L’idea di una difesa comune europea è tornata al centro del dibattito politico e strategico, spinta da un contesto internazionale sempre più instabile e, paradossalmente, dalla stessa pressione esercitata dagli Stati Uniti. L’amministrazione Trump, con la sua ruvida franchezza, ha costretto l’Unione Europea a confrontarsi con una realtà che gli alleati americani—democratici e repubblicani—sottolineano da tempo: la necessità di un maggior impegno europeo sul fronte della sicurezza e della difesa.
Tuttavia, la strada verso una reale autonomia strategica è tutt’altro che semplice. Gli Stati Uniti puntavano a un riequilibrio delle spese all’interno della NATO, mentre l’Europa, anche per ragioni politiche e per il diffuso scetticismo nei confronti di Trump, ha iniziato a guardare con maggiore serietà alla possibilità di costruire una propria capacità difensiva indipendente. Un obiettivo legittimo, ma che finora ha sollevato più domande che risposte.
Le incognite di una difesa comune
Cosa significa esattamente “difesa comune”? Una forza armata europea con una divisa unica? Progetti sovranazionali per la produzione di armamenti? Collaborazioni industriali come quelle già esistenti, ad esempio con MBDA o Eurofighter? E ancora, chi prenderebbe le decisioni strategiche? Quale sarebbe la catena di comando? E, soprattutto, con quali risorse finanziarie?
Al momento, i fondi sembrerebbero provenire da nuovi debiti o da tagli ai programmi di redistribuzione dell’UE. Per paesi come l’Italia, già fortemente indebitati e al contempo contributori netti del bilancio comunitario, l’impatto economico potrebbe essere significativo. Anche ammesso che le risorse si trovino, resterebbe il problema della frammentazione industriale e della capacità produttiva. Il conflitto in Ucraina ha mostrato chiaramente i limiti dell’industria della difesa europea, costringendo molti paesi ad acquistare armamenti da fornitori extra-UE.
Un cammino lungo e complesso
Secondo esperti del settore, servirebbero almeno dieci anni per realizzare una vera rivoluzione nell’industria della difesa europea, superando problemi strutturali e aumentando la capacità produttiva. Questo implicherebbe ingenti investimenti, una chiara strategia di sviluppo e personale altamente qualificato.
Parallelamente, rimane la questione del reclutamento: le forze armate di molti paesi europei stanno già affrontando difficoltà nel reperire personale. Creare un esercito europeo significherebbe selezionare comandanti e stabilire ordini di battaglia in un contesto in cui i diversi paesi hanno tradizioni e dottrine militari differenti.
In sintesi, la difesa comune europea è un progetto ambizioso e, forse, inevitabile nel lungo termine. Tuttavia, la sua realizzazione richiede scelte concrete, investimenti sostenibili e una volontà politica che finora è sembrata frammentata. Si fa presto a dire “difesa comune”, ma la strada per renderla realtà è ancora lunga e piena di ostacoli.