Libri, autori e tanto altro

A New York la presentazione del libro “L’America di Irene” di Paola Treppo

in DAL MONDO/EVENTI by

Il 9 settembre alle ore 18:30 locali, presso l’Istituto Italiano di Cultura di New York, si terrà la presentazione del libro “L’America di Irene” della giornalista italiana Paola Treppo. Durante l’evento, l’autrice condividerà la commovente storia della sua famiglia, raccontando come ha ricostruito a ritroso tutte le tappe della vita di sua zia Irene. Questo libro, arricchito da foto, lettere e documenti, testimonia il vissuto degli emigranti, catturando la gioia di chi parte e l’ansia di chi resta.

Nel libro anche il saluto del Vicegovernatore e Assessore regionale alla cultura del Friuli Venezia Giulia, Mario Anzil, che ha dichiarato: “Ricostruire le proprie radici significa ricostruire la storia di una comunità, contribuire a dare valore alla ricchezza di un Friuli che, nell’ultimo secolo, è profondamente cambiato. Questo libro ci parla del miraggio e di una moderna conquista dell’America, dove oggi vivono centinaia di migliaia di discendenti di uomini e donne originari del Friuli. Ci parla del profondissimo amore che lega ogni cittadino di questa regione ai suoi paesi natii. Un viaggio affascinante, alla scoperta della nostra storia, attraverso la vita di una donna di frontiera, in una terra che ha fatto dei confini una delle sue più grandi ricchezze.” Abbiamo approfondito con l’autrice gli aspetti del suo libro grazie alla sua disponibilità.

Cosa ti ha spinto a raccontare la storia di tua zia Irene e quale impatto ha avuto su di te durante il processo di ricerca e scrittura?

A spingermi è stato il desiderio di conoscere una parte della storia della mia famiglia che non conoscevo e alla quale non era stata data mai la giusta dimensione e la giusta integrazione, per mille motivi che non giudico e che non vanno giudicati. Una storia non raccontata, non solo a me ma anche agli altri componenti della mia famiglia, come le mie due sorelle, e mia madre. Ho sempre sentito impellente e forte, naturale, la necessità di trasmettere la memoria, nel singolo e nella collettività, di ieri e di oggi. Da qui scelta dal mio lavoro; da qui l’esigenza di ricostruire parte di quello che sono. Un processo non facile, apparentemente non lineare, ma di straordinario arricchimento, di intima comprensione: un aiuto per riuscire prima di tutto a capire chi sono io e da dove arrivo. Per essere migliore. L’impatto? Una profonda trasformazione nel sentire dentro di me e nel vedere fuori di me: conoscere quello che è stato ha riportato la luce in un punto buio. Rendere manifesto quanto era stato dimenticato, non elaborato, e integrarlo nella dimensione del presente, mi ha messo di fronte ad alcune parti di me che non forse volevo accettare o che forse non era riuscita mai a individuare; ha fatto cadere le illusioni, ha restituito realtà e autenticità. Adesso, più che mai, mi sento amata e parte di una storia straordinaria. 

Quali sono state le sfide più grandi che hai incontrato nel ricostruire la vita di Irene attraverso le lettere, le fotografie e i racconti familiari?

Indagare nella vita della propria famiglia vuol dire indagare nella profondità del proprio abisso, incontrare i propri fantasmi, affrontare le paure. Guardarsi allo specchio senza trucco, abbandonando ogni inganno. Comprendere, accettare, perdonare e lasciare andare il dolore, senza soffocarlo o far finta che non esista. Un dolore che senti e che non sai da dove arriva, se è tuo o di qualcun altro. Non è semplice. Non lo è stato scrivere questo libro. Al di là del viaggio da film che ha caratterizzato la vita di zia Irene, la sua è stata un’esistenza dura, lontano dalla sua amata terra natia, lontano dalla sua sorella adorata e dall’adorata madre: gioia e sofferenza, traguardi e cadute. Leggere e riordinare la sua corrispondenza, guardare le sue foto, sfogliare documenti legati alla sua morte ha generato un profondo travaglio interiore. Giornate infinite trascorse in una dimensione sospesa, tra mille interrogativi. Con Irene ho viaggiato anch’io. Adesso è con me, nel mio cuore. Scrivere la sua storia mi ha regalato una serenità inaspettata, la capacità di guardare il mondo nella sua bellezza. Aprire quel cassetto chiuso da mezzo secolo è stato come gettarsi nel vuoto senza paracadute, con fiducia: sapevo che ci sarebbe stato qualcuno pronto ad afferrarmi e ad accompagnarmi lungo un percorso a ostacoli, pieno di mostri e di ombre. Qualcuno che attendeva lì da tanto tempo, con pazienza, che i tempi arrivassero a compimento. Ho avuto questo privilegio, per un dono che arriva da lontano. 

In che modo pensi che la storia di Irene possa risuonare con le esperienze degli emigranti italiani di oggi?

Apparteniamo a una generazione, almeno la mia, classe 1971, che non ha avuto la necessità di emigrare. Viviamo grazie al benessere generato di chi ci ha preceduto, di chi ha sacrificato la sua vita per il bene dei figli e dei nipoti: di chi ha guardato prima di tutto al futuro degli altri, pur in una condizione di grande povertà, ma sempre segnata da una profonda umanità e da una generosità infinita. La storia di Irene è la storia di tutti. Di chi è rimasto, soffrendo e cercando di fare il meglio, superando ostacoli che spaventerebbero oggi ciascuno di noi. Di chi se n’è andato nella speranza di costruire qualcosa, per sé e per le persone che amava. Un amore che si sente ancora fortissimo negli eredi di questi straordinari uomini e di queste straordinarie donne ai quali dobbiamo tutto. Non ci saranno mai abbastanza parole per descrivere le loro esistenze, per dire loro “grazie”. Il loro ricordo è sacro. La possibilità di scrivere questa storia vera spero potrà in qualche modo restituire l’onore della memoria anche a chi cartoline o lettere non ha mai potuto inviarle, a tutti coloro che sono morti nella solitudine, mai ricordati, per motivi che non possiamo conoscere. 

Puoi raccontarci un aneddoto o un momento particolarmente significativo della vita di Irene che hai scoperto durante la tua ricerca?

Non conoscevo niente della sua vita. Solo qualche breve racconto di nonna Felicita e di mia madre Annamaria, tra la fretta dell’occuparsi della casa, del lavoro, della ricostruzione post terremoto qui in Friuli, dove tutto era crollato e dove tutto doveva ricominciare da capo. Il tempo è sempre stato scandito da mille occupazioni. Mi ha colpito molto, e l’ho scoperto dalle sue lettere, l’estro narrativo, di zia. Un po’ perché lo sento anche mio. Il suo largo uso delle virgole, la sua minuziosa descrizione dell’inverno in Texas, con “gli alberi ghiacciati che brillano alla luce del sole”; e la descrizione del sole, “che ogni giorno si alza e che ogni giorno tramonta e ci scalda con il suo calore, così in America così come in Europa”. La descrizione del deserto di Chihuahua, “come zucchero e sale fino”. La sua poesia, il suo sentire la forza della natura in un Paese sconfinato quale quello degli States. E il suo infinito amore per le pareti lasciate in Friuli, espresso nella sua lingua d’origine, mai dimenticata, così come i piatti tipici, come la polenta. 

Quali lezioni o messaggi speri che i lettori traggano dalla storia di Irene e dal tuo libro?

È uno scritto che leggo come un dono per me e per gli altri. Attraverso la storia di zia Irene, spero di ridare memoria a un mondo fatto di persone che, con grande coraggio, hanno avviato un cambiamento epocale. Uomini e donne forti: pur spaventati, hanno attraversato il fuoco; hanno tentato, sperimentato, creato a scoperto. Hanno costruito nuove strade: su quelle vie si muovono i nostri passi; spesso non ce ne rendiamo conto. Dovremmo farlo anche noi, quel salto nel fuoco, secondo la nostra sensibilità, secondo quanto ci è stato dato, per restituire qualcosa e rendere questi spazi di vita migliori per chi verrà dopo di noi. La trasmissione della memoria, del Dna nel nostro sentire, così viva un tempo, subisce in questo momento storico una battuta d’arresto, anche se non sono rari i casi di riscoperta, di luoghi, territori, usi costumi e tradizioni. Nella consapevolezza che ogni vita è unica e preziosa, è che ognuno può collaborare a renderla migliore, anche solo con un piccolo gesto o con un pensiero.

Latest from DAL MONDO

Go to Top