua totalità, come reazione da parte delle forze armate del regime ci sono stati diversi attacchi: con l’acido per sfigurarle, con forbici e coltelli per ferirle e annientarle. Ma le donne non si sono arrese, da sempre sono un gruppo privato di diritti, per questo sono sempre in prima linea, perchè sono le più oppresse. La lotta che c’è ora in Iran non è politica, ma esistenziale, quando ti viene dette che tu non sei quello che credi di essere, quando vogliono farti diventare un prodotto del regime, l’unica soluzione, seppur rischiosa, è reagire. La creazione di prodotti del regime era l’unica strada possibile da intraprendere per appiattire le personalità, per creare uniformità e imporsi come totalitarismo. Ma le donne hanno resistito, nessuno ha il diritto di sindacare come dobbiamo essere, io, ad esempio, ho sempre portato il trucco.» 

“Le donne sono diventate creature pericolose, ma è molto bello essere pericolose, non credete?”

«Donna vita libertà mi ha impressionata, l’ho sentita anche detta dagli uomini iraniani, questa rivoluzione è di tutti, la Repubblica iraniana reprime tutti. È impressionante sentire il genere maschile usare la parola donna come grido di libertà. Qual è il rapporto tra uomini liberi e regime?» chiede Michela Murgia.

«Uomini e donne insieme conquisteranno il successo, le donne non riusciranno a realizzarla senza il loro aiuto, c’erano degli uomini che indossavano l’hijab e donne che lo toglievano. Bisogna ricordarsi che i diritti delle donne sono diritti umani, ogni conquista rappresenta una conquista nei diritti di tutti. Io adoro quello slogan, ha un significato che va oltre la politica, riguarda il diritto di esistere a modo proprio, avendo una propria identità, che il regime vuole annullare. Stamattina è stato giustiziato un altro dimostrante, ma le donne trovano sempre dei modo creativi per opporsi alla violenza che cerca di zittirli. 

Sa cosa rende le donne iraniane così potenti? Essere unite. Tenere le donne nascosta è un modo per garantire la sopravvivenza del regime, ma ora è il regime ad avere paura, per sopravvivere può solo uscire.»

«Nabokov scrive che la fantasia è fertile solo se futile. Lui non si schierò mai in politica, quando la prese la prese per battaglie conservatrici, Marcello Fois mi ha detto che l’abitudine di scrivere saggi di intervento politico è una sorta di adolescenza letteraria di scrittori che pensano di cambiare il mondo presente. La fiction è più efficace?» chiede Michela Murgia. 

«Tutti noi possiamo raccontare e descrivere storie, la letteratura, il romanzo, nello specifico, con la sua struttura democratica è ciò che incute timore. Un romanzo esprime una mentalità che poi porta all’elezione di certi politici.

Volevo raccontarvi un aneddoto riguardo una mia studentessa: ovunque sono andata ho raccontato questa storia, lo faccio perchè lei è morta il suo nome è Racid, frequentava le mie lezioni di “Novel” che tenevo nel salotto della mia abitazione. Racid era una musulmana praticante, veniva da una famiglia molto povera, il padre era morto e la madre era una colf, si occupava delle case delle famiglie più ricche. Nonostante questo, spiccava per la sua lintelligenza, mi raccontò di essere incantata dal mondo di Henry James.

Ora Racid non c’è più, un’altra mia studentessa mi ha raccontato di aver condiviso una cella di un lurido carcere con lei.

Pensando a queste carcere, l’idea di queste due ragazze che parlavano di letteratura e ridevano, dopo ho saputo che è stata giustiziata, ho pensato che James non l’ha salvata, ma la letteratura è stata qualcosa a cui si è potuta aggrappare in punto di morte. La letteratura non fa vincere le guerra, ma quando si è persa ogni speranza la letteratura dona speranza, nelle vette che può raggiungere l’umanità, nei suoi successi, è per questo che è così potente e importante. 

Io credo che le persone che vivono nei paesi democratici debbano leggere ciò che viene prodotto nel resto del mondo. Ogni volta che ho parlato di libertà per le donne in Iran qualcuno ha sempre detto “che sono occidentalizzata, perchè questo fa parte della nostra cultura”, quando qualcuno mi accusa di questo, questo mi ha fatto molto arrabbiare. 

L’Iran è una civiltà millenaria, nel XIX secolo anche noi ci siamo battiti per i diritti per le donne, nel 1979 c’erano due ministri donne. In un certo senso si pensa che queste critiche ci schiacciano, i diritti umani sono diritti universali non appartengono all’occidente, lo trovo un atteggiamento paternalista dal punto di vista culturale.

È come se io dicessi anche il fascismo e il comunismo nelle forme più efferate sono la loro cultura, ma la cultura occidentale non si riduce a questo, così come quella orientale. Voi avete il diritto di combattere il fascismo, ed è il diritto che rivendichiamo anche noi, il diritto di opporci a manifestazioni estreme. La libertà è globale, ma come dicevo io non ho paura delle critiche.»

La rivoluzione che sta avvenendo in Iran non è solo femminile, come ha detto Michela Murgia, è genderless.

Sale gremite, eventi sold out, presi d’assalto gli stand degli editori

Altissima la partecipazione agli eventi di questa edizione di Più libri più liberi. Tutto esaurito ieri all’incontro tra la grande scrittrice iraniana Azar Nafisi e Michela Murgia che hanno parlato di Iran, donne, diritti e libertà. Record di presenze per Alessandro Barbero, sia alla sua Lectio Magistralis che all’incontro successivo dal titolo Ostinati e Contrari – Voci contro il sistema con Alessandro Di Battista. Sala strapiena anche per la Lectio Magistralis di Alessandro Baricco, file lunghissime per il firmacopie. 

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Pier Paolo Pasolini un dantista eretico a Più libri più liberi.

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“Dante ha pagato con il rischio della condanna all’Inquisizione e alla morte la dirompente libertà del suo pensiero; Pasolini con il proprio assassinio nel 1975.”

Massimo Desideri, già docente nei licei, durante la prima giornata di Più libri più liberi, conduce un’attenta riflessione sul rapporto tra Dante e Pasolini, come si vedrà il dantismo pasoliniano è il più originale e fedele di tutto il Novecento.

Come emerge dagli studi di Federico Bellini e Massimo Desideri, credo si possa affermare con certezza che Dante è stato uno dei riferimenti centrali per la poetica e per l’intero corpus delle opere di Pier Paolo Pasolini. Ovviamente non parlo di uno scontato o tangenziale riflesso dell’opera dantesca nel lavoro del poeta friulano, cosa che suppongo riguardi tutti gli autori di lingua italiana successivi a Dante, quanto al legame praticamente inscindibile tra, almeno, la Commedia e l’opera pasoliniana. Ne è una prova, se non altro, l’arco temporale in cui si inserisce il tentativo di Pasolini di riscrivere una propria versione della Commedia, da La Mortaccia, scritto del 1959, fino a La Divina Mimesis, pubblicato poco prima della morte, nel 1975. 

Ma come mai il Professor Desideri definisce Pasolini eretico? Eretico per quella che è la nostra visione della vita, ma, soprattutto, della fede. Pasolini si è sempre professato un cristiano, non un cattolico, soprattutto non in senso fideistico, ma in senso umano. Pasolini rivaluta la parola umanità, la collega agli ultimi, agli emarginati, ai reietti, ai servi, per citare La rabbia del poeta apparso sul numero 38 della rivista “Vie Nuove”: 

Uomini umili,
vestiti di stracci o di abiti fatti in serie,
miseri, che vanno e vengono per strade
rigurgitanti e squallide, che passono
ore e ore a un lavoro senza speranza,
che si riuniscono umilmente in stadi
o in osterie, in casupole miserabili o
in tragici grattacieli: questi uomini dai
volti uguali a quelli dei morti, senza
connotati e senza luce se non quella
della vita, questi sono i servi.

Eretico dunque, perchè se in Dante i primi canti sono dedicati allo smarrimento, alla paura provata alla visione delle tre fiere: leone, lupa e lonza, in Pasolini i primi canti sono dedicati al degrado, alla povertà. La protagonista de La Mortaccia, una prostituta, si perde nella degradata periferia romana vicino Rebibbia, l’inferno non è una semplice visione, l’inferno è tra noi, nella periferia di Roma, nella mancanza di umanità. Questa povera ragazza non ha altre possibilità, si perde, esce dalla casa del suo protettore, luogo è buio e oscuro, perde l’orientamento, trova un piccolo monte, simbolo del colle dantesco, ma, a differenza di Dante, non ha una guida, non sa dove andare. Dopo essere stata intimorita da tre canacci neri, evocativi tanto delle fiere, quanto di Cerbero, ha una visione: una figura salvifica le appare per sottrarla da quel buio: Dante. Una sottrazione fittizia, in quanto la porta verso una grande costruzione, il carcere di Rebibbia, qui Pasolini interrompe l’opera. Il lettore si trova davanti ad una ragazza angosciata, consapevole del suo destino: sa di entrare, ma sa che non potrà uscire. Non c’è palingenesi o possibilità di riscatto, non c’è possibilità di un paradiso, di un riscatto. In Pasolini i “paradisi” sono fittizi, illusori, tra questi inserirà anche il consumismo: corrente più corruttrice e pericolosa del classico fascismo, rende il proletariato borghese. 

La Mortaccia finisce qui, ma non il suo rapporto con Dante. Il dantismo pasoliniano continua, Desideri indaga non solo l’ambito letterario, ma anche quello cinematografico. Come emerge da alcuni appunti: nella seconda bolgia di Petrolio, il Modello rappresenta la nuova criminalità con le sue nuove leggi e le sue nuove caratteristiche, qui Pasolini, ancora una volta, si rivolge a Dante per descrivere questi nuovi esseri disumani che hanno perso anche le apparenze del ben dell’intelletto, sono pure e semplici forme della Matta Bestialità. 

Temi di attualità A Più Libri Più Liberi con Paesi Edizioni, dall’Ucraina alla green economy

La casa editrice Paese Edizioni sarà presente a Più libri più liberi, presso lo stand E65, per presentare le sue ultime uscite e lo farà con 4 incontri in programma. Una casa editrice che, con un approccio giornalistico, discute di tematiche rilevanti e di attualità. Lo fa pubblicando libri da un linguaggio semplice e chiaro, utili per approfondire e analizzare gli ambiti dell’età che stiamo vivendo, si va dalla geopolitica fino alla green economy.

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Roma, Mercatini di Natale in Piazza della Balduina.

SenzaBarcode e SBS portano i libri tra gli stand l’otto dicembre

Il secondo appuntamento per gli scrittori della scuderia di SBS Comunicazione è per giovedì 8 dicembre. La festa dell’Immacolata, che segna anche il primo giorno dei festeggiamenti natalizi, sarà all’insegna della mostra mercato a cura dell’Associazione Il Bagatto.

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SenzaBarcode e SBS Comunicazione, nuovamente ospiti, saranno presenti con un meraviglioso programma dedicato agli appassionati di lettura e quanti sceglieranno un libro come strenna da mettere sotto l’albero.

Alle 11.30 si apre il ciclo di presentazioni con Marco Costantini e il suo nuovissimo L’angelo di stoffa, una storia emozionante, di famiglia e di amicizia. Dove la figura calda e rassicurante dei nonni si abbraccia a un piccolo angelo di stoffa. Nella cornice del Natale. Pubblicato da SBS Edizioni, in commercio da ottobre 2022, il libro è già stato selezionato per la vetrina nazionale di Casa Sanremo Writers. Marco sarà al Palafiori il 8 febbraio.

Alle 15 c’è Circe, una metamorfosi inaspettata di Alessandra Muschella edito da Argentodorato. La storia, inaspettata, sa essere saggia, profondamente saggia nella sua semplicità: dimostra come l’intensità possa essere trovata dentro ogni aspetto, anche quello più tragico, della vita di ognuno.

Alle 17 lo spazio dedicato ai lettori più adulti, è la volta di Dario Pasquali e il suo ultimo libro Wuthering winds edito da Robin. La storia di un padre e un figlio, che nel presente sono un uomo anziano, il padre, che deve affrontare i suoi ultimi giorni di vita e un giovane, il figlio, che decide di stare accanto a suo padre, mentre lui stesso è ancora alla ricerca di un suo vero posto nel mondo… Dario Pasquali sarà a Casa Sanremo Writers il 10 febbraio.

Presso lo stand di SenzaBarcode (www.senzabarcode.it) e SBS Comunicazione (www.sbscomunicazione.it)  sarà inoltre possibile incontrare Margherita Bonfilio, poetessa con il suo Il vaso di Pandora per CTL Editore. La sua opera sta ricevendo diversi premi, non ultimo quello come migliore copertina e sarà al Palafiori l’otto febbraio.

“Saranno tanti i libri e gli amici che ci seguiranno alla Balduina”, racconta Sheyla Bobba per SenzaBarcode e SBS. “Stare in piazza con i nostri libri è diventata ormai una piacevole e fortunata consuetudine. Vi aspettiamo anche per brindare alla fine di ogni presentazione”.

Alessandro Russo, per l’Associazione Il Bagatto, da sempre attento a offrire una parte culturale nei suoi eventi, ci tiene a “ringraziare le Amministrazioni locali che ci sostengono, ma specialmente il quartiere che popola sempre numeroso i mercatini”.

Per informazioni sull’esposizione dei libri Sheyla Bobba 3456048479, per il resto del mercatino Alessandro Russo 338 965 7690.

Massimo De Vico Fallani presenta a Roma la sua opera: Le cancellate romane Sette-Ottocentesche. 

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Lo scorso 24 novembre, Massimo De Vico Fallani ha presentato “Le cancellate romane Sette-Ottocentesche” all’interno dell’Archivio Storico Capitolino, una scelta tutt’altro che casuale.

Massimo De Vico Fallani, un nome che è un’autorità nell’ambito architettonico e paesaggistico. È stato funzionario architetto della Soprintendenza ai Monumenti di Firenze e Pistoia (1980-1986) e di quella Archeologica di Roma (1986-2008) con l’incarico di direttore dei parchi e giardini. Coordina il Corso di Restauro di Parchi e Giardini storici della Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio della ‘Sapienza,’ Università di Roma. È autore di diversi progetti di restauro di giardini storici e sistemazione di parchi archeologici, l’ultima “fatica letteraria” lo ri-porta a Roma, in particolar modo si sofferma sullo studio delle cancellate, dei portoni, dei cancelli singoli o multipli. 

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Non c’è trattatistica o metodo inerente allo studio delle cancellate, non in Italia, De Vico Fallani è un vero e proprio pioniere. Nella sua opera monumentale, frutto di un lavoro durato anni, il nostro Autore ha consultato archivi di Stato, biblioteche, ha approfondito la conoscenza di un tipo di manufatto artistico, di un tipo di artigianato che in Italia, a differenza di altri Paesi, non è adeguatamente preso in considerazione dalla letteratura professionale e dall’opinione pubblica. Dunque, fulcro dell’opera sono le cancellate romane, in particolar modo quelle settecentesche e ottocentesche. In realtà, l’Autore pone l’attenzione su cinque epoche: Medioevo, Rinascimento, ‘600 (ornato da cancellate gentilizie), ‘700 e ‘800 (animato da cancellate decorative). 

“Le cancellate romane” si presenta come un libro particolare, all’interno non è accademico, non è esclusivo, è un libro che nasce da una curiosità. A proposito di ciò è interessante partire da una recensione asprissima di Mario Praz nei confronti del Manierismo, uscì su “Il Tempo”. Praz vedeva la sua Roma come una città ancora affascinante, ma di fatto degradate, decaduta. Del resto credeva che l’arte, non fosse veramente arte, ma solo la documentazione di un’epoca. 

Quanto detto da Praz è tanto illuminante, quanto criticabile, basti solo chiudere gli occhi e tornare indietro nel tempo, in particolar modo al pontificato di Alessandro VII: il Pontefice amava lo scintillio dell’acqua, amava osservarla dalle spallette sul Ponte di Castel Sant’Angelo (spallette che crollarono nel 1450, anno del Giubileo cristiano a causa di un numero esorbitante di persone). Per evitare un’altra tragedia chiese a Bernini di ampliare la sezione delle spallette, di decorarle, la Musa ispiratrice del noto architetto fu la maglia delle reti da pesca. Dio viene riscoperto partendo da un elemento che, solitamente, si dà per scontato: la grata di ferro. Il ferro, materiale duro, violento, diventa malleabile, si lascia plasmare, si trasforma in un filo con il quale ricamare la città. Come il baco da seta ha un capo da tirare per svolgerlo e dipanarlo, così il libro ha un filo dorato che bisogna seguire per immergersi nell’evoluzione delle cancellate, un itinerario per percorrere anche l’evoluzione del gusto artistico

In conclusione, De Vico Fallani pone l’accento su una specifica tipologia di portoni: l’analisi critica di circa 17.0 cancellate ha portato a individuare il particolare valore e l’identità figurativa di questa produzione artistica. Soffermandosi sulle origini, lo sviluppo, i rapporti con paesi esteri quali Francia e Gran Bretagna; le innovazioni tecnologiche e produttive legate alle nascenti industrie siderurgiche e metallurgiche hanno portato allo sviluppo di un nuovo artigiano: il fabbro ferraio, a lui il merito della realizzazione della cancellate romane.

Più libri più liberi: perdersi per ritrovarsi.

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Più libri più liberi, la Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria, promossa e organizzata dall’Associazione Italiana editori torna alla Nuvola dell’Eur dal 7 all’11 dicembre. Chiara Valerio e Silvia Barbagallo dirigono la nuova edizione, come commenta il presidente Riccardo Franco Levi “con l’arrivo di Chiara Valerio il gruppo di lavoro di Più libri più liberi si arricchisce di una nuova presenza femminile – commenta Annamaria Malato, presidente della Fiera – in linea con lo straordinario lavoro che Silvia Barbagallo ha svolto in questi anni e che tanto ha contribuito alla crescita della nostra manifestazione. Siamo certi che Chiara, nei prossimi anni, saprà disegnare i contenuti culturali della Fiera dando continuità alla costante ricerca di innovazione che caratterizza il continuo mutamento del nostro mondo”.

Più libri più liberi pone lo spettatore, il lettore, l’autore, davanti ad un telaio. Telaio attraverso cui si tessono fili. Fili rossi del destino. Fili di lana che avvolgono l’atmosfera con il loro calore. Sono fili di seta, come il mare di Lorenzo Mattotti, che, anche quest’anno, si occupa della grafica dell’evento, sui quali si galleggia. Navighiamo o semplicemente galleggiamo? É realtà o invenzione? Ci siamo resi conto che questo è ciò che è stato il Mediterraneo per secoli. Il Mare è un simbolo fondamentale dell’immaginario collettivo. Racchiude un insieme di immagini archetipiche che riviviamo spesso nei nostri sogni, paesaggio di storie e avventure dai profondi significati simbolici

“L’acqua, il mare, è il simbolo dell’inconscio per eccellenza, con tutti i contenuti rappresentati da tutti gli esseri che vivono nelle sue profondità. Noi tutti abbiamo navigato nel mare uterino delle nostre madri e l’acqua ci ricollega a uno stato in cui non ci sentivamo ancora separati dal grande universo. (Norma Bärgetzi Horisberger)”

L’intersezione razionale e occasionale di linguaggio ed emozione porta alla luce la ricchezza, la conoscenza, la religione e l’ateismo, la letteratura e la scienza. La fiera ha un obiettivo: la perdita. Perdersi per ritrovarsi. Perdersi per conoscersi. Perdersi per andare verso una morbida luce dorata, luce che risuona attraverso molti oggetti e luoghi senza identità. Dunque, il Mediterraneo funge da metafora di tutti i mari e di tutte le tempeste, da qui è nato il tema del 2022.

Tra gli ospiti annunciati, Alessandro Baricco, Michela Murgia, Pilar del Río Gonçalves (presente in fiera per un ricordo del Premio Nobel Josè Saramago nel centenario della nascita), Paul B. Preciado, Erling Kagge, Mohamed Mbougar Sarr(Prix Gouncourt 2021), Licia Troisi, Marco Malvaldi, Djarah Kan, Pietro Turano, Zerocalcare, Marcello Fois, Carlotta Vagnoli e molti altri. E tra gli appuntamenti più attesi quello con l’iraniana Azar Nafisi.

Sognavamo al cinema

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È il 1976 Vania Protti e Manfredi Traxler davano vita ad una stagione unica: quella dell’Academy Pictures, una stagione che permette di “essere nel cinema”, di vivere il cinema, grazie alla distribuzione cinematografica di film d’autore. 

Il 5 ottobre 2022, presso la Casa del Cinema di Roma, è stato presentato il volume “Sognavamo al cinema”, di Vania Protti Traxler. In una lunga intervista Vania Traxler racconta la sua brillante carriera di distributrice cinematografica: dalle origini – il nonno conobbe i fratelli Lumière – ai film e ai registi distribuiti. Tra gli altri, Emir Kusturica, Rainer W. Fassbinder, Wim Wenders, Peter Greenaway, Spike Lee, Eric Rohmer, Agnès Varda, Mike Newell, Baz Luhrmann, Peter Jackson, Leos Carax: con i Traxler il cinema d’autore è diventato mainstream. Per l’intervista ha scelto 50 film, tra i più importanti e indimenticabili, per chi li ha visti e per chi lo farà: come dice lei, “per sognare ancora”. I coniugi Traxler fecero conoscere al grande pubblico alcuni dei più grandi registi contemporanei di grande livello come Kusturica, Greenaway, Wenders, Rohmer, Jarmusch, Egoyan, Almodóvar, Kieslowski, Lee, Ford, Solondz e tanti altri. La scelta dei film avveniva tramite l’autenticità e il valore che i Traxler coglievano dalla visione del prodotto, non era mai una scelta dettata dal calcolo. Promuovevano la pellicola fidelizzando il pubblico e attivando un rapporto di fiducia con gli esercenti che grazie a questo, davano spazio anche ai film più deboli del loro listino.

“Sono convinta che l’emozione procurata dal primo impatto con un film sia la cosa più importante. Come continuo a sostenere che il più bel film della storia del cinema sia Via col vento. Non ci sono santi.”

“La storia comincia nel 1904 quando mio nonno di Libiola, un piccolo paese vicino Mantova, insieme a un gruppo di ragazzi all’avanguardia mise su un cinema improvvisato: c’era chi stampava le locandine e chi suonava il piano perché allora i film erano muti”. All’inizio Vania non segue però le orme della sua famiglia e si mette a lavorare in una boutique, ma il cinema le “ribolliva nel sangue” Tanti gli aneddoti presenti nel libro. Uno su tutti: “A Venezia comprai A single man di Tom Ford. L’ufficio stampa mi ossessionava con le richieste del regista. Mi dissero che voleva tutto bianco. Per cui presi tovaglie bianche, fiori bianchi, pesce bianco. Lui mi chiese perché fosse tutto bianco. E io esplicitai i diktat che avevo ricevuto. Mi rispose: ma scusa io sono texano mangio le fiorentine anche di tre chili”.

Intervento di Marco Tullio Giordana: l’Academy ha avuto un ruolo di cerniera, ha portato nel circuito del cinema film indipendenti, facendo in modo che questi ultimi potessero avere un grande successo. La scoperta di un film diventava condivisa.

Intervento di Vania Protti, autrice del libro: l’idea di scrivere un libro che raccogliesse la storia di una famiglia meravigliosa le è stata data dal nipote, Filippo. Filippo le chiese di combinare la passione del cinema e quella della cucina nel libro. Dunque, un viaggio nelle generazioni attoriali del cinema, un viaggio all’interno di ricette casalinghe, un viaggio che avvolge il lettore e lo catapulta altrove.

Intervento di Francesca Boschiero: l’obiettivo era quello di portare alla luce una storia che non si rivolgeva solo al passato, ma anche al futuro. Ci sono film che non hanno tempo, antichi, ma attuali. Film che rapiscono le nuove generazioni e consentono loro di appassionarsi a questo mondo.

Intervento di Giovanni Gifuni: ci siamo tuffati nella storia di Vania, nella sua memoria, nella sua famiglia. Ci siamo nutriti di aneddoti, di risate, di uscite. È un libro godibile per tutti. 

Attraverso questo libro si capisce il significato del cinema.

Articolo scritto da Alice Grieco e Anna Tulimieri

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