Siria, indagine di Amnesty denuncia più di 1600 le vittime della coalizione

26 Aprile 2019
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Amnesty International e Airwars hanno presentato un nuovo portale interattivo contenente informazioni sulle vittime civili dell’offensiva della coalizione militare guidata dagli Usa, impegnata da giugno a ottobre 2017 per strappare la città di Raqqa dal controllo del gruppo armato Stato islamico.

Il portale interattivo, “Retorica contro realtà: come la ‘più precisa campagna aerea della storia’ ha fatto di Raqqa la città più distrutta dei tempi moderni”, presenta il più completo resoconto sulle vittime civili in un conflitto contemporaneo. Mettendo insieme i dati raccolti in quasi due anni d’indagini, fornisce una vivida e brutale descrizione delle oltre 1600 vite civili andate perdute a causa di migliaia di attacchi aerei da parte di Usa, Regno Unito e Francia e di decine di migliaia di colpi d’artiglieria da parte degli Usa.

Quando l’offensiva cominciò, lo Stato islamico aveva il controllo di Raqqa da quasi quattro anni. Aveva compiuto crimini di guerra e crimini contro l’umanità, torturato e ucciso chiunque osasse opporsi al suo dominio. Come documentato in precedenza da Amnesty International, dall’inizio degli attacchi della coalizione i miliziani dello Stato islamico usarono i civili come scudi umani, minarono le uscite dalla città, istituirono posti di blocco per limitare gli spostamenti della popolazione e spararono a chiunque cercasse di fuggire.

“Migliaia di civili furono uccisi o feriti nel corso dell’offensiva della coalizione contro lo Stato islamico, i cui cecchini e le cui mine avevano trasformato Raqqa in una trappola mortale. Poiché molti dei bombardamenti aerei furono imprecisi e decine di migliaia di colpi d’artiglieria furono indiscriminati, non deve sorprendere un così alto numero di vittime civili”, ha dichiarato Donatella Rovera, alta consulente di Amnesty International per le reazioni alle crisi.

“La coalizione ha raso al suolo Raqqa ma non ha potuto cancellare anche la verità. Amnesty International e Airwars chiedono alle forze della coalizione di smettere di negare la dimensione scioccante delle morti civili e delle distruzioni causate dalla loro offensiva”, ha aggiunto Rovera.

“La coalizione deve indagare in maniera esaustiva su cosa andò storto a Raqqa e imparare la lezione, affinché in future operazioni militari non si infliggano così tremende sofferenze a una popolazione civile”, ha detto Chris Woods, direttore di Airwars.

La raccolta di informazioni sul campo e da remoto

Amnesty International e Airwars hanno raccolto e incrociato multiple fonti di dati.

In quattro distinte missioni, anche mentre gli scontri erano ancora in corso, i ricercatori di Amnesty International hanno trascorso complessivamente due mesi a Raqqa, svolgendo indagini su oltre 200 siti colpiti da attacchi aerei e intervistando oltre 400 testimoni e sopravvissuti.

Grazie a un suo innovativo progetto denominato “Strike Trackers”, Amnesty International è riuscita a identificare il momento esatto in cui ciascuno degli oltre 11.000 edifici distrutti di Raqqa fu colpito. Hanno collaborato oltre 3000 attivisti digitali di 124 paesi, che hanno analizzato oltre due milioni di immagini satellitari. I Digital Verification Corps dell’organizzazione per i diritti umani, situati in sei università nel mondo, hanno analizzato e autenticato immagini video riprese durante i combattimenti.

I ricercatori di Airways e di Amnesty International hanno poi analizzato prove open-source, sia in tempo reale che successivamente – compresi migliaia di post pubblicati sui social media e altro materiale – per realizzare un archivio riguardante gli oltre 1600 civili uccisi dagli attacchi della coalizione. Sono stati raccolti i nomi di oltre 1000 vittime: 641 di essi sono stati validati direttamente nel corso delle missioni a Raqqa, per gli altri vi sono forti prove multiple a sostegno.

Entrambe le organizzazioni hanno spesso condiviso le loro risultanze con le forze armate statunitensi e con i governi degli Usa, del Regno Unito e della Francia. La coalizione ha ammesso di aver ucciso 159 civili (circa un decimo del totale), liquidando regolarmente come “non credibili” le altre informazioni. Tuttavia, finora la coalizione non ha esaminato in modo adeguato le denunce relative alle perdite civili né ha intervistato testimoni e sopravvissuti e ha ammesso di non aver condotto indagini sul campo.

Riportare le storie alla vita

Il portale interattivo, “Retorica contro realtà” riporta alla vita le storie di famiglie uccise durante la guerra conducendo gli utenti in un viaggio dentro Raqqa fatto di incontri coi sopravvissuti, ascolto di testimonianze e visite nelle abitazioni distrutte. Dai ponti sull’Eufrate ai quartieri distrutti della città vecchia nei pressi dello stadio centrale, nessuna zona della città è stata risparmiata.

Sviluppato col team creativo Holoscribe, il portale risulta una combinazione di fotografie, video, esperienze immersive a 360 gradi, immagini satellitari, mappe e visualizzazioni numeriche per raccontare le storie dei civili di Raqqa sotto i bombardamenti della coalizione. Gli utenti possono anche esplorare le storie dei civili uccisi, molti dei quali erano fuggiti da un posto all’altro della città per trovare riparo.

Interi edifici rasi al suolo

Il grande numero di vittime civili di Raqqa non sorprende dato l’incessante uso di munizioni imprecise a tal punto da risultare indiscriminate quando lanciate nei pressi di obiettivi civili.

Un ufficiale statunitense si è vantato del lancio di circa 30.000 colpi di artiglieria, uno ogni sei minuti per quattro mesi di seguito, più che in ogni altro conflitto successivo a quello del Vietnam.

Con un margine di errore di oltre 100 metri, i colpi di artiglieria privi di direzione sono notoriamente imprecisi e se usati nei centri abitati costituiscono attacchi indiscriminati.

Una delle prime zone di Raqqa a essere colpita fu Dara’iya, un quartiere povero fatto di abitazioni basse.

Fatima, che all’epoca aveva nove anni e che attualmente vive in un’abitazione fatiscente e semi-distrutta, ricorda la morte dei fratelli e della madre, la mattina del 10 giugno 2017, quando la coalizione fece piovere colpi d’artiglieria sul quartiere. Quel giorno, nella strada dove abita Fatima, vennero uccisi 16 civili. Fatima ha perso la gamba destra e ha riportato gravi ferite a quella sinistra. Ora per muoversi utilizza una sedia a rotelle donata da un’organizzazione non governativa. Il suo unico desiderio è andare a scuola.

Famiglie spazzate via in un istante

Le forze statunitensi, britanniche e francesi lanciarono migliaia di attacchi aerei contro i quartieri di Raqqa, causando perdite umane in massa.

In un tragico caso, nel tardo pomeriggio del 25 settembre 2017 un attacco della coalizione nei pressi di una scuola del quartiere Harat al-Badu distrusse una palazzina di cinque piani che in quel periodo ospitava anche quattro famiglie in un rifugio nelle cantine. Quasi tutte le persone – almeno 32, tra cui 20 bambini – rimasero uccise. Una settimana dopo, altri 27 civili – molti dei quali parenti delle vittime del 25 settembre – furono uccisi da un attacco che colpì un edificio vicino.

“Gli aerei sganciavano bombe e razzi 24 ore al giorno e c’erano cecchini dello Stato islamico ovunque. Non c’era un attimo di respiro”, raccontò Ayat Mohammed Jasem in un’intervista televisiva quando, un anno dopo, tornò a visitare la sua casa distrutta.

“Ho visto uno dei miei figlio morire, lì in mezzo alle macerie di fronte a me. Ho perso tutti i miei cari: i miei quattro figli, mio marito, mia madre, mia sorella, la mia intera famiglia. Ma il loro obiettivo non era liberare i civili? Non dovevano salvarci, salvare i nostri bambini?”

È tempo di assumersi le responsabilità

Molti dei casi documentati da Amnesty International costituiscono con ogni probabilità violazioni del diritto internazionale umanitario e meriterebbero ulteriori indagini.

Nonostante tutti gli sforzi possibili, organizzazioni non governative come Amnesty International e Airwars non avranno mai i mezzi per indagare a fondo sul numero dei morti e dei feriti civili a Raqqa. Le due organizzazioni, pertanto, sollecitano gli stati membri della coalizione diretta dagli Usa a istituire un meccanismo indipendente e imparziale per indagare in modo efficace e tempestivo tutte le denunce di danni ai civili, incluse quelle relative a violazioni del diritto internazionale umanitario, e a renderne pubbliche le conclusioni.

Gli stati membri della coalizione che hanno lanciato attacchi contro Raqqa – in particolare Usa, Regno Unito e Francia – dovranno essere trasparenti circa le tattiche impiegate, i mezzi e i metodi specifici degli attacchi, la scelta degli obiettivi e le precauzioni adottate nella pianificazione e nell’esecuzione degli attacchi.

Infine, gli stati membri della coalizione dovranno creare un fondo per assicurare che le vittime e i loro familiari ricevano piena riparazione e totale risarcimento del danno.

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