Non soltanto una valigia di cartone. Storie di migranti Italiani. Approfondimento sul libro di Amerigo Fusco.

12 Febbraio 2022
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La copertina del libro

Nel mondo veloce e globalizzato di oggi, in cui i nostri smartphone e i nostri nuovi pc sono ormai quasi obsoleti rispetto alla quantum technology dei computer che tra qualche anno invaderanno anche le nostre case, talvolta noi italiani, noi europei ma forse, in generale, noi cittadini di tutto il mondo dimentichiamo le nostre origini.
Noi italiani in particolare, dopo la pandemia che ha sicuramente fiaccato il nostro spirito, siamo profondamente obnubilati dalla perfidia della retorica politica, siamo drogati dai talkshow, siamo ubriacati dai social media: insomma, siamo imbarbariti e instupiditi dalla necessità di sembrare più che di essere.
Per fortuna, nel nostro Paese, esistono delle persone che ogni tanto si sono guardate indietro, cercando un insegnamento per migliorare sé stessi e, possibilmente, anche gli altri.
È il caso di Amerigo Fusco, della cui amicizia mi onoro ormai da tempo.
Amerigo è un servitore dello Stato, appassionato di storia, di diritto e di sport estremi.
Ma non c’è nessuna di queste sue passioni che non sia intrisa di senso istituzionale, di amor di Patria, di dovere, di onestà e di giustizia.
Ovviamente, ripeto, è un mio amico: ho avuto varie prove di tutte le sue virtù nei bei momenti che hanno scandito la nostra amicizia.
Ma l’ultima dimostrazione me l’ha data una delle sue fatiche letterarie, che ho avuto il privilegio di leggere, sebbene con molto ritardo, ovviamente per colpa mia.
Mi riferisco al libro “Non solo una valigia di cartone. Storie di migranti italiani”. Scritto per i tipi di “La strada per Babilonia”, nel maggio del 2021 e acquistabile qui, ma non solo. Era stato intervistato anche dal nostro Direttore Alessandro Conte, sempre per la rubrica bookreporter a questo link. Non è il classico racconto di sofferenza e di povertà che hanno contraddistinto l’emigrazione italiana nel secolo scorso.
Questo libro è anzitutto la punta di un iceberg di un’immensa opera di ricerca, con una minuzia di particolari, di dati ed informazioni che, forse, avrebbero potuto impegnare svariate equipe di dottorandi all’università.
Il lavoro di analisi ed il successivo lavoro di sintesi di Amerigo Fusco è veramente impressionante.
Tuttavia, egli stesso riconosce come il suo lavoro sia parziale, perché, sulla base di pochi dati iniziali in possesso, ha cercato di approfondire lo spaccato delle realtà migratorie italiane negli Stati Uniti, in Australia, in Sudamerica, e in alcune parti dell’Europa, concentrandosi solo su alcuni piccoli paesi dell’Italia meridionale che sono saltati alla sua attenzione per la vasta portata del fenomeno. Del resto, è impossibile raccontare l’emigrazione italiana in un solo volume. Eppure, ritengo che – secondo il metodo usato da Fusco – egli abbia sicuramente scritto tutto quanto fosse possibile sulle specifiche realtà che ha scelto.
In sostanza, egli ha scelto alcune piccole comunità dell’Italia meridionale, in diverse regioni e ha studiato come i cittadini di quei paesini si siano trasferiti talvolta in massa in altri continenti o in altri territori della nostra Europa.
Non è il solito racconto, ripeto.
Anche qui si parla di miseria, di miniere, di agricoltura, di self made men e di storie di successo, ma anche di morti e di alcuni insuccessi.
Tutto ciò che è alla base del fenomeno migratorio italiano – sofferenza sudore e lacrime – si dà per scontato.
Chi si accosta a questa lettura deve necessariamente possedere un minimo background culturale tale da fargli intendere, dietro le righe, quali fossero le condizioni dei nostri emigranti all’estero.
Non esisteva tutela sociale, non esisteva la gender-equality, non esistevano l’inclusione e la diversity.
Esistevano solamente il lavoro duro, il lavoro nero, il razzismo e lo sfruttamento.
Sfruttamento che talvolta era considerato assolutamente legittimo ed era persino istituzionalizzato.
Alcuni italiani ce l’hanno fatta; alcuni italiani sono riusciti. Moltissimi no.
Molti sono tornati in Patria, molti altri si sono stabiliti con le loro famiglie e con le generazioni successive alla loro nei territori che inizialmente avevano varcato con incertezza e solitudine.
Alcuni sono diventati manager e imprenditori di successo, altri rimangono affermati in una categoria della borghesia media o medio-alta.
Il fattor comune è che molti emigrati all’estero conservano la cittadinanza italiana, molti altri pensano all’Italia e non si sono mai del tutto separati da essa, anche se sanno benissimo che non vi torneranno più.
Il trait d’union talvolta è la cucina, molto più spesso è la lingua.
Questi italiani, non sempre di seconda o terza generazione, ma alcuni ancora in vita dalla prima migrazione del secondo dopoguerra, ricordano perfettamente le strade dei loro paesi, le usanze, gli alimenti, le bevande, le cerimonie religiose.
Amerigo Fusco, armato di curiosità, passione e pazienza è riuscito a intervistare un discreto numero di italiani all’estero, ci ha parlato utilizzando i mezzi tecnologici a disposizione, specie in periodo di pandemia, è riuscito ad accreditarsi presso quelle famiglie e quelle comunità.
Ha spiegato il suo intento di ricercatore e di persona affamata di conoscenza e di valori, e ne ha fatto un libro.
Ha incontrato sindaci, ha incontrato emigranti, ha visitato luoghi remoti della nostra Italia, spesso molto lontani dalle principali città anche dell’Italia meridionale e dove una ritualità contadina o comunque agropastorale è ancora in vita (per fortuna).
Si parla di Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia.
Ma anche di Belgio, Germania, Stati Uniti, Argentina, Venezuela, Australia…
Senza nascondere un brevissimo e lieve momento autobiografico, assolutamente minimo rispetto all’immensa opera nel suo insieme, Amerigo ha dimostrato che fuori dall’Italia esiste un’altra Italia ancora, fatta di altri italiani, fatta di altre storie.
Fatta di tanti sacrifici, ma anche di tante soddisfazioni.
Insomma: un vero elogio delle virtù italiche, ma con una retorica completamente diversa, un metodo particolare, un punto di vista eccezionale.
Che dire?
Consigliatissimo e commovente. 

E, come dico sempre, “Bravo Amerigo!”

Domenico Martinelli

 

Articolo dello stesso autore comparso anche sulla rivista scientifica euNOMIKA a questo link.

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