L’Ucraina si conferma un tassello fondamentale nella geopolitica globale non solo per la sua posizione strategica, ma anche per le immense risorse minerarie che custodisce nel suo sottosuolo. Con una riserva stimata di 2,6 miliardi di tonnellate di terre rare e il possesso del 20% dei giacimenti mondiali di grafite, il Paese è diventato uno degli snodi cruciali nella corsa alle materie prime essenziali per l’industria tecnologica e della difesa. Un patrimonio che oggi assume un valore ancora più critico nel confronto tra Stati Uniti, Russia e Cina.
Le terre rare: il nuovo oro dell’industria globale
Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi della tavola periodica fondamentali per la produzione di tecnologie avanzate, dai semiconduttori ai magneti per le auto elettriche, fino alle componenti per sistemi missilistici e radar. Attualmente, il mercato globale di questi materiali vale circa 11 miliardi di dollari, ma le proiezioni indicano che raggiungerà i 21,7 miliardi entro il 2031, con un tasso di crescita annuo del 7,4%. In questo scenario, l’Ucraina emerge come un attore chiave. Il Donbass, regione al centro del conflitto con la Russia, ospita una parte significativa delle riserve ucraine di litio, titanio e terre rare. Questo spiega perché il controllo del territorio non sia solo una questione politica o militare, ma anche economica e strategica.
La supremazia cinese e la risposta americana
A dominare il mercato delle terre rare è attualmente la Cina, che produce circa il 70% dell’offerta globale con un output di 240.000 tonnellate l’anno. Anche il suo export continua a crescere, registrando un aumento del 6% nel 2023. Gli Stati Uniti, invece, pur avendo aumentato la loro produzione a 43.000 tonnellate nel 2024, dipendono ancora pesantemente dalle importazioni cinesi: tra il 2019 e il 2022, oltre il 95% delle terre rare consumate negli USA proveniva da Pechino. Proprio per ridurre questa dipendenza, Washington sta cercando nuove alleanze e fonti di approvvigionamento. La trattativa in corso tra USA e Ucraina, del valore di 500 miliardi di dollari, rappresenta un passo in questa direzione. Se gli Stati Uniti riuscissero a garantirsi un accesso privilegiato alle risorse ucraine, potrebbero contrastare l’egemonia cinese e rafforzare la propria autonomia strategica.
Il controllo russo sulle risorse ucraine
Tuttavia, gran parte delle risorse ucraine si trovano in aree attualmente sotto controllo russo. Secondo le stime, 12.400 miliardi di dollari di giacimenti minerari ed energetici ucraini sono nelle mani di Mosca. Tra questi:
•63% delle riserve di carbone
•11% dei giacimenti di petrolio
•20% delle riserve di gas naturale
•42% dei metalli
•33% delle terre rare e minerali strategici, incluso il litio
Questo controllo conferisce alla Russia un vantaggio significativo nella gestione delle risorse, ma allo stesso tempo alimenta ulteriormente le tensioni con l’Occidente.
Un mercato sempre più conteso
L’Ucraina non è l’unico terreno di scontro nella corsa alle risorse minerarie. Il Canada, con 14 milioni di tonnellate di terre rare, è un altro obiettivo strategico degli USA, così come la Groenlandia, che sta emergendo come una delle ultime frontiere dell’estrazione mineraria a causa dello scioglimento dei ghiacci. Nel frattempo, l’Africa resta un campo di battaglia storico per l’estrazione di minerali critici, con conflitti e instabilità che da decenni accompagnano lo sfruttamento delle sue risorse naturali. La guerra in Ucraina non è solo una questione di sovranità territoriale, ma anche di dominio sulle risorse strategiche. Il Donbass e altre regioni ricche di terre rare sono diventate un obiettivo geopolitico cruciale, con Russia, Stati Uniti e Cina impegnati in una competizione sempre più serrata per il controllo dei materiali essenziali alla transizione tecnologica e militare del XXI secolo. In un mondo in cui la dipendenza dalle materie prime definisce sempre più gli equilibri di potere, la battaglia per le terre rare ucraine è solo all’inizio.