Il valore universale della letteratura: “La Peste” di Albert Camus

Scritta più di 50 anni fa, “La Peste” di Camus sembra ancora parlarci all’orecchio. Sia per i temi trattati sia per il messaggio che cerca di trasmettere. La peste e le pandemie nella letteratura hanno sempre avuto un ruolo centrale. Già Tucidide narrava delle vicende pestilenziali che colpirono Atene nel 430 a. C, come lui nel 1350 la peste fa da sfondo al “Decameron”di Boccaccio. In tempi recenti l’interesse attorno a situazioni apocalittiche dettate da pandemie globali ha caratterizzato anche le scelte della settima arte, la cinematografia.

Basti pensare a film come “Io sono leggenda” o “Contagion”, ma anche per le serie tv di maggior successo come “The Walking Dead”. Nella letteratura moderna le pandemie non hanno perso questo ruolo centrale dove, seppur in qualche opera costituiscano solo lo sfondo all’interno del quale si sviluppano le vicende, come nei “I promessi sposi”di Manzoni. In altre opere la peste è la vera protagonista, conducendo il lettore ad una riflessione non solo sul rapporto uomo-natura ma anche portando ad una meditazione riguardo al rapporto tra stessi individui, com’è il caso nella “La Peste”di Camus.

Proprio quest’ultima opera per la sua stretta attualità e per il suo messaggio che sembra travalicare tutte le generazioni, ha riscoperto del successo negli ultimi mesi dove la peste è ritornata a percuotere il tradizionale e “pacifico” corso delle nostre vite. Ambientata ad Orano in un Algeria ancora sotto dominazione francese, la “Peste” di Camus narra le vicende del dottor Rieux, il quale agendo con impegno e pragmatismo costringe il lettore a riflettere sul valore e sugli aspetti positivi che possono nascere da eventi catastrofici e apocalittici come una pestilenza. L’approccio scientifico che tramite cinismo il protagonista persegue, suscita anche una dura critica contro le credenze ed il fanatismo religioso che padre Paneloux offre, secondo il quale in assenza di una spiegazione logica al diffondersi della peste invita i suoi fedeli a cercare una giustificazione divina (il che ricorda oggi le tesi complottistiche attorno al Covid-19). Sebbene delle critiche siano rivolte ad una giustificazione ultraterrena alla pandemia, Camus riconosce ed apprezza nella religione come la morte sia considerata un valore che trascende la banalità del vivere quotidiano.

Rieux in contrasto con il fanatismo religioso, diventa l’emblema del bisogno di solidarietà. Opponendo al pessimismo fatalista e trascendente, l’ottimismo e la speranza positivista della ragione. Affrontando non solo la peste ma anche le credenze ed i pregiudizi del pensiero comune. Il flagello che colpisce Orano mette a nudo tutte le fragilità che caratterizzano la natura umana, il protagonista cerca di superare la natura fragile dell’uomo per farsi promotore di un messaggio di eguaglianza e di solidarietà.

L’universalità della letteratura è data dal suo messaggio ecumenico, rivolto a tutti gli individui di tutte le epoche. Così che l’opera di Camus ci appare scritta non più di cinquanta anni fa ma oggi. L’autore utilizza la peste come metafora per descrivere la malattia morale che nella sua epoca colpisce l’Europe, ossia il nazifascismo (altro elemento che ci ricorda la nostra attualità). In effetti lo scrittore francese partecipa attivamente ai movimenti di resistenza in Francia contro l’invasione nazista. Temi come la solidarietà, la fratellanza, la lotta contro il male e l’ipocrisia non solo formeranno la sua letteratura ma resteranno i temi centrali in altre sue numerosissime opere che gli varranno il premio Nobel per la letteratura nel 1957.

Alla luce degli ultimi sconvolgimenti politici, dall’avanzata dei movimenti xenofobi, populisti di ultradestra, lo stato di diritto sempre più messo in discussione. Camus sembra parlarci da lontano avvisandoci di come: “Ilbacillo della peste [dell’intolleranza] non muore né scompare mai, che può restare per decine di anni addormentato nei mobili e nella biancheria, che aspetta pazientemente nelle camere, nelle cantine, nelle valigie, nei fazzoletti e nelle cartacce che forse verrebbe giorno in cui, per sventura e insegnamento agli uomini, la peste avrebbe svegliato i suoi topi per mandarli a morire in una città felice”.

Camus finisce con un messaggio premonitore affermando come il ritorno della Peste dipende dai nostri comportamenti futuri. Invitando ad un risveglio responsabile da parte di tutti gli individui, dalla solidarietà riscoperta ad un nuovo approccio verso la natura, evitando comportamenti scellerati e irresponsabili. L’autore arriva a constatare l’impossibilità di un pieno ritorno al mondo presente alla veglia del flagello, invocando invece la venuta di un mondo nuovo e migliore formato su principi di uguaglianza e solidarietà. Citando il suo discorso il giorno della consegna del premio Nobel, “in questo mondo, non può essere altro che quello di una società in cui, non regnerà più il giudice, ma il creatore, sia esso lavoratore o intellettuale”.

Di comune accordo con la “Succession Albert Camus”, la casa editrice Bompiani dallo scorso 13 maggio dona a tutti i lettori che si recano nelle librerie Giunti al Punto e in ebook sul sito Bompiani www.bompinai.it(in forma scaricabile totalmente gratuita), un inedito e scritto preparatorio della “Peste”di Albert Camus, tradotto per la prima volta in italiano, “Esortazione ai medici della peste”. L’iniziativa mira a riavvicinare i lettori ad un grande della letteratura del Novecento, riscoperto in quest’ultimo periodo per la sua universalità.

 

Di Ludovico Fiorucci

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