Tregua in Nagorno-Karabakh, chi sono i vincitori?

25 Novembre 2020
by
6 mins read

Dopo circa sei settimane di combattimenti, in Nagorno-Karabakh è stata firmata una tregua tra Armenia e Azerbaijan, il 9 novembre, con la mediazione della Russia. La firma di questa tregua ha seguito la presa della città di Shusha, l’8 novembre, da parte dell’esercito azero.

Come nella guerra del 1990-1994 la conquista di questa città ha avuto un enorme significato strategico: la sua posizione, infatti le permette di tagliare in due in collegamenti tra l’Armenia e Stepanakert nel suo percorso più breve a sud e di tenere sotto tiro la stessa capitale vista la breve distanza che divide le due città, circa 15 chilometri. La notizia dell’armistizio tra le parti è stata accolta ad Erevan con proteste e disordini: i manifestanti hanno fatto irruzione nel Parlamento ed hanno chiesto le dimissioni del governo Pashinian, che nei giorni scorsi ha licenziato il Ministro degli Esteri. A Baku invece la popolazione si è riversata nelle strade, manifestando la propria felicità per un torto che dopo 30 anni sente almeno parzialmente riparato.

La tregua firmata da Azerbaijan e Armenia prevede il dispiegamento di circa 2000 peacekeeper russi nel Nagorno-Karabakh per un periodo di circa 5 anni estendibili di altri 5 su richiesta di Baku ed Erevan, la restituzione all’Azerbaijan dei setti distretti non appartenenti al Nagorno-Karabakh che l’Armenia aveva conquistato nel 1994, la conquista della parte meridionale della regione da parte di Baku. La domanda che ora tutti si chiedono è: alla luce di questa tregua, chi esce vincitore da questo ultimo scontro? Per rispondere dobbiamo analizzare i punti di vista di Russia, Turchia e Azerbaijan. La tregua firmata con la mediazione russa rappresenta una vittoria militare per l’Azerbaijan. Secondo il documento, a Baku vengono restituiti anche quei territori non coinvolti negli scontri durante il mese di ottobre (quelli settentrionali di Kelbajar e di Agdham) e prende anche il controllo del distretto di Lachin, strategicamente importante perché attraverso questo distretto passano le vie meridionali di comunicazione tra Stepanakert, Shushi e l’Armenia. All’Azerbaijan viene anche garantito la comunicazione tra il suo territorio e l’enclave della Repubblica Autonoma del Nakhchivan, territorio azero compreso tra Armenia, Turchia e Iran, i cui collegamenti fino ad oggi erano garantiti solo per via aerea o attraverso il territorio iraniano. Non è ancora chiaro quali infrastrutture verranno costruite per collegare le zone e in che preciso punto, se attraverso il distretto di Lachin o in territorio armeno che costeggia il confine con l’Iran. L’analista Vladimir Socor ha anche evidenziato un guadagno importante per l-Azerbaijan ma tralasciato nell’analisi della tregua: con questa vittoria, i processi di nation-building e state-building vengono rafforzati, e rappresentato un passo decisivo per il consolidamento dello stato nazionale azero. Senza considerare che la figura dello stesso Aliyev si rafforza dal punto di vista interno ed internazionale.

Per le due super potenze alleate di Armenia e Azerbaijan, rispettivamente Russia e Turchia, la firma della tregua rappresenta una forma di cooperazione diplomatica che ha portato dei benefici ad entrambe. Mosca in questa crisi rischiava di perdere molto, ma i punti fondamentali della tregua rappresentano l’attuazione di un progetto noto come “Piano Lavrov” creato anni fa ma di cui il Cremlino ha sempre negato l’esistenzaL’attuazione prevedeva il ritiro delle truppe armene dalla regione e il dispiegamento di forze russe per la protezione della popolazione locale di origine armena, anche se pare che le forze da stanziare nella regione inizialmente fossero più dei 2000 effettivi inviati il 10 novembre. Con il dispiegamento di truppe nella parte del Nagorno-Karabakh non occupata dall’esercito azero, Mosca ha raggiunto l’obiettivo di una presenza militare in tutti e tre i paesi del Caucaso. La Russia ha una base militare in Armenia e ha forze dispiegate in Georgia (nelle regioni dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud), e con questa tregua ha truppe in Azerbaijan pur formalmente rispettandone la sovranità perché forze di peacekeeping. Infatti, la Russia ha sempre riconosciuto formalmente la sovranità di Baku sul Nagorno-Karabakh. Da un punto di vista internazionale, la vittoria di Mosca consiste nell’avere estromesso i paesi occidentali dalla regione: il gruppo di Minsk infatti non ha avuto alcun ruolo nella tregua e gli Stati Uniti, sin dal loro primo intervento nella crisi, a fine ottobre,  si sono ritrovati a rincorrere diplomaticamente Mosca, ribadendone così il ruolo da protagonista per quanto riguarda gli avvenimenti nello spazio post-sovietico. Alcuni analisti hanno espresso opinioni differenti rispetto all’effettivo distanziamento dell’Occidente nella regione e agli effettivi obiettivi internazionali perseguiti da Mosca con la tregua. Secondo Dmitri Trenin, Mosca è intervenuta nel conflitto per evitare che ci fossero delle ripercussioni interne, in particolare sulla minoranza armena e sulla minoranza azera (che contano 2 milioni di persone ciascuna) e per bloccare un effetto spill-over sulle minoranze etniche musulmane che vivono nel Nord Caucaso. Per quanto riguarda il coinvolgimento dell’Occidente, questa opinione sembra essere suffragata dal fatto che organizzazioni come l’OSCE e l’ONU, a cui la Russia non ha richiesto il mandato per l’invio di peacekeeper, potrebbero essere coinvolte per la gestione dei flussi di profughi dal Nagorno-Karabakh. 

Anche la Turchia può essere considerata una vincitrice. Findall’inizio degli scontri tra Armenia e Azerbaijan, Ankara ha appoggiato gli azeri sia militarmente che diplomaticamente, premendo perché entrasse a tutti gli effetti nel Gruppo di Minsk per la risoluzione della crisi. Con la firma della tregua la Turchia ha ampiamente raggiunto il suo obiettivo: Russia e Turchia hanno stipulato un memorandum secondo il quale anche Ankara avrà un ruolo, seppur minore rispetto a quello di Mosca, nella missione di peacekeeping e di monitoraggio del territorio dove saranno dispiegati i peacekeeper russi. Il ruolo nella missione di peacekeeping è il riconoscimento russo alle aspirazioni regionali della Turchia nel Caucaso, perché teoricamente nella tregua firmata non vi è specificato nessun ruolo per Ankara. Ma la vera vittoria turca può essere l’esclusione di altri paesi musulmanidagli affari regionali: se infatti durante la crisi l’Iran aveva sollecitato la sua partecipazione attiva nei lavori del Gruppo di Minsk, al momento della tregua, Teheran è stata totalmente esclusa pur confinando con le zone interessate nel conflitto. Ivantaggi per la Turchia non si fermano qui: con l’aiuto procurato all’Azerbaijan, la Turchia può aumentare la sua influenza in Asia Centrale e nel mondo turcofono (ricordiamo che entrambi fanno parte del Consiglio Turco) che e può intervenire anche per le questioni che riguardano lo sfruttamento delle risorse energetiche nel Mar Caspio, di cui l’Azerbaijan è un enorme esportatore grazie alla presenza di giacimenti petroliferi di fronte alle sue coste. La questione sullo sfruttamento delle risorse energetiche del Mar Caspio non è stata risolta con la firma della Convenzione sullo status giuridico del Mar Caspio nel 2018, perché non si occupa nello specifico dei fondali marini, ma solo della superfice. In futuro, la questione rischia di essere più spinosa perché oltre ai cinque paesi coinvolti, il peso della Turchia potrebbe farsi sentire attraverso le posizioni di Baku. 

Per ritornare alla domanda iniziale: chi esce vincitore da questa crisi? C’è una differenza tra ciò che hanno guadagnato Azerbaijan, Russia e Turchia: gli effetti a lungo periodo. Se si dovesse considerare questo aspetto, allora la Turchia è da considerarsi l’unica vincitrice. L’Azerbaijan ha riguadagnato dei territori che secondo il diritto internazionale gli appartenevano, ma questo accordo non è definitivo e c’è sempre la possibilità di una nuova recrudescenza del conflitto, senza considerare il fatto la sua vittoria è anche dovuta agli interventi di Russia e Turchia. Quella di Baku è quindi una vittoria nel breve periodo. La Russia ha ribadito di essere ancora il principale attore nella regione, è riuscita a portare le sue truppe sul territorio azero, si è fatta garante di almeno 5 anni di pace ed ha estromesso i paesi occidentali dalla diretta risoluzione del conflitto. Senza considerare che nelle prossime settimane la crisi politica in Armenia potrebbe far cadere il governo di Pashinian e un nuovo esecutivo potrebbe cercare di riavvicinare i due paesi in politica estera. La Russia è quindi la vincitrice nel medio periodo. Nel lungo periodo la vincitrice è la Turchia. Il suo riconoscimento come partner della Russia nel Caucaso le da’ una posizione internazionale che di preminenza nei confronti dei paesi occidentali e potrà fare leva sugli aiuti dati per coinvolgere Baku nel raggiungimento dei suoi obiettivi in politica estera. Infine la Turchia, aumentando la sua influenza nel mondo turcofono grazie al supporto dato a Baku, può presentarsi come alternativa alla Russia e alla Cina in Asia Centrale sfruttando la tradizionale politica multi-vettoriale dei quei paesi, cambiando gli equilibri di quel contesto geopolitico.

Di Cosimo Graziani

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Follow Me

Best Rated

Banner

Popular

Authors

Previous Story

Unione europea e Stati Uniti: di nuovo amici?

Next Story

EA Talks Cooperazione internazionale e comuni intervista a Antonio Ragonesi

Latest from Blog

La nuova strategia di Hamas

  L’esito delle operazioni militari all’interno della Striscia di Gaza suscita la preoccupazione, l’angoscia e la condanna da parte dei Governi, delle Organizzazioni Internazionali e dei media occidentali unanimi nel chiedere a Israele di interrompere il conflitto ed evitare una “catastrofe umanitaria”. L’intento di questo insieme di iniziative è assolutamente

Disinnescare il fronte libanese

Quando a Ottobre dello scorso anno Hamas perpetrò il suo attacco terroristico nella striscia di Gaza ottenne, immediatamente, il pieno supporto mediatico delle milizie filoiraniane di Hezbollah. Tuttavia, anche se nei mesi successivi Hezbollah ha intensificato le sue attività offensive lungo la linea di confine, costringendo Israele ad evacuare diverse

Washington e il Medio Oriente

Negli ultimi quindici anni il centro di gravità della politica estera di Washington si è spostato dal teatro Euroasiatico a quello Indo – Pacifico come conseguenza della scelta geostrategica di contrastare in quella Regione la crescente influenza cinese tendente a realizzare un nuovo sistema di ordine globale. Questa priorità ha

Ankara e la ricerca dell’equilibrio geopolitico

In occasione della imminente visita di Putin in Turchia il Presidente Erdoǧan ha dichiarato l’intenzione di svolgere il ruolo di mediatore nell’ambito del conflitto ucraino facendosi promotore di una possibile situazione negoziale tra le due parti. L’iniziativa sembra voler sottolineare la volontà della Turchia di riprendere a svolgere quel ruolo

La situazione in Medio Oriente dopo il 7 Ottobre

L’attacco che Hamas ha condotto contro lo Stato di Israele, lo scorso 7 Ottobre, rappresenta un ulteriore episodio del conflitto che devasta il Medio Oriente da circa un secolo (anno più, anno meno). Per poter comprendere tale nuova fase di questa guerra infinita, è necessario esaminare gli aspetti che ad

Una nuova guerra in Medio Oriente?

  Le modalità con le quali, nel settore della Striscia di Gaza, l’organizzazione di Hamas ha condotto l’attacco contro lo Stato di Israele hanno drammaticamente elevato il livello della tensione che contraddistingue l’area, accrescendo il pericolo che la situazione possa evolversi dando luogo a un vero e proprio conflitto. Il

Iran: nuova diplomazia, ma stesso obiettivo

La teocrazia iraniana ha da sempre perseguito un duplice obiettivo strategico: assumere una leadership regionale affermandosi come potenza dominante nel Medio Oriente; costringere gli USA ad abbandonare l’area e allo stesso tempo detronizzare Israele. Questa è stata e rimane la direttiva geostrategica che orienta la politica dell’Iran, ciò che invece

Medioriente – il Nuovo Mondo del terzo millennio

Recentemente, nell’ambito di una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU nella quale dovevano essere discussi i termini per l’invio di ulteriori aiuti umanitari a favore delle aree colpite dal terremoto, che ha devastato la zona di confine tra Turchia e Siria, la Russia ha esercitato il diritto di veto bloccando,

Global South e Nuovo Mondo Multipolare

Mentre in Europa abbiamo reinventato la Guerra Fredda nell’illusione di fermare la storia, cullandoci nel decadente mito della superiorità della cultura occidentale, sorretti dalla presunzione di avere il diritto di imporre sanzioni a chiunque non condivida la nostra narrative, il mondo si è trasformato sotto i nostri occhi. Il processo

L’Impero su cui non tramonta mai il sole

La geopolitica dell’impero di Roma venne regolata da un criterio semplice ma efficace: divide et impera! E il successo di tale formula fu così elevato che, nel corso dei secoli, tale pratica venne adottata da molte altre potenze che giocarono un ruolo fondamentale nella costruzione dell’ordine internazionale. Quindi non c’è

Il manifesto di politica estera di Pechino

  Mentre in Occidente ci auto illudiamo con una narrativa di “regime” unidirezionale e ingannevole che il conflitto ucraino rappresenti l’atto estremo dell’eterna lotta tra il Bene (noi Occidentali) e il Male (il resto del mondo che non la pensa come noi), non ci accorgiamo che la Cina sta ponendo

La realpolitik di Ankara

Mentre la narrativa occidentale dà per imminente la vittoria dell’Ucraina nel revival all’inverso della Grande Guerra Patriottica e per scontata la scomparsa della Russia dalla scena internazionale, Mosca continua a svolgere un ruolo di protagonista negli altri scenari geopolitici che l’Occidente sembra aver dimenticato. Recentemente, infatti, l’attività diplomatica del Cremlino

Il piccolo mondo antico dell’Occidente

Il protrarsi del conflitto in Ucraina ha determinato la necessità fondamentale, per entrambi i contendenti sul campo, di poter accedere a fonti integrative di rifornimenti di materiale bellico, al fine di poter supportare le proprie attività e di conseguire i propri obiettivi. Gli USA e l’Europa, da lungo tempo, sono

La crisi ucraina: informazione o propaganda?

  La cronaca e l’esame analitico di come si stia sviluppando il conflitto in atto in Ucraina sono offuscate da quella che sembra essere l’unica cosa che abbia importanza nell’ambito di questa tragedia: la propaganda. Il circuito mediatico nazionale e soprattutto internazionale non produce informazione oggettiva, seria, imparziale, ma è

L’impasse

Mentre all’Assemblea generale delle Nazioni Unite si consumava la rappresentazione tragicomica della inanità di questo consesso mondiale, retaggio di un mondo che non esiste più, roboante nei suoi propositi, elefantiaco nella miriade delle sue diramazioni, economicamente fallimentare, ma, soprattutto, impotente nella risoluzione dei conflitti che coinvolgono gli stessi Paesi che

Esiste un nuovo ordine mondiale

I conflitti sono sempre stati originati e condotti per ottenere risultati volti a soddisfare il conseguimento degli intendimenti strategici che le nazioni considerano essenziali per i loro obiettivi di politica nazionale. Queste ragioni sono state, poi, immancabilmente ammantate da un pesante velo di propaganda (questo è il suo vero nome!)

Una nuova NATO dopo Madrid?

Il vertice della NATO di Madrid, appena concluso, e la recentissima formalizzazione dell’ingresso di due nuovi membri nell’ambito dell’Alleanza sono stati presentati come un’altra risposta forte e decisa che il mondo occidentale ha voluto dare alla Russia. Il vertice ha inteso trasmettere l’immagine di una Alleanza compatta e determinata che

NATO – Back to the future!

La prossima settimana a Madrid si svolgerà il vertice dell’Alleanza Atlantica che dovrà definire il Concetto Strategico che guiderà la NATO verso il nuovo decennio. Il contesto geopolitico nel quale questo particolare e fondamentale appuntamento si realizza è estremamente delicato e le decisioni che saranno assunte avranno un peso specifico

La geopolitica tecnologica della Turchia

L’ascesa della importanza geopolitica della Turchia e l’aumento della sua proattività diplomatica delineano una parabola che proietta il Paese verso il conseguimento di una rilevanza strategica che, trascendendo i limiti geografici regionali, le sta facendo assumere il ruolo di potenza euroasiatica. Il percorso tracciato da Erdogan non è stato lineare,

Come la Russia vede la crisi ucraina

      Il clima mediatico occidentale sembra ritenere che il conflitto militare in Ucraina, in atto da ormai più di tre mesi, possa essere prossimo alla sua conclusione. Le sanzioni e l’insuccesso attribuito alle operazioni russe, a cui si imputa il mancato conseguimento di risultati militari definitivi, lascia ora

Svezia e Finlandia nella NATO. Cui prodest?

La notizia che la Svezia e la Finlandia abbiano recentemente formalizzato la loro richiesta di entrare a far parte della NATO è stata presentata come un colpo definitivo assestato all’avventura russa in Ucraina e come un successo politico che consente all’Alleanza di annoverare tra le sue fila anche due giganti

Il dilemma strategico della Russia

Se si esamina con attenzione una carta geografica della Russia appare evidente, anche all’occhio del neofita, che l’immensa estensione territoriale di questo paese è controbilanciata, con esito negativo, dalla pressoché assoluta mancanza di accesso diretto alle rotte commerciali oceaniche che costituiscono, da sempre, la base sulla quale si sviluppa e

Macron 2.0 :più Francia e meno Europa

Domenica prossima la Francia andrà al voto di ballottaggio per eleggere il Presidente della Repubblica. Il copione non presenta nessuna novità di rilievo, è lo stesso ormai da circa 20 anni. Due candidati che rappresentano le due anime di una nazione, da una parte il difensore dello stato di diritto

Difesa Europea? No grazie!

L’attuale crisi ucraina, in virtù dello sconvolgimento geopolitico che ha provocato, ha dato l’avvio a una molteplicità di riflessioni, di idee e di propositi da parte del mondo occidentale, e dell’Europa in particolare, volte a individuare nuove soluzioni per evitare il ripetersi di eventi simili e per continuare a garantire

Un nuovo ordine internazionale

  Il 4 febbraio scorso, in occasione della cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici a Pechino, nella sede del China Aerospace Studies Institute, Cina e Russia hanno firmato una dichiarazione congiunta, denominata “Joint Statement of the Russian Federation and the People’s Republic of China on the International Relations Entering a

Ma l’ONU, così, serve ancora?

Il conflitto che sta sconvolgendo l’Ucraina ha messo in evidenza un vuoto pauroso nel panorama delle istituzioni internazionali che a vario titolo sono coinvolte nella risoluzione della crisi. Questo vuoto è dato dall’assenza di quella che dovrebbe essere l’istituzione primaria per il mantenimento della pace, cioè dell’ONU! Questo organismo internazionale

La Germania è uscita dal letargo. Realmente?

Negli ultimi trent’anni la posizione geopolitica della Germania è stata caratterizzata da una politica estera ondeggiante tra propositi idealistico -utopistici e interessi economici (definita con malcelato orgoglio realpolitik) che l’hanno portata a valutare (o sottovalutare) le mosse dello scomodo vicino russo con una lente di ingrandimento appannata, che ne ha

La posizione della Cina nella crisi ucraina

Lo sviluppo della crisi in Ucraina rappresenta un importante banco di prova per il corso della politica cinese in virtù dei condizionamenti futuri, che potranno incidere sia sulle decisioni strategiche sia sulle linee di azione che il Paese dovrà prendere nel condurre la propria politica estera. A premessa di quanto

Conclusa la Conferenza permanente, redatto documento con le priorità politiche

Nuova centralità Italiani all’estero: conclusa la Conferenza permanente, redatto documento con le priorità politiche Continuità di azione della Conferenza permanente tra una convocazione e l’altra; partecipazione formale del CGIE alla Conferenza Stato – Regioni; revisione e integrazione delle forme di rappresentanza degli italiani all’estero, alla luce dei cambiamenti intervenuti nel tessuto dell’emigrazione italiana; potenziamento del Sistema Paese in

Armao al Comitato europeo delle Regioni: misure UE specifiche per i disastri naturali

Il Vicepresidente ed Assessore all’Economia della Regione Siciliana, Gaetano Armao, intervenendo oggi, in occasione della 146esima sessione plenaria del Comitato europeo delle Regioni (CdR), al dibattito sui disastri naturali e la risposta alle emergenze ha illustrato al Commissario UE per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, i gravi effetti dei

Mario Draghi alla guida del paese

Mario Draghi ha sviluppato durante gli anni della sua carriera lavorativa una visione chiara e completa dei problemi dell’economia della società contemporanea e degli strumenti da utilizzare per migliorarla. Lo dimostra sul campo in quanto uomo d’ azione, sia al tesoro negli anni novanta che a capo della BCE in
GoUp