L’Unione europea nella crisi tra Iran e USA

17 Gennaio 2020
4 mins read

In seguito all’escalation fra Stati Uniti ed Iran, dovuta all’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani nell’ambito di un’operazione statunitense, si pone la questione relativa al ruolo ricoperto dai paesi europei e dall’Unione europea nella crisi internazionale. Nonostante la posizione scomoda, fra gli storici alleati degli Stati Uniti ed un Paese come l’Iran con cui l’Unione nel 2015 ha negoziato lo storico accordo sullo sviluppo non militare dell’energia nucleare, e nonostante lo scetticismo dei più critici, qualcosa sembra muoversi.

Nell’ambito di tali controversie internazionali, puntualmente, si torna a dibattere sul ruolo che è chiamata ad occupare l’UE e sull’incidenza della sua politica estera. Questo poiché spesso si reclama un ruolo maggiormente attivo e si lamenta un impegno insufficiente.

Le accuse

Politico ha accusato l’Unione Europea di essere “fuori fase” sulla questione iraniana, mentre gli alleati statunitensi stanno conducendo una politica estera molto aggressiva senza consultarsi con gli altri Stati.

Poche settimane fa la neopresidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, aveva promesso che l’istituzione che guida sarebbe stata una “commissione geopolitica”, con un aumento del peso dell’Unione europea tra i grandi attori globali che articolano le relazioni internazionali, punto debole fino ad oggi nell’articolazione del disegno europeo. Nonostante l’istituzione di organi impegnati nella definizione di una politica estera europea, come l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica sicurezza- carica ricoperta dallo spagnolo Josep Borrell, succeduto all’italiana Federica Mogherini- gli Stati membri più potenti ed aventi un ruolo maggiore nel consesso internazionale sono da sempre restii a cedere la propria sovranità.

In tal modo aumenta la difficoltà di trovare una posizione di compromesso tra i 28 e ciò indebolisce il ruolo dell’Unione, rallentando la sua reazione ufficiale ai grandi avvenimenti. Così come è accaduto in seguito all’uccisione del generale iraniano: la prima dichiarazione ufficiale di von der Leyen sulla morte di Suleimani è arrivata lunedì alle 18.30, a più di tre giorni di distanza dall’evento.

La soluzione diplomatica garantita dall’UE

Nonostante ciò, altri importanti leader dell’Unione europea, come lo stesso Alto rappresentante Borrell ed il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, hanno reagito più tempestivamente. Josep Borrell, formalmente anche vicepresidente della Commissione europea, si è mostrato come il più attivo leader europeo, convocando una riunione straordinaria dei ministri degli esteri degli stati membri per il 10 gennaio, al fine di “discutere sui recenti sviluppi in Iraq ed Iran” e concordare una linea comune, ribadendo il pieno impegno dell’UE “per evitare una escalation nella regione”. Soprattutto, Borrell ha tenuto un colloquio telefonico con il potente Ministro degli esteri iraniano, Javad Zarif- uno dei principali negoziatori dell’accordo del 2015 tra Iran, USA, Francia, Regno Unito, Cina e Germania, negoziato con successo con il grande contributo dell’Unione europea. Borrell ha riferito che Zarif ha “condannato molto chiaramente” l’uccisione di Soleimani, ma lo ha “rassicurato” sulla non intenzione di mettere in atto una escalation di violenze. Il Ministro degli esteri iraniano appartiene all’ala moderata, pertanto non hanno sorpreso le sue posizioni più concilianti se confrontate con quelle dei leader più conservatori. Tuttavia, alla luce dell’intenzione- anticipata da mesi in seguito al ritiro degli Stati Uniti ed annunciata da Zarif stesso- di non rispettare più i limiti imposti dallo storico accordo siglato nel 2015, i suoi toni hanno comunque avuto un forte valore simbolico. Nel dettaglio, il Ministro degli esteri iraniano ha dichiarato che non rispetterà più il numero massimo di centrifughe stabilito nel 2015- la cui costruzione per l’arricchimento dell’uranio è un passaggio fondamentale per la preparazione della bomba atomica- ma ha anche annunciato che continuerà a consentire le ispezioni internazionali nei siti iraniani, smentendo di essere uscito dall’accordo. Il governo iraniano ha così tenuto la porta aperta per una soluzione diplomatica della crisi, mandando un messaggio ai paesi che ancora sono rimasti fedeli all’accordo, gli stati europei, riconoscendo i loro sforzi. Sembra dunque che Borrell sia riuscito nel complicato compito di mantenere un canale di comunicazione e le relazioni reciproche fra Iran ed Unione europea, tassello fondamentale per evitare l’inasprimento della crisi.

Colui che guida l’organo che riunisce i capi di Stato e di Governo dell’UE, Charles Michel, dal canto suo, ha pubblicato una dichiarazione a poche ore dall’evento, chiedendo ad ambedue le parti di evitare una escalation violenta. Egli nei giorni successivi si è anche confrontato con il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, nonché con il Primo ministro canadese, Justin Trudeau.

Gli stati membri che hanno sottoscritto l’accordo del 2015

 

Anche gli Stati membri vincolati dall’accordo del 2015, si sono mossi con una cautela non differente da quella messa in atto dall’UE. Il Regno Unito, ad esempio, si trova ad affrontare un’ulteriore complicazione dovuta alla Brexit: il governo guidato da Boris Johnson deve trovare una posizione di compromesso fra gli Stati Uniti – con cui desidera rafforzare i legami commerciali dopo l’uscita dall’Unione Europea – ed i tradizionali alleati europei, con cui molto spesso negli ultimi anni ha trovato una linea comune in politica estera e con cui sta negoziando per la concretizzazione della Brexit. Pertanto, ciò ha condotto il governo britannico ad assumere posizioni piuttosto contraddittorie sull’uccisione di Souleimani, condannando Trump, senza citarlo direttamente, sottolineando l’influenza negativa dell’Iran nel quadrante Mediorientale, ma, al contempo, chiedendo agli USA di evitare un inasprimento della crisi.

Anche Germania e Francia hanno reagito in maniera diversa: il Ministro degli Esteri tedesco ha esplicitamente accusato il governo americano di “non aver reso più semplici le cose” con l’uccisione di Soleimani, mentre il Ministro francese si è detto preoccupato per le conseguenze sulla coalizione che sta combattendo contro l’ISIS in quel quadrante, coalizione guidata proprio dagli Stati Uniti.

Gli inglesi, i tedeschi ed i francesi, secondo Politico, hanno iniziato ad esprimere più chiaramente la loro vicinanza agli Stati Uniti dopo che il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, si è lamentato del fatto che “gli europei non sono stati di aiuto”. Come risposta, i tre paesi hanno pubblicato un comunicato congiunto sull’Iran in cui viene evidenziato il suo “impatto negativo” in Medio Oriente.

Il 14 gennaio i tre Paesi europei firmatari dell’accordo sul nucleare iraniano hanno annunciato di avere demandato ad un meccanismo di risoluzione delle controversie, previsto dall’accordo del 2015, la decisione di Teheran di rivedere l’applicazione dell’intesa. La scelta di Germania, Francia e Regno Unito è politicamente significativa: al netto della comunicazione congiunta contro l’influenza negativa dell’Iran, si tratta di un tentativo di mantenere le relazioni con Teheran nel quadro dell’importante accordo.

In definitiva, la soluzione diplomatica sembra essere ancora la via prediletta e questo anche grazie all’Unione europea.

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