Come far ammalare un adolescente? Regalategli uno smartphone

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Purtroppo, però, alcuni genitori non sono così. Anzi, leggendo statistiche facilmente reperibili online e articoli di psicologi e operatori del settore sembrerebbe proprio che i genitori “distratti” siano un buon numero. 

L’aumento delle patologie connesse a un uso erroneo o eccessivo di smartphone e internet e, in casi estremi, la morte a seguito di una challenge sui social, sono ormai episodi di triste quotidianità.

Innanzitutto, una considerazione oggettiva: esistono nuove malattie che sono nate dopo la nascita di internet e l’ascesa dei social; e non intendo certo la sindrome del carpale. 

Prima dei social e prima che il cellulare divenisse oggetto di uso quotidiano indispensabile non esisteva, ad esempio, la nomofobia. È malattia nuova, abbreviazione di “no-mobile-phone phobia” ed è la paura irrazionale di rimanere senza accesso al proprio smartphone o di essere impossibilitati a utilizzarlo.

Anche la depressione che assale molti giovani dopo aver fatto un giro sui social è una nuova malattia che affligge principalmente gli adolescenti così come i problemi di postura, di socializzazione, aggressività, insonnia, disturbi dell’alimentazione. Ma la nomofobia ha risvolti inquietanti. È, infatti, una vera e propria dipendenza che genera ansia e stress nel momento in cui bambini sono separati dal loro dispositivo. I genitori, non limitando il tempo di utilizzo dello smartphone e non promuovendo altre forme di intrattenimento e interazione, favoriscono lo sviluppo di questa fobia.

Frasi che, purtroppo, sentiamo quali “altrimenti non mangia o non dorme;” “lo hanno tutti i suoi amici;” “così lo controllo e mi chiama” e altre ancora, sono palliativi utilizzati per giustificare forme a volte di disattenzione o, chissà, di disinteresse. Ma le conseguenze sono deleterie.

I giovani vengono lasciati liberi, senza controllo, di utilizzare un oggetto che è studiato per creare assuefazione.

Negli Stati Uniti sono già state avviate azioni legali nei confronti dei giganti dei social con l’accusa di avere danneggiato almeno due generazioni creando dipendenza e danni collaterali con l’uso di algoritmi che portano i giovani a scrollare passivamente contenuti che, sicuramente, non sono testi scolastici. 

Questi algoritmi sono progettati per massimizzare il coinvolgimento degli utenti, sfruttando tecniche di rinforzo positivo che stimolano il rilascio di dopamina nel cervello. 

Altra considerazione: ogni notifica, ogni “like” o nuovo messaggio, vanno a creare un senso di gratificazione immediata, spingendo i giovani a controllare continuamente il loro dispositivo alla ricerca di queste piccole ricompense. Un po’ come il cane di casa che riceve una carezza sulla testa.

Questa progettazione intenzionale per creare dipendenza è una strategia ben studiata per aumentare il tempo che gli utenti trascorrono sulle piattaforme. Le lunghe sessioni di scrolling infinito e l’accesso costante a nuovi contenuti mantengono i giovani intrappolati in un ciclo continuo di utilizzo. Di conseguenza, il tempo passato sui dispositivi digitali diventa dominante, sostituendo attività essenziali per lo sviluppo come l’interazione faccia a faccia, il gioco all’aperto e il tempo dedicato allo studio. La pubblicità mirata che ricevono è il passo successivo.

Gli effetti di questa dipendenza non si limitano solo all’ansia e allo stress e possono portare problemi di concentrazione e attenzione influenzando negativamente le prestazioni scolastiche e la capacità di apprendimento. I giovani sono facilmente distratti e trovano difficile mantenere l’attenzione su attivvità che richiedono un impegno mentale prolungato, come la lettura e lo studio.

Inoltre, l’uso eccessivo dello smartphone e la continua esposizione ai contenuti filtrati dagli algoritmi possono alterare la percezione della realtà di ragazzi in fase di crescita al punto di sviluppare aspettative irrealistiche su sé stessi e sugli altri, influenzati da immagini idealizzate e da vite apparentemente perfette trovate sui social. Questo può portare a una diminuzione dell’autostima e a un aumento della pressione sociale, contribuendo ulteriormente a problemi di salute mentale. Ricordiamo che, quello dei social è un mondo dove non è ammesso il “no”. Tutto è lecito e consentito. Come potranno reagire questi ragazzi quando, nel mondo reale, riceveranno un “no”?

Sono sufficienti genitori che realmente adottano un approccio proattivo nella gestione dell’uso dello smartphone da parte dei figli? Certo; ma quando i ragazzi escono, che cosa succede?

Possiamo lasciare oggi degli adolescenti senza smartphone? Senza accesso ai social? Senza quel modo di comunicare con amici e coetanei che, per molti, ha sostituito le interazioni fisiche?

La risposta è no. Non possiamo fermare il progresso tecnologico e l’entusiasmo di giovani che, da sempre, sono ribelli e contestatori che amano le sfide e violano i divieti. 

Ma non dimentichiamo che consegnare a un giovane uno smartphone, è un ottimo sistema per farlo ammalare. O quantomeno l’inizio.

Bookreporter Settembre