Crisi Ucraina: il Consiglio dell’UE aggiunge alla black list sei entità coinvolte nella progettazione e nella costruzione del ponte di Kerch

2 Agosto 2018
3 mins read

Il 31 luglio, il Consiglio dell’Unione europea, operando ai sensi del regolamento UE n. 269/2014 del 17 marzo 2014, ha aggiunto sei entità alla “black list” relativa alle persone, alle entità ed agli organismi oggetto di misure sanzionatorie a causa di azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.

Nel caso specifico, le sei entità in oggetto sono accusate di aver partecipato alla progettazione ed alla costruzione del ponte di Kerch, il quale collega la Russia alla penisola della Crimea,in seguito all’annessione illegale avvenuta il 16 marzo del 2014.

Nell’ambito della politica dell’Unione europea di non riconoscimento di tale annessione illegale, il Consiglio, considera il ponte in questione un’ulteriore azione che compromette la stabilità dell’Ucraina: in particolare, la progettazione del ponte, la sua successiva costruzione e l’apertura ufficiale avvenuta il 15 maggio 2018, secondo gli esponenti del Consiglio, costituiscono “passi simbolici fondamentali nel percorso volto a consolidare il controllo della Federazione russa sulla Crimea e su Sebastopoli […] e a isolare ulteriormente la penisola dall’Ucraina”.

La decisione del Consiglio porta a 44 il numero complessivo di entità inserite dall’Unione europea nella “black list”, le quali sono soggette al congelamento dei beni, inoltre, nel quadro di tale regime sanzionatorio è stato imposto il divieto di viaggio ed il congelamento dei beni nei confronti di 155 persone.

In generale, sin dal marzo 2014, l’Unione europea ha attuato gradualmente una serie di misure che si configurano come una risposta alla crisi ucraina: nel dettaglio, sono previste misure diplomatiche, misure restrittive individuali, restrizioni alle relazioni economiche con la Crimea e Sebastopoli, sanzioni economiche concernenti settori specifici dell’economia Russa, nonché restrizioni alla cooperazione economica.

Relativamente alle misure diplomatiche, nel 2014 è stato annullato il vertice UE-Russia, gli Stati membri hanno deciso di non tenere summit bilaterali regolari, inoltre, cruciale è che al posto del vertice del G8 a Sochi, il 4 e 5 giugno 2014, si è tenuta una riunione del G7 a Bruxelles e da allora i Capi di Stato e di Governo delle nazioni più industrializzate al mondo continuano a riunirsi nella formazione del G7 con l’esclusione della Russia; gli Stati membri dell’UE hanno altresì appoggiato la decisione di sospendere i negoziati relativi all’adesione di Mosca all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ed all’Agenzia internazionale dell’energia (AIE).

Con riguardo alle misure restrittive individuali, oltre al congelamento dei beni ed al divieto di viaggio nei confronti di coloro le cui azioni hanno compromesso l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, rilevano le misure volte a fronteggiare l’appropriazione indebita di fondi statali ucraini, in vigore fino al 6 marzo 2019.

Nell’ambito delle restrizioni alle relazioni economiche, sono state attuate delle misure, le quali si applicano meramente alle persone ed alle imprese con sede nel territorio dell’Unione europea, nei confronti della Crimea ed a Sebastopoli, le quali comprendono: divieto di importazione, restrizioni sugli scambi e sugli investimenti relativi a specifici settori economici e progetti infrastrutturali, divieto di prestazione di servizi turistici e divieto di esportazione di taluni beni e tecnologie; rileva che il 18 giugno 2018, il Consiglio ha prorogato tali misure fino al 23 giugno 2019.

Analizzando le sanzioni economiche riguardanti gli scambi con Mosca in settori specifici, cruciale è la decisione dei leader dell’Unione europea, risalente al marzo 2015, di vincolare il regime sanzionatorio alla piena attuazione degli accordi di Minsk, stipulati il 5 settembre 2014 dai rappresentanti di Ucraina, Russia, Repubblica Popolare di Doneck (DNR) e Repubblica Popolare di Lugansk (LNR); tale attuazione era prevista per la fine del dicembre 2015, tuttavia, poiché ciò non è avvenuto, il Consiglio ha prorogato tale regime sanzionatorio fino al 31 luglio 2016; successivamente, a seguito della valutazione sullo stato di attuazione degli accordi di Minsk, le sanzioni sono state, di volta in volta, ulteriormente prorogate di sei mesi; in particolare, si tratta di misure che limitano l’accesso ai mercati dei capitali primari e secondari dell’Unione europea da parte di alcune banche e società russe, impongono il divieto di importazione ed esportazione di armi, stabiliscono il divieto di esportazione di beni a duplice uso per scopi militari o utilizzatori finali militari in Russia, nonché limitano l’accesso di Mosca a taluni servizi e tecnologie sensibili, i quali possono essere utilizzati per la produzione e la prospezione del petrolio.

In ultima istanza, prendendo in esame le misure concernenti la cooperazione economica, è importante sottolineare che i leader europei hanno chiesto alla Banca europea per gli investimenti (BEI) di sospendere la firma di nuove operazioni di finanziamento in Russia, inoltre, gli Stati membri dell’UE, con il medesimo obiettivo, hanno deciso di elaborare una posizione coordinata in seno al Consiglio d’amministrazione della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), infine, è stata riesaminata l’attuazione dei programmi di cooperazioni bilaterale e regionale tra Unione europea e Russia e molti di essi sono stati sospesi.

In definitiva, la questione ucraina risulta essere ancora aperta ed assume sempre più le sembianze di una “guerra ibrida”, la quale fonde approcci convenzionali e non, sanzioni, pressioni diplomatiche, sabotaggi, cyber attacchi, agitazioni sociali e propaganda.

 

 

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