IL CONFLITTO DI INTERESSE E I SUO IMPATTI SULL’ECONOMIA ITALIANA

24 Febbraio 2022
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L’articolo di questa settimana vuole essere una breve riflessione sul tema del conflitto di interesse nella nostra società politica, economia e civile.Il tema del conflitto di interesse si sviluppa in modo evidente nel nostro paese, a partire dalla nascita della seconda repubblica, che avviene sulle ceneri del fine della prima repubblica e del conseguente azzeramento della sua classe politica, in particolare di quella dei partiti che avevano governato per cinquanta anni e segnatamente del cosiddetto penta partito.

Fine dei partiti della prima repubblica, che lasciò spazio e campo di azione a destra agli ex fascisti e ai leghisti e a sinistra agli ex comunisti, partiti che allora non possedevano agli occhi dei mercati, dell’europa e delle altre democrazie occidentali, quei crismi di storia e patente democratica, garantismo e valori liberali (vedi monetine e cappi), così necessari al corretto funzionamento di una democrazia.

In questo pericoloso vuoto politico sia a destra che a sinistra, che poteva mettere a rischio l’appartenenza del nostro paese al sistema democratico occidentale, si colloca la decisione della discesa in campo, nell’agone della politica, per il centro destra di Silvio Berlusconi imprenditore geniale dei media e della finanza e per il centro sinistra di Romano Prodi  valente professore economista e capace manager dell’IRI, nonché fondatore di nomisma importante centro studi di strategia ed economia.

Entrambe le personalità in parola appartenenti al mondo dell’economia reale e produttiva e non certo politici di professione, ma chiamati a svolgere nella seconda repubblica un ruolo politico (il famoso papa straniero), per dare credibilità e garanzia di democraticità e liberalità rispettivamente al centro destra e al centro sinistra.

Ma esaminiamo prima il caso di Romano Prodi, professore di economia e presidente dell’IRI nella prima repubblica, che rappresentava sicuramente il meglio dei cosiddetti top manager e boiardi delle partecipazioni statali, ma che era comunque anche il riferimento nell’economia non solo pubblica, della sinistra democristiana e soprattutto della finanza cattolica e del capitalismo cosiddetto progressista (l’area politico culturale di Beniamino Andreatta, Carlo De Benedetti e Ciriaco De Mita).

Prodi è stato, in tal senso, un manager e professore capace, con visione e preparato, che ben ha  condotto  con polso fermo l’IRI, che allora era una potenza economica, specie nell’ultima fase di crisi, ma certamente non era uno sprovveduto, ma bensì un personaggio ben calato e navigato nei meccanismi di funzionamento della politica e dell’economia della prima repubblica.

Ne volete una prova? ebbene ad esempio la famosa inchiesta sui fondi neri dell’IRI di cui Romano Prodi era presidente (peraltro insabbiata e conclusa con un nulla di fatto), con il quale questo importante ente statale vera e propria cassa capace di generare cash flow (pensate alle famose galline dalle uova d’oro della STET e di Telecom) finanziava il sistema dei partiti, con particolare riferimento alla sinistra democristiana.

Ne volete un altro esempio? la tentata svendita di quel gioiello dell’alimentare che era la Buitoni da parte dell’IRI di Prodi al gruppo economico di De Benedetti, svendita che fu sventata giustamente da Bettino Craxi e dell’allora PSI, che aveva nel suo programma la difesa dell’italianità e del valore delle nostre imprese anche pubbliche.

Evidente che il conflitto di interessi era esistente anche nella prima repubblica e che Prodi con la sua salvifica (per la democrazia) discesa in campo nella seconda repubblica, come leader del centro sinistra, ha portato direttamente anche nella seconda repubblica.

Infatti seppur con un ruolo politico Prodi ha continuato anche nella seconda repubblica, a essere il garante degli interessi della cosiddetta finanza cattolica e del capitalismo progressista, di cui il suo centro studi nomisma rappresentava il riferimento ideologico e culturale.

Del resto basta guardare come sono state portate avanti le privatizzazioni delle partecipazioni statali dai governi Prodi ovvero, in alcuni casi (non tutti ovviamente), con evidenti favori nella vendita delle imprese  pubbliche, a cordate imprenditoriali dell’area politica e culturale della finanza cattolica e del capitalismo progressista.

Svendita delle partecipazioni che ha avuto il suo parossismo nel governo Dalema, che Guido Rossi un valente e onesto economista di area peraltro di sinistra, aveva ben definito come la prima merchant bank italiana; basti pensare alla svendita della Telecom alla cordata Colannino (vedi area De Benedetti e capitalismo progressista), addirittura con un operazione di management buy out, ovvero acquistando Telecom attraverso il suo indebitamento.

Certo di quel capitalismo progressista Romano Prodi rappresentava sia come manager che come economista il meglio della tecnocrazia e del mondo degli studi economici della sinistra cattolica, nonchè di quell’ Humus culturale del cattolicesimo democratico e riformista, che tanto valore e ricchezza ha portato al nostro paese e che è alla base della fondazione operata dal professor Prodi del centro sinistra avvenuta oramai quasi trenta anni fa.

Con la sua discesa in campo Prodi ha portato tutta la cultura di cui sopra al servizio del centro sinistra e di forze ancora senza una chiara storia democratica (gli ex comunisti), rendendolo così credibile anche agli occhi dei partner europei ed occidentali.

Ma vediamo Berlusconi altro papa straniero ma ovviamente del centro destra: brillante e geniale imprenditore della finanza e soprattutto dei media, che non solo ha fondato un impero televisivo innovativo e di qualità (Mediaset), ma ha consentito con ciò di rompere il monopolio della rai, favorendo con la concorrenza fra Rai e Mediaset, il miglioramento della qualità e la quantità dei programmi televisivi per tutti i tele utenti italiani.

Berlusconi aggiungo è stato anche un visionario imprenditore nella finanza (mediolanum), nell’edilizia (Milano 2) e nella formazione (master pubblitalia) e un moderno capitano d’industria del nostro paese che ha portato la qualità e il bello nell’economia.

Ora Berlusconi con la sua cultura del fare, cattolica, liberale e riformista è alla base della fondazione del centro destra, contribuendo così a completare il sistema bipolare democratico italiano, che diversamente sarebbe stato monco, dello schieramento di centro destra e cmq in balia di forze non ancora mature dal punto di vista democratico (vedi ex fascisti, leghisti).

Sottolineo che la discesa in campo di Berlusconi fu resa necessaria dal fatto che nel centro destra non si palesavano leader credibili in grado di aggregarne i vari partiti e che Berlusconi probabilmente, se ad esempio Segni avesse avuto la forza di essere lui il leader del centro destra, sarebbe rimasto a fare felicemente l’imprenditore

Bisogna sottolineare però che anche Berlusconi ha fatto evidenti compromessi con la politica nella prima repubblica (come tutti gli imprenditori italiani del resto), vedi appoggio, sostegno e finanziamento a Craxi e al PSI, in cambio della salvezza delle sue televisioni, che la sinistra democristiana, complice pretori d’assalto, voleva oscurare.

Socialisti che furono appoggiati da Berlusconi anche per la loro scelta politica di valorizzazione della cultura di impresa in Italia; politica portata avanti dal PSI modernamente anche da sinistra, vedi ad esempio la battaglia per il made in italy o anche come già citato il sostegno al sistema delle libere televisioni, in antitesi con il concetto monopolio del settore da parte della RAI.

E inoltre sempre nella prima repubblica Berlusconi pur geniale imprenditore risultò essere iscritti all’elenco degli affiliati alla P2 (anche se iscritto non attivo nello stato del cosiddetto sonno), un sistema massonico deviato, che voleva condizionare la vita politica, economia e civile del nostro paese nella prima repubblica e che ne rappresenta un chiaro indicatore della sua degenerazione.

Inoltre Berlusconi certamente nella seconda repubblica, con i suoi governi, ha promulgato provvedimenti a favore del suo gruppo televisivo, realizzando una riforma delle televisioni, che ha favorito in modo smaccato e non equilibrato il duopolio RAI – Mediaset, a netto a svantaggio della nascita di altri poli televisivi e all’aumento della concorrenza nel settore televisivo.

Ma la riflessione è che il tema strategico del futuro dell’economia è proprio la convergenza fra le società media che posseggono i contenuti (come Mediaset ma ovviamente anche la Rai) e le società di telecomunicazione (come Telecom e Tim ad esempio), che posseggono le infrastrutture di comunicazione, con particolare riferimento a quelli del mobile; modello che sta ad esempio già applicando Sky come noto colosso globale dei media.

Dunque MediaSet rappresenta per il nostro paese un asset strategico economico fondamentale, che va assolutamente tutelato e valorizzato, per difendere l’interesse nazionale, così come fa ad esempio la Francia con i suoi campioni nazionale dei settori strategici e come sicuramente fa con Vivendì campione nazionale della telecomunicazioni francesi.

Quindi questi provvedimenti pro mediaset erano assolutamente necessari e fondamentali e lo scandalo è che non siano stati, magari migliorati e resi più equilibrati, ma proseguiti e rafforzati anche dai governi del centro sinistra.

E’ evidente che la sinistra in particolare quella ex comunista non ha ancora acquisito quella cultura di impresa e del valore, che invece Craxi e il gruppo dirigente del PSI aveva fatto proprio anche da sinistra sin dagli anni 80 (vedi ad esempio discorso sui meriti e bisogni di Claudio Martelli), espressa anche difendendo le libere trasmissioni di Mediaset.

In altri termini la sinistra pur di colpire politicamente Berlusconi non ha esitato a mettere a rischio un valore economico e strategico per il nostro paese come Mediaset nonché cento mila posti di lavoro collegati di lavoratori italiani.

Insomma Berlusconi (il cattolico liberale) e Prodi (il cattolico democratico), malgrado il loro evidente conflitto di interessi, hanno entrambi avuto un fondamentale compito storico e svolto generosamente il ruolo di papi stranieri, dei rispettivi schieramenti politici e sono stati fondamentali per dare stabilità democratica e riforme liberali e visione europea, a un sistema politico della seconda repubblica, non totalmente allineato tali valori (vedi sovranismo, populismo e vetero comunismo).

Tante è vero che al di là della ovvia concorrenza politica, come leader di opposti poli, Prodi e Berlusconi in realtà si stimano e si riconoscono reciprocamente come leader democratici e liberali occidentali, che fanno riferimento alle grandi famiglie democratiche europee del popolarismo e del socialismo.

Ne comprova il fatto che Berlusconi solo con Prodi e viceversa (e per ben due volte) ha accettato la sfida televisiva in occasione delle campagne elettorali del 1996 e del 2006.

Ma in particolare c’è una foto che comprova quanto sopra, che raffigura Prodi e Berlusconi che si stringono la mano sorridendo, allorchè Prodi è stato nominato nel 2000 presidente della commissione europea, con il concorso fondamentale dell’appoggio di Forza Italia e del partito popolare europeo.

Questo episodio è stato forse l’ultima volta che l’intero sistema politico italiano ha avuto la forza di convergere unitariamente, per fare davvero gli interessi del nostro paese anche in europa.

Insomma il confronto politico fra la cultura cattolico liberale di Berlusconi e cattolico democratica di Prodi è stato sempre improntato sulla comune condivisione di valori liberali, democratici, riformismo, di garantismo e tolleranza; proprio quei valori che sia a destra che a sinistra servono assolutamente come l’aria al nostro paese e democrazia.

Possiamo concludere che Berlusconi e Prodi, con la loro azione per la creazione del bipolarismo italiano, hanno avuto il compito storico di creare (o meglio tentare) il bipolarismo nel nostro sistema politico e la pacifica alternanza fra destra e sinistra ovvero il famoso paese normale di cui parlava Dalema in un suo bel libro.

Ma ora siamo nella terza repubblica e sembra che ci siamo scordati (sono entrambi dileggiati e in minoranza e considerati vecchi quasi da rottamare) di quanto bene hanno fatto al nostro paese Berlusconi (fondatore del centro destra) e Prodi (fondatore del centro sinistra) e in che modo abbiano concorso entrambi, a rendere possibile nel nostro paese il bipolarismo e la pacifica alternanza fra destra e sinistra.

Forse però nella terza repubblica è giusto ora dare spazio a forze ed energie nuove e a giovani leader come la Meloni (in gambissima e intelligentissima), Salvini (carismatico e trascinatore), Conte (un valente professore e giurista) e Letta (professore e valente economista), nella speranza però che questi nuovi leader non si scordino, nella loro azioni politica dell’importanza dei valori liberali, di democrazia, di garantismo, di sviluppo e di riformismo e magari siano per il nostro paese e per i rispettivi schieramenti anche un po’ papa stranieri, come lo furono i due padri della patria Berlusconi e Prodi.

Certo Prodi e Berlusconi sono state due eccezioni, necessarie per la nostra democrazia, di leader senza una precedente storia politica; portando nella loro discesa in campo, dal mondo dell’economia a quello della politica, l’inevitabile conflitto di interessi di cui abbiamo parlato in questo articolo.

Concludo però che il futuro comunque è quello di ‘far tornare il nostro paese ad essere di nuovo un paese normale e ad essere governato da politici di professione (e quindi senza conflitti di interesse), come avviene in tutte le democrazie europee.

Quanto sopra magari seguendo l’esempio della Francia dove però tutti i futuri politici sia destra che di sinistra, prima di entrare nell’agone della politica, studiano insieme (imparando a rispettarsi e stimarsi) all’Ecole: la scuola di studi superiore della pubblica amministrazione francese, da cui ne escono formati come politici preparati, capaci e democratici (compreso Macron e tutti i presidenti precedenti francesi escluso Mitterand).

In Italia esiste similmente la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione che è un’eccellenza della P.A., ma come sempre nel nostro paese gattopardesco, manca la volontà politica di dare seguito all’esempio virtuoso dei nostri cugini francesi.

Concludo che a trenta anni dalla necessaria e salvifica per la democrazia discesa in campo di Berlusconi e Prodi, con l’inevitabile conflitto interessi di cui ho parlato in questo articolo, non esiste ancora nel nostro paese una chiara ed equilibrata normativa, che regolamenti questo delicato tema e anche qui ritorno in conclusione al tema gattopardesco del nostro paese.

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