In libreria “Bocca di Strega” di Sacha Naspini

Italia, anni ’70. Due bande di tombaroli si contendono il primato nel traffico miliardario di antichità etrusche, che dalla Maremma arrivano fino in California, destinate alle collezioni di tutto il mondo. Molti reperti etruschi esposti oggi nelle più prestigiose sale del globo nascondono storie di tradimenti, vendette, avidità e, come spesso accade, di amore vero, che guida gli eventi verso direzioni inaspettate. Un’epopea tutta italiana.

Nel 1972, nella Val di Cornia, Bardo è il tombarolo più abile. Negli anni ha costruito un traffico di reperti etruschi che da Populonia viaggiano verso la Capitale, fino in America. La morte improvvisa della moglie lo devasta: incapace di sopportare il dolore, scompare in mare. Prima di andarsene, però, affida i segreti del commercio al figlio Giovanni, che però non possiede il talento del padre. Le bande della Tuscia e i trafficanti di Roma, approfittando di questo momento di debolezza, vedono un’opportunità per prendere il controllo.

“Bocca di Strega” racconta un mondo che ha segnato la storia di molti musei: la febbre dello scavo, la rivalità tra bande, e le alte sfere della compravendita mondiale. È anche un ritratto dell’Italia provinciale, abitata da romantici pirati di terra con una doppia vita: padri di famiglia, operai e artigiani che, in pochi anni, sono entrati nel traffico d’arte internazionale, non senza pagarne le conseguenze.

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