Elezioni europee: il dibattito degli Spitzenkandidaten

3 Maggio 2019
3 mins read

A meno di un mese dalle elezioni europee e dopo cinque anni dalla sua prima edizione, il 29 aprile, a Maastricht, nel Theater aan het Vrijthof, si è tenuto un dibattito tra gli Spitzenkandidaten, i candidati alla presidenza della Commissione europea.

Spitzenkandidaten in tedesco significa “candidati-guida”, nel gergo europeo tale espressione si utilizza per indicare i candidati indicati dai partiti europei all’elettorato come prima scelta per la Presidenza della Commissione europea, nel caso in cui risultassero vincitori alle elezioni europee. Si tratta di un’innovazione recente, la cui prima applicazione si è avuta per le elezioni del 2014, in virtù dei poteri attribuiti al Parlamento europeo dal Trattato di Lisbona, interpretati in modo ampio dagli europarlamentari. Da parte dei partiti politici europei ciò risponde anche alla volontà di avvicinarsi agli elettori, nonché di avvicinare loro l’istituzione della Commissione europea, spesso definita come “la più europea delle istituzioni” poiché rappresenta l’interesse generale dell’UE. Indicare preventivamente un candidato alla presidenza vuol dire presentarla ai cittadini prima che essa assuma un simile importante ruolo istituzionale. Inoltre, è un modo di focalizzare l’attenzione su quel candidato, evitando che ne venga scelto un altro. Questo poiché, ai sensi del Trattato di Lisbona, spetta ai rappresentanti dei governi, riuniti nel Consiglio europeo -non ai partiti o al Parlamento europeo- scegliere il presidente della Commissione europea, proponendolo al Parlamento, che ha la facoltà di approvare o meno la personalità designata. In sostanza si tratta di un potere condiviso tra Consiglio europeo e Commissione europea e la scelta preventiva del candidato per ogni famiglia politica europea può aiutare a risolvere un eventuale “cortocurcuito”. Ciò vale solo sul piano politico poiché sul piano giuridico la designazione preventiva non ha alcun valore, tanto da non essere vincolante in senso stretto.

In tale ottica, lo scopo del dibattito tra gli Spitzenkandidaten, che di regola sono impegnati in proprie campagne elettorali o in ruoli istituzionali, è quello di ottenere una maggiore legittimazione della potenziale futura autorità, nonché di spiegare come intendano impostare il proprio lavoro.

Il 29 aprile a Maastricht erano presenti 5 candidati: Violeta Tomic (Party of European Left), Frans Timmermans (Party of European Socialists, S&D), Guy Verhofstadt (Alliance of Liberals and Democrats for Europe, Alde), Bas Eickhout (European Green Party, Verdi) e Jan Zahradil (Alliance for Conservatives and Reformists in Europe, Ecr). Cruciale è stata l’assenza del candidato dell’attuale principale partito del Parlamento europeo, l’European People Party (Epp) che ha designato come candidato alla presidenza della Commissione Manfred Weber. Egli è stato nominato più volte dai candidati presenti nonché dai due moderatori, Ryan Heath di Politico Europe e Rianne Letschert dell’Università di Maastricht. Altro assente Oriol Junqueras (European Free Alliance, EFA), attualmente in regime di carcerazione preventiva a causa del tentativo di secessione catalana in Spagna.

Ciascun candidato ha avuto a disposizione un minuto di tempo, durante il quale ha chiarito le proprie posizioni, le proprie priorità, gli obiettivi politici e lo stile prescelto, in una dichiarazione di apertura.

Timmermans, di S&D, ha cavalcato il successo registrato dai socialisti di Sanchez in Spagna e, sottolineando la sua provenienza olandese, ha fatto riferimento alla città universitaria di Maastricht, affermando che molti studenti non sarebbero presenti nella città senza l’aiuto dell’Unione europea e degli Accordi Schengen.

Il candidato ceco Jan Zahradil, di Ecr, convinto nazionalista, ha posto l’accento sull’eterogeneità degli Stati membri dell’UE, sostenendo la necessità di misure ad hoc nel quadro di un’Europa flessibile.

Verhofstadt, primo ministro belga dal 1999 al 2008, di Alde, si dissocia da tale impostazione evidenziando come in futuro saranno protagonisti gli imperi di Cina e Russia, due partner internazionali con cui l’UE si troverà a trattare e collaborare, ponendosi così l’esigenza di prepararsi al meglio al confronto con i giganti globali. Ciò secondo la sua visione politica può avvenire soltanto seguendo la via dell’Europa unita.

Tomic, unica donna presente, attrice e politica slovena, si presenta come outsider rispetto alle esperienze precedenti degli altri candidati, nonché come una personalità anti-burocrazia.

Eickhout, altro olandese, nel suo discorso ha fatto leva sulla grande questione dei cambiamenti climatici, facendo riferimento alle sue competenze nel settore, appellandosi altresì al tema della giustizia sociale europea.

Europa sostenibile, Europa digitale e futuro dell’Europa: questi sono i tre temi chiave affrontati nel dibattito, in cui sono emerse le diverse posizioni degli Spitzenkandidaten.

Con riguardo alla Digital Europe, a differenza della precedente edizione del 2014, i cinque candidati si sono schierati tutti a favore di una maggiore regolazione delle nuove tecnologie, registrando posizioni diverse circa le diverse misure da attuare. Il tema della Sustainable Europe è risultato più conflittuale, proprio per il suo configurarsi come un tema complesso ed all’ordine del giorno. Il terzo tema, the Future of Europe, è iniziato con un lungo applauso dopo aver constatato che tutti gli Spitzenkandidaten assumono l’impegno di promuovere una Commissione volta alla parità di genere. Tuttavia dopo la convergenza iniziale sulla parità di genere anche su questo tema non sono mancate le divergenze.

Non si è parlato di Brexit e si è solo accennato alla necessità di politiche unitarie in materia di immigrazione ed asilo, ma nonostante questo il confronto non è stato dei più miti.

Alla fine del Maastricht Debate è stato effettuato un sondaggio: 43% Timmermans, 36% Eickhout, 9% Verhofstadt, 7% Zahradil e 5% Tomic.

Tale dibattito è stato seguito da un altro confronto tra gli Spitzenkandidaten nell’ambito della conferenza “The State of the Union” che ha luogo a Firenze dal 2 al 4 maggio, altra occasione per arricchire la riflessione sul futuro dell’Europa.

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